Fausto Biloslavo, Panorama, 24/8/2012, 24 agosto 2012
LE ULTIME OSSESSIONI DI OSAMA BIN LADEN
Nel nome di Allah, il più clemente e misericordioso, signore dell’universo, la pace e le nostre preghiere sono rivolte al profeta Maometto e ai suoi compagni»: questa è la ripetitiva introduzione di ogni lettera scritta da Osama Bin Laden. Nelle ultime pagine della sua corrispondenza, il capo di Al Qaeda voleva «tagliare la testa all’America» con un nuovo 11 settembre e puntava a cavalcare la nascente primavera araba, ma intanto era in apprensione per i figli trattenuti in Iran. Per scongiurare lo spionaggio americano dal cielo, Osama dispensava consigli a tratti banali (del tipo: «Fate crescere gli alberi e controllate i bambini»); ma impartiva anche ordini sulla sorte di ostaggi occidentali; invitava i suoi tagliagole a non uccidere altri musulmani negli attacchi suicidi e a tenere sulla corda i servizi segreti inglesi in Afghanistan.
I corpi speciali americani che il 2 maggio 2011 hanno eliminato lo sceicco del terrore, asserragliato con mogli e uno stretto seguito nel suo covo pachistano di Abbottabad, hanno portato via anche le ultime sette lettere di Osama, scritte ai suoi colonnelli in giro per il mondo. Quegli scritti (un totale di 105 pagine) sono stati passati ai raggi x e pubblicati integralmente dal Centro antiterrorismo di West Point, la famosa accademia militare degli Stati Uniti. Lo scorso maggio una delle lettere era finita sulle pagine dei quotidiani di mezzo mondo. Ma le altre sei sono ancora inedite: nessun giornale le ha mai pubblicate. Ecco il loro contenuto.
TAGLIATE LA TESTA ALL’AMERICA
«L’America è a capo degli infedeli. Se Allah vuole sarà possibile decapitarla. Una volta rimossa la testa, risulterà più facile tagliare le ali» minaccia Bin Laden in una sua lettera. Nel 2010, il capo di Al Qaeda scrive 49 pagine, zeppe di istruzioni, su come organizzare un secondo 11 settembre. Il destinatario è sheik Mahmud, un libico di Misurata, veterano della guerra santa in Algeria e Afghanistan, che verrà centrato da un bombardamento mirato di un drone Usa il 22 agosto 2011 nelle zone tribali pachistane. «Nomina uno dei fratelli (seguaci di Al Qaeda, ndr) responsabile di una grossa operazione negli Stati Uniti» scrive Osama. «Scegli una decina (di uomini, ndr) e rimandali nei loro paesi d’origine per studiare aviazione, senza che uno sappia dell’altro. Meglio se provengono da nazioni del Golfo» ordina lo sceicco del terrore. Al punto numero 7 della lettera, Bin Laden chiede espressamente di reclutare terroristi «capaci di operare negli Stati Uniti e che si distinguano per integrità, coraggio, segretezza (…) e siano disponibili a condurre operazioni suicide».
Al punto numero 6 il capo di Al Qaeda rivela una parte del piano, spiegando che ha ordinato «di preparare due gruppi, uno in Pakistan e l’altro a Bagram (in Afghanistan, dove si trova la più grande base aerea Usa del Paese, ndr)» con la missione di anticipare e segnalare le visite del presidente americano Barack Obama e di David Petraeus, il generale poi nominato capo della Cia, «per colpire i loro aerei». In una lettera dell’ottobre 2010 lo sceicco saudita torna alla carica con Nasir al Wuhayshi, capo della costola di Al Qaeda nello Yemen. Osama sottolinea che «dobbiamo espandere e sviluppare le nostre operazioni in America e non limitarci a fare saltare in aria aeroplani». Probabilmente il riferimento è al tentativo di Abdul Faruk, che il 25 dicembre 2009 è stato fermato in tempo a bordo di un volo diretto a Detroit, con dell’esplosivo nelle mutande. Bin Laden sembra ossessionato dalla ripetizione dell’11 settembre 2001 e ordina di trovare «fratelli» di origine yemenita, ma con la cittadinanza americana, che possano colpire negli Stati Uniti.
LA PRIMAVERA ARABA È VOLUTA DA ALLAH
Lunedì, 22 Jumadi al-Awwal, anno islamico 1432 (ovvero il 25 aprile 2011), Osama scrive a sheik Mahmud, il fedele colonnello libico, sulla necessità di cavalcare la primavera araba. «In questi giorni di consecutive rivoluzioni stiamo assistendo a un glorioso evento che coinvolgerà la maggioranza del mondo islamico (...) e non si vedeva da secoli» si legge nella missiva, di 9 pagine. Bin Laden è eccitato dagli scontri nello Yemen, dalla rivolta in Tunisia, dal crollo di Mubarak in Egitto e profetizza: «La caduta degli altri tiranni della regione è un dovere secondo la volontà di Allah».
