Goffredo Pistelli, Italia Oggi, 24/8/2012, 24 agosto 2012
I BIGLIETTI GRATIS PER MILAN, INTER E CONCERTI ROCK C’ERANO PER GLI ALTRI E RESTERANNO ANCHE PER NOI
«Ora basta con l’anticasta! Giusti i biglietti gratis per assessori e consiglieri»: il grido del riscatto della politica arriva da Milano, giunta arancione di Giuliano Pisapia.
Ma non s’è trattato dell’assessore Franco D’Alfonso, delega al Commercio, che sta lavorando alla Lista Pisapia per le prossime regionali, proprio per contrastare le sirene dell’antipolitica che vogliono drenare voti alla sinistra. L’invettiva contro questo sentimento, che la calura, le tasse, i tagli e le scempiaggini di certi politici alimentano, è venuta da un volto neppure troppo noto del governo meneghino: Chiara Bisconti, 44enne, assessore al benessere, allo sport e al tempo libero (delega perfettamente intonata allo spirito arancione della giunta), bocconiana, bella carriera in una multinazionale, come Nestlé, spesso ingiustamente bersagliata da una parte degli elettori del sindaco.
Bisconti, pur essendo stata chiamata da Pisapia e non avendo avuto quindi un cursus honorum nei partiti o nei movimenti, se n’è uscita con un’intervista muscolare alla cronaca milanese di Repubblica che, giusto per fare un esempio, una militante sindacale e politica come Carmela Rozza, capogruppo Pd, si sarebbe sognata. Ha difeso con piglio sicuro i 320 posti gratuiti per vedere Milan ed Inter (ma anche i concerti rock) nella tribuna migliore di San Siro: «Sono biglietti che spettano al Comune, come previsto dalla convenzione, con l’ente gestore dello stadio», ha detto, «ed è giusto che chi lavora per l’istituzione acceda alle sue strutture». Difesa che, detta così, parrebbe rivendicare quasi una prerogativa di sindacato ispettivo, come quella dei parlamentare sulle carceri, anche se qui c’è da controllare quanto sia stato azzeccato l’acquisto da parte dei rossoneri dello pseudo talentuoso Riccardo Montolivo e se Antonio Cassano possa ancora fare scintille in nerazzurro.E all’obiezione un po’ grillina del cronista di Repubblica, che gli faceva notare come per i dipendenti municipali si tirassero a sorte i nomi dei fortunati mentre i politici avessero due tagliandi a testa, Bisconti s’è ingrugnita, pure essendo una signora carina, con un caschetto castano scuro sempre molto ordinato: «A differenza dei dipendenti», ha chiarito, «assessori e consiglieri sono eletti dai cittadini, cosa che li pone in condizione particolare».
Il cronista non ha avuto il coraggio di ricordarle che lei, come metà degli assessori della sua giunta, non la ha eletta nessuno, ma nominata Pisapia esercitando i poteri che la legge gli attribuisce. A meno che Bisconti non abbia voluto fare un riferimento per così dire traslato: essendo il sindaco votato, per la proprietà transitiva della politica, lo sono anche gli assessori che si sceglie. Il giornalista, Franco Vanni, però un pochino s’è indisposto e non ha potuto fare a meno di farle la sacrosanta obiezione: «Come dire che se voto un consigliere e poi va lui allo stadio è un po’ come c’andassi anche io?». Al che l’assessore, consapevole forse d’averla sparata grossa, ha precisato: «Non è la stessa cosa ma non ci vedo nulla di scandaloso» e poi ha confessato tutto il tedio che le dà questa antipolitica ricorrente: «Questa mania anticasta rischia di fare apparire come ingiuste cose ragionevoli».
Peraltro Bisconti ha spiegato di non amare il calcio, preferendo il tennis, e che andrà a San Siro solo per alcune partite e senz’altro devolverà i suoi biglietti al Comune, in modo che siano assegnati a studenti «e a giovani seguiti dalle Politiche sociali» che, in tempi di politicamente corretto «normale» e non quello «gentile» e col turbo di Pisapia e dei suoi, si chiamavano «minori a rischio». Ma forse è serve solo a esaltare l’aspetto di come sono attive le politiche. Forse. Certo invece che il guru arancione D’Alfonso, che molti vogliono arrovellato nelle scelta dei nomi da candidare alle regionali, da oggi abbia un problema in meno: la Bisconti candidata nello schieramento anti-antipolitica? Meglio di no.