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 2012  agosto 22 Mercoledì calendario

Arrivano le tasse: è rivolta alle Cayman - Tasse!L’infame parola è risuo­nata all’improvviso nei cieli bene­detti delle Isole Cayman come la più bassa e volgare delle provoca­zioni; l’infelice battuta di un comi­co alla canna del gas

Arrivano le tasse: è rivolta alle Cayman - Tasse!L’infame parola è risuo­nata all’improvviso nei cieli bene­detti delle Isole Cayman come la più bassa e volgare delle provoca­zioni; l’infelice battuta di un comi­co alla canna del gas. Tasse alle Cayman! Ovvero nel tempio dello sbafo fiscale per eccellenza; nella ridotta degli evasori di ogni conti­nente e dei corsari di ogni filibusta finanziaria. Ma dove, quando, come è stato possibile? Nei bar alla moda, sui bordi delle piscine, sotto i gazebo di paglia di cocco che fremono mossi dalla brezza tropicale, nei resort di lusso di George Town, non si parla d’altro, da un mese a questa parte. E dovreste vedere che facce sgomente, che menti al­lungati, che sguardi disillusi, quanti«governo ladro!»tra gli ope­ratori finanziari, gli accountant , gli avvocati e l’immenso Barnum dei lavoratori al soldo del soldo ca­lati da ogni angolo del globo in questo paradiso che rigurgita di dobloni che il buon Dio ha convo­gliato nel mar delle Antille, a sud di Cuba e al largo della Giamaica, come se non fossero già abbastan­za fortunati, i «caymani», col cli­ma e il panorama. Oddio, più che di tasse, a dir la verità, paventan­dosi un prelievo (il 10%) che a noi italiani - presi nello stivaletto ma­lese disegnato un dì dal ministro Visco e perfezionato da ultimo dal Bocconiano di Ferro - somiglia a una mancia come quella che una volta si allungava ai lustrascarpe, bisognerebbe parlare di «commis­sione », di «quota d’iscrizione al club», di «gettone». Così infatti ha puntato a spacciarla il premier caymanese McKeeva Bush, pre­sentandola come uno dei mezzi cui si pensa di ricorrere (si parte il primo settembre) per tamponare un increscioso buco nel bilancio statale.Ma non c’èstato niente da fare. Tasse, dunque. Parola i cui effet­ti rischiano di vetrioleggiare per sempre l’ allure dell’arcipelago ri­velandosi più devastanti del peg­giore tifone che in genere si assem­bla da queste parti e prende poi la rincorsa per scagliarsi a testa bas­sa verso la pancia della Florida. Ma quel che è più odioso agli oc­chi della comunità internaziona­le in panama e camiciole di lino, computer e flûte di champagne, è il carattere discriminatorio delle tasse che il governo progetta di va­rare. Esse infatti- i caymanesi non avendo neppure nella loro lingua locale un parola che definisca an­che alla lontana il concetto di fi­sco- si abbatteranno esclusiva­mente sugli stranieri che guada­gnano più di 36mila dollari l’an­no: cioè tutti coloro che concorro­no a formare la nebulosa di opera­tori finanziari che negli anni han­no messo in piedi la più efficiente officina finanziaria offshore del mondo. «E questo- ha raccontato Paul Fordham, un assicuratore che sei anni fa ha lasciato il freddo e la pioggia londinese per il paradi­so caraibico - rischia di spaventa­re un sacco di gente e di mandare a gambe per aria il sistema». E cita il suo caso: voleva vendere una sua casa,ma l’acquirente,appena ha sentito la parola «tasse», si è di­leguato senza lasciare traccia. E certo è un cambiamento epo­cale per un territorio (44mila abi­tanti, 92mila compagnie stranie­re registrate, 235 banche,758 com­pagnie d’assicurazione) dove nes­suno aveva mai sentito parlare di tassazione diretta; dove le regole sono come i semafori per i napole­tani (un consiglio) e dove il dena­ro affluito da tutto il mondo ha ri­voltato come un calzino l’econo­mia delle isole, basata un tempo sulla pesca, la fabbricazione di cordami e un po’ di turismo. Parlare di esodo alle viste sem­bra però un po’ azzardato. «L’in­dustria finanziaria delle Cayman - ha detto Richard Murphy, diret­tore di una azienda di consulenza fiscale britannica all’ Associated Press - si basa essenzialmente su­gli investitori internazionali. Ci sa­rà un prezzo in più da pagare, ma si andrà avanti come prima». Non tutti la pensano come Murphy. L’ appeal delle isole, dopo questa stravaganza delle tasse che il pre­mier «caymano» imputa al gover­no britannico, che preme perché le isole (le Cayman sono tra i terri­tori d’oltremare della Corona) di­versifichino la loro economia, ri­schia di svanire, dicono altri. Co­me un uragano che stavolta, inve­ce di palmizi, sedie sdraio e om­brelloni segnerà la fine di un mito.