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 2012  agosto 23 Giovedì calendario

SAMANTHA, L’ITALIANA CHE PROVA A VOLARE

Per lei non ci sono ferie, soprattutto da quest’anno. Ormai non si fermerà più nella sua preparazione, fino al fatidico giorno della partenza. D’altra parte fa un mestiere speciale: l’astronauta. Ed è destinata a diventare la prima italiana in viaggio tra le stelle.

Samantha Cristoforetti, trentina di origine, ufficiale e pilota dell’Aeronautica militare italiana e astronauta dell’Esa, l’agenzia spaziale europea, si dedica ormai a tempo pieno all’allenamento per la missione spaziale che entro fine 2014 la vedrà protagonista a bordo di una Soyuz russa.

Una missione di lunga durata, di circa sei mesi: tanto starà sulla Iss, la Stazione spaziale internazionale, quella straordinaria base che sta a 400 chilometri sopra il nostro pianeta. Una struttura pesante 400 tonnellate e formata da centinaia di componenti realizzate da nazioni diverse (Italia compresa, anche grazie alla collaborazione tra Asi e Nasa), che nel frattempo ha già ospitato anche Umberto Guidoni, Paolo Nespoli, Roberto Vittori, e il prossimo anno vedrà l’arrivo di Luca Parmitano.

In questo periodo, la prima astronauta italiana è in Giappone, dove la raggiungiamo telefonicamente e dove, per l’appunto, non è in vacanza: è impegnata in una delle tappe del lungo tour internazionale che un astronauta deve seguire prima della grande impresa spaziale. «Sono qui - racconta Samantha - per la preparazione e lo studio del Jem, il modulo-laboratorio giapponese della stazione. Per ora prendo confidenza con i sistemi di bordo, le procedure di emergenza e il braccio robotico. Tornerò nel 2014, per un aggiornamento e per la preparazione agli esperimenti scientifici. Il programma di addestramento prevede continui tour attività in tutte le nazioni che partecipano al programma: la nostra Europa, gli Stati Uniti e naturalmente la Russia, soprattutto per l’addestramento Soyuz. E sono già stata in Canada, per il corso sul braccio robotico della Stazione».

Samantha andrà in orbita sulla Soyuz, unico mezzo rimasto dopo il ritiro degli Shuttle. Come pilota, avrebbe preferito la navetta spaziale? «Per un astronauta di professione, qualsiasi veicolo va bene per raggiungere lo spazio. La Soyuz e lo Shuttle sono due veicoli diversi, nati anche con obiettivi differenti. Sono complementari tra loro: le capsule tradizionali forse sono più adatte, anche in futuro, per l’esplorazione dello spazio lontano. Gli spazioplani, o veicoli spaziali alati, offrono più versatilità nel fare da spola con l’orbita terrestre. Ma anche la Soyuz è ottima per fare da navetta per astronauti con la stazione, così come le altre capsule attualmente in sviluppo negli Usa. Rispetto allo Shuttle hanno costi inferiori. E, di questi tempi, non è poco...».

Samantha sarà la prima italiana nello spazio: per lei, è un sogno che si avvera. «Volevo diventare astronauta fin da bambina. Ma per riuscirci non c’è un percorso diretto: bisogna scegliere prima altre strade e io sono diventata pilota militare. E ne sono felice».

I miti al femminile sono i successi di Valentina Tereshkova, la prima donna dello spazio, o l’americana Sally Ride. Le conosceva, quand’era ragazzina? «Leggevo delle loro imprese, e ammiravo in particolare Eileen Collins, che negli Anni Novanta divenne la prima donna pilota dello Shuttle, e in seguito la prima a comandare una navetta spaziale. Stimavo molto anche Shannon Lucid, prima americana a passare diversi mesi sulla stazione spaziale russa Mir».

Oggi Marte sembra il grande obiettivo spaziale. Ha visto l’impresa di Curiosity? «Sì, anche se l’atterraggio era previsto in un orario in cui eravamo impegnati in addestramento: ma qui in Giappone hanno interrotto il tutto per un’ora, per farci assistere all’impresa. È incredibile pensare che il veicolo è su Marte e invia di continuo immagini di altra qualità. È un trionfo assoluto della tecnologia». Adesso tocca all’uomo? «Una missione con astronauti - spiega - in tempi brevi non è possibile, ma può essere pensata se si coopera come si è fatto per la Stazione internazionale e per mettere a punto le tecnologie che ancora ci mancano».

Sulla Iss resterà per sei mesi, ma non conosce ancora i suoi compagni di missione. «Per ora sono l’unica selezionata, ma presto nomineranno gli altri due componenti della squadra.

Nel frattempo sto lavorando alla certificazione per poter effettuare “passeggiate spaziali”, immergendomi con la tuta pressurizzata nella piscina di Houston, dove si simulano le attività extraveicolari grazie a una riproduzione molto fedele della stazione, in dimensioni reali».

Quello che manca, quindi, è il tempo libero. «Lo passo scrivendo sui blog o twittando con amici appassionati di astronautica, aggiornando la mia avventura e la mia preparazione. E poi sto leggendo dei libri di nutrizione, un tema che mi interessa molto e che potrebbe diventare un leitmotiv della mia missione. E sto imparando il cinese». È una prenotazione per un volo con i nuovi protagonisti dello scenario spaziale? «No, è solo una mia curiosità personale, per imparare una lingua che conosco pochissimo».