Per questo motivo Osama invita la costola di Al Qaeda nel Maghreb, che in quel momento tiene in ostaggio dei cittadini francesi, a non giustiziarli subito perché a Parigi il presidente Nicolas Sarkozy si è schierato con i ribelli libici contro Muammar Gheddafi. «È chiaro che la gente (i libici, ndr) appoggia Sarkozy quindi la loro uccisione (degli ostaggi francesi, ndr) dovrebbe avvenire alla fine degli eventi» in Libia, scrive candidamente Bin Laden.
Ovviamente sottolinea «la necessità di inviare alcuni fratelli qualificati (veterani di Al Qaeda, ndr) sul campo delle rivoluzioni» della primavera araba, compresa la Siria.
PROTEGGETE MIO FIGLIO HAMZA IN IRAN
Anche Osama Bin Laden tiene famiglia. In due delle sette lettere si assicura che l’amato figlio Hamza, trattenuto in Iran, lo raggiunga sano e salvo in Pakistan. In una missiva, indirizzata a un suo colonnello, Osama scrive: «Riguardo a mio figlio Hamza e a sua madre, prendi tutte le precauzioni di sicurezza (...) per evitare che sia seguito. Deve muoversi solo quando le nuvole sono fitte (così i droni americani non lo scopriranno dal cielo, ndr). Non deve portare con sé nulla dall’Iran, neppure una valigia dove possono venire nascoste delle cimici così piccole da venire camuffate in una siringa».
Un altro erede del capo di Al Qaeda a Teheran viene lasciato passare in Siria. Dalle lettere si capisce che nel 2010 gli iraniani hanno nelle loro mani gran parte della famiglia Bin Laden. Teheran fa partire mogli e figli dello sceicco grazie a uno scambio di prigionieri iraniani in mano ad Al Qaeda.
AFGHANISTAN: LA NATO PERDERÀ COME L’URSS
Osama è molto attento all’impatto mediatico del decimo anniversario dell’11 settembre, che suo malgrado non vedrà mai. Scrive intere pagine ai suoi spiegando come «celebrare la vittoria» contattando la tv satellitare araba Al Jazeera, il network americano Cbs e il giornalista britannico Robert Fisk per passare dichiarazioni o video esclusivi.
Osama si mostra anche un grande opportunista dal «volto umano». Il 6 agosto 2010 critica il capo dei talebani somali, Mukthar Abu al-Zubayr, per le vittime musulmane degli attacchi suicidi. Così «i nostri nemici ci bollano come animali e assassini» scrive Bin Laden. E nello Yemen sconsiglia una strage di massa con un non meglio precisato «veleno», proprio per evitare «una reazione politica e mediatica contro i mujaheddin, che può intaccare la loro immagine agli occhi dell’opinione pubblica».
A una presunta «offerta dell’intelligence britannica di ritirare l’Inghilterra dall’Afghanistan se Al Qaeda non colpirà gli interessi di Londra» Bin Laden risponde con un no, ma consiglia i suoi «di non sbattere la porta, chiudendola completamente». Lo scrive il 25 aprile 2011, una settimana prima di venire ucciso.
E Kabul è il chiodo fisso del capo di Al Qaeda, fino alla morte. Secondo Osama per gli occidentali «è impossibile continuare la guerra. Non c’è differenza fra loro (la Nato, ndr) e l’Unione Sovietica prima del ritiro dall’Afghanistan» nel 1989, dopo dieci anni di una disastrosa invasione.
PIANTATE ALBERI E CONTROLLATE I BAMBINI
Nelle missive dello sceicco alla rete di Al Qaeda, dall’Africa all’Afghanistan, è evidente che i bombardamenti dei velivoli senza pilota americani hanno messo a dura prova i seguaci della guerra santa. Bin Laden dispensa consigli anche banali: «Piantare alberi garantirà ai mujaheddin una copertura. Si può fare subito dopo le piogge e vi permetterà di muovervi liberamente se il nemico invia aerei spia».
Sembra incredibile, visto che proprio i bambini della «comune» di Osama sono stati una delle tracce utilizzate dai servizi segreti americani per individuare il covo di Abbottabad, ma proprio nell’ultima lettera il capo di Al Qaeda spiega che «nelle città una delle norme di sicurezza principali è controllare i bambini». Per evitare di fare scoprire i terroristi, i loro figli «non devono uscire di casa se non per cure mediche urgenti; e bisogna che imparino la lingua del posto. Anche nel cortile di casa un adulto deve sempre controllare il volume dei loro schiamazzi. Noi da nove anni seguiamo queste precauzioni e grazie ad Allah nessuno è stato arrestato».
Fino al 2 maggio di un anno fa. Fino al raid pachistano dei Navy seals.