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 2012  agosto 21 Martedì calendario

«COSÌ LE STRAGI HANNO PORTATO VOTI AL PCI»

«Io tutti quei personaggi che lei cita nella sua recensione alla mia autobiografia non li ho mai conosciuti, se non attraverso le carte processuali». Stefano Delle Chiaie contesta la ricostruzione che Libero ha dato il 2 agosto dei legami fra appartenenti al suo ex movimento, Avanguardia Nazionale, e la ‘ndrangheta. Considera il titolo Con Borghese e la mafia per abbattere il sistema, «deviante e offensivo. Non un titolo, un’affermazione». Occorrerebbe ripercorrere a fondo le carte processuali, per verificare che le affermazioni dei pentiti non reggono come quando «lo stesso Tommaso Buscetta riferisce di un viaggio con Mino D’Agostino, un mio camerata, che gli avrebbe parlato del golpe Borghese. Peccato che in quell’occasione D’Agostino fosse agli arresti domiciliari ». Vi sono collaboratori di giustizia che parlano anche del vertice di Montalto, tenutosi nel 1969 nei pressi del Santuario della Madonna di Polsi. Secondo le testimonianze raccolte dai magistrati della Direzione Nazionale Antimafia, vi avevano partecipato oltre a Delle Chiaie, il principe Junio Valerio Borghese e Pierluigi Concutelli, «che però, in quel periodo era in galera», fa notare Delle Chiaie.
E lo stesso vale per «molte altre carte processuali della difesa, che non sono state acquisite al dibattimento. Potrei citarle centinaia di documenti utilizzati per falsificare la storia del nostro ambiente. Si disse al processo per la strage di Bologna che Peppe Dimitri aveva un numero telefonico dei servizi segreti, ma in un altro processo a Roma si diceva che lo stesso numero era del nostro responsabile di Avanguardia Nazionale».
Lo sa che la notizia della militanza di Paolo Romeo (poi condannato per associazione mafiosa) in Avanguardia Nazionale la traggo da una richiesta di archiviazione da parte dei pm nel 2001 nei suoi confronti? Era l’indagine in cui era stato coinvolto insieme con Licio Gelli, Rosario Cattafi, e altri.
«Di me si poteva dire tutto, quando ero latitante, perché tanto non rispondevo.
Spesso mi collocavano in posti in cui io non ero, perché mi trovavo a migliaia di chilometri di distanza. Alcuni signori hanno scritto prendendo per buoni fogli di accusa e non della difesa. Così è stato condizionato il giudizio nei nostri confronti: le accuse contro di noi sono diventate fatti storici. E, se fossero riusciti a uccidere anche me nell’operazione Pall Mall, avrebbero potuto attribuirmi ogni nefandezza e ogni crimine. Ma qualcuno ha mai cercato di capire meglio quell’episodio del 1982, in cui fu assassinato Pierluigi Pagliai? ».
In vent’anni di processi e rinvii a giudizio, quante assoluzioni ha collezionato?
«Tutte. Quel che mi ha colpito e amareggiato di più nel corso degli anni è che le nostre collocazioni politiche sono state distorte e confuse con quelle di interessi che non erano i nostri. Ci ha fatto apparire come i trinariciuti al servizio di un sistema, che invece volevamo abbattere».
Misteri. Si è dato una spiegazione sui motivi che hanno condotto alla costruzione delle trame nere, politiche, giornalistiche e giudiziarie?
«Ci sono state le deviazioni, ma perché? Lo abbiamo chiesto nei processi.Nessuno ci ha mai risposto. Se lei pensa che a Bologna sono stato associato a coloro che avevano costruito le veline contro di me...In quelle condizioni ci si sente completamente impotenti e indifesi. Sono state costruite veline false contro di noi a Bologna e a Milano. Ma già dal 1973 avevamo lanciato accuse e allarmi. Ma chi ha mai letto della nostra conferenza stampa al Jolly Hotel? ».
Si è chiesto chi ha potuto utilizzare uno strumento sproporzionato come la strage - sono morte decine di persone in Italia dagli anni Settanta al 1992 - per uno scopo di natura politica?
«Soltanto un pazzo e un delinquente. Lo abbiamo sempre detto e ripetuto.Ma per quanto ci riguarda sono state le peggiori sventure possibili. L’opinione che ci siamo fatti è che servivano in parte alla storia del partito comunista, che in questo modo avrebbe potuto giustificare di non essere andato al potere a causa di una Spectre formata da militari, servizi segreti e fascisti. Invece, la realtà si incaricava di dimostrare il contrario, cioè che il Pci aumentava i suoi voti dopo ogni strage. Dall’altra parte servivano dei capri espiatori. E poi c’è la casualità di certi avvenimenti. La prima delle deviazioni nei nostri confronti avvenne per coprire presunte responsabilità di Guido Giannettini, per esempio. Eppure ricordo che uno dei miei zii, che era giudice di Cassazione, ogni volta dopo aver confermato una sentenza di condanna, scompariva per giorni per il dispiacere di aver mandato qualcuno in carcere. Altri magistrati invece non si facevano scrupolo nel chiudere in una cella persone che poi si sarebbero dimostrate innocenti».
Quanti tentativi di coinvolgervi vi sono stati da parte di apparati istituzionali? A partire dalla questione dei manifesti cinesi, per esempio. Nel 1968 Peppe Coltellacci le propone di sequestrare Aldo Moro per impedirgli di andare in Parlamento a presentare il nuovo governo.
«Il sistema ha tentato di utilizzarci in quei casi. Altri in nome dell’anticomunismo avevano una visione diversa. Ma io non faccio come chi, per sottrarsi alle accuse, tenta di coinvolgere altri. Noi di Avanguardia Nazionale, per sfuggire a strumentalizzazioni, abbiamo chiuso sezioni, bloccato le iscrizioni, denunciato le infiltrazioni. Ma ci siamo trovati completamente soli, colpiti da tutte le parti, diffamati senza possibilità di replicare. L’inizio della persecuzione nei nostri confronti è con quella maledetta strage di Piazza Fontana. Poi forse è diventata un’abitudine in cui noto una coincidenza operativa da parte dell’autorità repressiva. Perfino il maresciallo dei carabinieri Francesco Sanapo e il maresciallo Gaetano Tanzilli del Sid, in tempi diversi affermano che gli volevano far dire che Delle Chiaie c’entrava. È indubbio che noi eravamo contro il sistema».
Poi c’è il suo rapporto intermittente con il Msi di Michelini, poi con Almirante. Che le aveva proposto Almirante riguardo a un incarico nell’isola di Malta?
«Di Malta ha trovato scritto nel mio libro? Non credo. Le parlo soltanto di quanto ho scrittone L’Aquila e il Condor. Noi avevamo costituito uno schieramento e tutti ci davano addosso. Era naturale che nel nostro percorso tattico tentassimo di avvicinare settori che non alzavano un muro antifascista nei nostri confronti. Con Michelini avremmo potuto prendere in mano il partito. Con Almirante avremmo potuto avere una prospettiva comune. Non vedo cosa ci sia di strano».
Che forse proprio da quel partito sono arrivati gli attacchi maggiori nei vostri confronti...
«L’ho sempre detto ai miei camerati che il tempo ci avrebbe reso giustizia. Forse in parte è già accaduto e sta accadendo».