Edoardo Boncinelli, Corriere della Sera 23/08/2012, 23 agosto 2012
PERCHE’ LA CORSA CI RENDE UOMINI - I
Giochi Olimpici hanno ampiamente dimostrato che sappiamo correre, eccome!, che come collettivo sappiamo dare vita a innumerevoli giochi di squadra e che individualmente possiamo esibire qualità motorie eccezionali. L’atterraggio preciso e puntuale della nuova sonda su Marte ha dimostrato d’altra parte che sappiamo ragionare e calcolare piuttosto bene. L’interessante è che può darsi che tutte queste diverse abilità abbiano una base storica comune.
Innanzitutto siamo nati per correre. E più precisamente per correre a lungo, in modo da fiaccare alla distanza molte creature fra prede e predatori a quattro zampe. È stato scritto parecchio, di recente, su questo tema; rappresenta un discorso evolutivo che si è andato ad affiancare al venerando argomento dell’importanza del possesso di un pollice opponibile per la nostra evoluzione. Lo studio della nostra struttura corporea e di alcuni dettagli del nostro metabolismo ha chiarito quanto siamo proceduti negli ultimi due o tre milioni di anni nella direzione di bipedi che sanno correre bene e con grande resistenza, perché possediamo tra l’altro un’ineguagliata capacità di dissipare calore mentre corriamo. Tutto ciò è adesso mirabilmente riassunto in un articolo apparso di recente su «Nature», a opera di Timothy Noakes e Michael Spending.
I nostri antenati erano simili a grandi scimmie onnivore adatte alla vita arboricola nelle grandi foreste dell’Africa centrorientale. Negli ultimi tre o quattro milioni di anni ci sono stati grandi cambiamenti climatici, che hanno fatto mutare il panorama della regione da una successione di fitte foreste alla presenza sempre più frequente di radure prive di alberi e vere e proprie savane. I nostri antenati, colti alla sprovvista da tali cambiamenti, divennero progressivamente meno adatti ad arrampicarsi e muoversi sugli alberi fronzuti. Circa due milioni di anni fa acquisirono anzi progressivamente una struttura scheletrica e muscolare particolarmente adatta per camminare su due piedi e per correre, in modo da potere inseguire le eventuali prede per ore e ore, senza bisogno di fermarsi ad ansimare e prendere fiato, come è costretto a fare un cane, per esempio, che suda solo dalla lingua.
Da notare che per più di un altro milione di anni non avemmo a disposizione armi diverse da pietre e bastoni più o meno pesanti. Lo strumento migliore per catturare una preda era quindi la resistenza alla corsa sostenuta, possibilmente portata avanti in gruppo, come si può notare anche dalle stupende raffigurazioni rupestri che ci sono state tramandate. Occorreva vincere in resistenza la fuga delle diverse prede a quattro zampe, che non sono capaci per natura di dissipare calore mentre corrono. Prima o poi si devono fermare, possono essere abbastanza facilmente abbattute.
La nostra capacità di dissipare calore anche durante la corsa deriva a sua volta dalla mancanza di peli su tutto il corpo, dalla capacità di respirare con la bocca e di sudare fino a tre litri di sudore all’ora, un processo molto più efficace dell’ansimare di molti animali. In tre ore di caccia impegnativa un essere umano può perdere anche il dieci percento del peso.
La mancanza di peli, tipica di un feto di scimmione venuto alla luce anzi tempo, è a sua volta uno degli eventi evolutivi fondamentali che hanno caratterizzato la nostra propria evoluzione, come quello di nascere con un cervello ancora largamente immaturo e del quale abbiamo parlato spesso. Va da sé che le modificazioni del bacino necessarie per fare di noi dei bipedi che corrono veloci hanno contribuito a rendere più angusto il canale del parto delle donne e hanno rafforzato l’esigenza di una nostra nascita in condizioni di relativa prematurità. Se abbiamo voluto possedere un cervello grande e venire al mondo senza troppi drammi, abbiamo dovuto adattarci a nascere come scimmioni immaturi.
Chiaramente non è tutto qui. La necessità di organizzare grandi battute di caccia collettive ha a sua volta contribuito ad affinare la nostra intelligenza sociale, cioè la capacità di organizzarci e comprendere sempre meglio i segnali che vengono dai compagni di battuta.
Ma c’è di più. La corsa favorisce la messa in circolo di fattori umorali cerebrali fra i quali il cosiddetto Bdnf, un fattore di crescita neurale che promuove lo sviluppo di un numero sempre maggiore di connessioni nervose fra le cellule cerebrali. A lungo andare quindi l’abitudine di correre spesso e a lungo potrebbe anche avere espanso e affinato le nostre capacità mentali.
Questa rete di eventi evolutivi concertati di natura biologica ma anche culturale mette, credo, nella giusta luce l’armonico sviluppo del nostro corpo e della mente e restituisce ai Giochi d’Olimpia il loro vero significato originale.
Edoardo Boncinelli