Mattia Feltri, la Stampa, 23/8/2012, 23 agosto 2012
VINCOLI, DEBITI E IMPEGNI I 100 GIORNI DI PIZZAROTTI ALLA PROVA DELLA REALTÀ
La gara dell’integrità si corre su una pista senza fine. Guardate a Parma, dove la giunta di Federico Pizzarotti - il primo sindaco di capoluogo di provincia del Movimento Cinque Stelle - ha già addosso mute di cani da trifola. E qui serve una piccola premessa. Nel 1975, sul piazzale della Pace che chi vien da fuori conosce come “il prato della Pilotta”, Cristina Quintavalla appese delle lenzuola su cui aveva dettagliato, con scrupolo e precisione forensi, come Democrazia cristiana, Partito socialista e Partito comunista si spartissero le tangenti sull’edificabilità delle aree. Dieci giorni dopo finirono in gattabuia un paio d’assessori e altrettanti ingegneri del comune, e la giunta venne giù con ampio scandalo e tripudio; e Cristina Quintavalla - allora una studentessa sconosciuta - diventò un monumento ambulante della città. Bene: lei è ancora lì. Insieme con un gruppo di semplici cittadini, soprattutto indignados, ha messo in piedi una Commissione di Audit , cioè un gruppo di persone che tiene d’occhio il sindaco e i suoi assessori.
In particolare, la commissione vuole impedire che i circa novecento milioni di debito accumulati dal Comune nelle scorse gestioni non siano pagati, tramite riduzione dei servizi o aumento dell’Imu o dell’addizionale Irpef, dai poveri parmensi. La signora Quintavalla ha così scritto una lettera aperta a Pizzarotti, specialmente a proposito dei cento e qualcosa milioni di debito di cui deve rispondere la Spip, partecipata che ha costruito a credito fabbriche il cui valore, con la crisi, è poi tracollato. E la sua idea è che quel denaro debbano rifonderlo chi ha così mal gestito le risorse e le banche che hanno concesso prestiti a piffero. Significherebbe farla fallire. Per le stesse ragioni, cento giorni fa, quando Pizzarotti fece il primo ingresso nella sede municipale, uno dei suoi elettori - uno di quelli belli carichi, che non si fidano più di niente e nessuno - gli intimò di darci dentro senza pietà: fallimento per tutte le controllate. Questa è l’aria che tira. Ma Pizzarotti ha già detto che non farà fallire né la Spip né le altre per timore che il rating di Parma si abbassi, e questo sosterrà al «confronto pubblico» richiesto dalla Quintavalla, se confronto pubblico ci sarà.
Il sindaco è rimasto in città tutto agosto. Era annunciato qualche giorno di vacanza in America, ma niente. Troppe grane. Però sarebbe profondamente ingiusto fare le pulci ai grillini (attività invece esercitata con impareggiabile spericolatezza dai partiti tradizionali, e in particolare dal Pd, secondo i cui dirigenti quelli del M5S sono gran bravi a protestare e molto meno bravi a risolvere) dopo cento giorni di governo, buona parte dei quali (47) trascorsi a mettere in piedi una squadra che pure perse un assessore in quarantotto ore poiché si scoprì che nel 2006 era fallito lasciando con le pezze numerose famiglie. Senza dire della rogna di Valentino Tavolazzi, il consulente poi allontanato perché sgradito a Beppe Grillo.
Il punto è che non c’è questione parmense che Pizzarotti non abbia ereditato dalle deliranti amministrazioni da cui è stato preceduto. Semmai le ha affrontate con qualche rudezza e qualche faciloneria, come la faccenda dell’inceneritore ormai completato per tre quarti e senz’altro in funzione entro fine anno. Per i grillini, gli inceneritori sono prodotti di menti malate, vecchi arnesi inquinanti e buoni solo a riempire certe tasche eccetera. In campagna elettorale Pizzarotti disse che in caso di vittoria i lucchetti all’inceneritore li avrebbe messi lui stesso. Eppure si sapeva - e ci si è sempre girato attorno - che l’inceneritore si poteva anche incenerire, ma pagando penali imprecisate, chi dice trenta, chi dice ottanta, chi centosessanta milioni di euro. Roba da chiudere baracca. Che farà Pizzarotti? Difficile prevederlo. Gira ancora l’idea di un referendum: al diavolo l’inceneritore e paghiamo quel che c’è da pagare o ce lo teniamo? Risposta ovvia: chi ce li ha tutti quei soldi? Ma, dopo, con che faccia girerà Pizzarotti per Parma?
Insomma, i grillini non potevano scegliere posto peggiore per dar sfoggio delle loro arti innovatrici e taumaturgiche. In città ci sono dodici cantieri aperti e fermi, o quasi, per mancanza di quattrini. Pizzarotti ha fatto ripartire quello della stazione e ha rimesso in sesto il Teatro Regio, dove ha salutato l’orchestra piazzata dalle ultime giunte per rimettere la Toscanini, pubblica, fra la ola dei sindacati. Ma è chiaro che le partite vere si giocano in autunno, e nel frattempo Pizzarotti e i suoi rispettano alla lettera la liturgia dell’anticasta, niente auto blu, niente biglietti gratis per il Regio e si presume per lo stadio, riduzione degli stipendi. Poche cravatte. Molte biciclette per andare in consiglio comunale, le cui sedute sono diffuse come promesso via internet, cosa che peraltro a Milano succede da più di dieci anni anche se pare non interessi a nessuno. E adesso che l’estate finisce, c’è grande attesa per l’arrivo dei superconsulenti, Loretta Napoleoni e Maurizio Pallante, finora rimasti un po’ ai margini, forse a studiare qualcheidea fulminante di cui Parma ha tanto bisogno (sin qui, per dire, Pallante si è limitato a teorizzare un asse fra il M5S e la Fiom). Anche perché a novembre bisogna licenziare il bilancio preventivo, e ci sarà da mettersi le mani nei capelli e forse fare il segno della croce. Qualche avvoltoio svolazza già.