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 2012  agosto 22 Mercoledì calendario

IL SUICIDIO DI SCOTT È UN GIALLO. LA MOGLIE: NON ERA MALATO

La morte di Tony Scott, il regista di Top Gun buttatosi dalla spalletta del ponte Vincent Thomas due giorni fa sembra destinata a diventare uno di quei «gialli» che accompagnano la storia di Hollywood nell’ultimo secolo (il suicidio di «Superman» George Reeves, la morte di Norma Talmadge e la fine del figlio di Bruce Lee).
Apparentemente non c’è niente da capire. Scott s’è buttato (non è scivolato sul ponte) e prima di buttarsi ha lasciato un biglietto in cui rivela la sua intenzione. Tutto chiaro, un «caso» da archiviare.
Solo che tanti vogliono sapere perché. Un uomo di successo (successo anche nella vita, una bella famiglia che lo amava) non si toglie la vita senza un gravissimo motivo. Così il «Los Angeles Time» uscito ieri ha azzardato l’ipotesi: «Tony Scott aveva un tumore al cervello inoperabile».
La vedova ha subito smentito. Ma il quotidiano californiano insiste: Scott era gravemente malato. E si rivela l’esistenza di almeno due fonti (per ora anonime) molto al corrente dello stato di salute del regista.
I nomi delle fonti li conosceremo quando lo deciderà il «Los Angeles Times». Per quanto riguarda la malattia, il mondo dovrà aspettare almeno una settimana quando si verranno a sapere i risultati dell’autopsia.
Intanto chi scrive e programma cinema riscopre (o scopre tout court) Tony Scott.
Con un’insolita prontezza di riflessi, Raiuno ha sostituito il film in programma martedì sera con Nemico pubblico uno dei migliori risultati di Tony (ricordate la scena finale? Will Smith braccato dai killer della mafia e da quelli della Cia se ne liberava, mandandoli a scornarsi tra loro). Ancora più rapida la reazione di Italia 1 che appena diffusa la notizia della morte, ha messo in palinsesto Top Gun (che 25 anni fa fece un divo di Tom Cruise).
Che deve fare uno per essere valutato come merita. Fino all’altro ieri per lo spettatore domenicale, Tony era il fratello stupido di Ridley di Blade runner.
Poi noi pennaioli di cinema nei rituali «coccodrilli» abbiamo elencato i suoi film e i lettori-spettatori domenicali hanno scoperto che Tony aveva fatto Revenge (ma come, quello dove Madeline Stowe muore tra le braccia di Kevin Costner) e Una vita al massimo (ma come, quello dove il mafioso Christopher Walken spara in mezzo agli occhi al poliziotto Dennis Hopper?) e L’ultimo boy scout (ma come, quello dove Bruce Willis nella prima mezz’ora passa di sfiga in sfiga?).
Intanto, com’è rituale, arrivano sui giornali e in Tv, le dichiarazioni commosse dei divi che lavorarono con Tony. In questo caso c’è da giurare che sono sincere. Non può non essere sincero un Tom Cruise che diventò un divo proprio con Top Gun. O un Gene Hackman che in Allarme rosso (sempre di Scott) ebbe l’ultima bella parte della sua carriera).
O di Keira Knightley che ebbe dal regista l’opportunità di cambiare registro facendo l’assassina a pagamento di Domino.
Al momento in cui scriviamo non sono ancora arrivate in agenzia le frasi di cordoglio di Denzel Washington.
Ma non ce n’è bisogno. Che Denzel fosse l’anima gemella di Tony è chiara come il sole, per chiunque si riguardi le rispettive filmografie.
Insieme i due hanno fatto Man on fire, Déjà vu, Allarme rosso e Pelham 123.
Tanta azione e tante emozioni. Come piaceva a entrambi.
A Denzel che ne farà ancora. E a Tony che, purtroppo, non potrà più.