Antonio Spampinato, Libero 21/8/2012, 21 agosto 2012
IL TESORO PUÒ PRENDERSI IL 7% DI MPS
Poteva essere una giornata da incorniciare per Monte Paschi Siena, con il titolo che in Piazza Affari non la smetteva più di strappare al rialzo dopo, tra l’altro, aver archiviato un venerdì da leoni. Ai blocchi di partenza a 0,2162 euro, ieri Mps è volato del 10%, sospeso per eccesso di rialzo e poi riammesso con al petto un +17%, fino a un massimo intraday a 0,2525 euro.
La performance della banca seguiva il tono più che positivo di tutto il listino, fino a quando, la solita Germania ha gelato le attese degli operatori, galvanizzati da un rumor domenicale proveniente da Francoforte: la Bce sta valutando - dicevano le voci - un piano per combattere la speculazione sui titoli sovrani mettendo un tetto “segreto” allo spread, al di sopra del quale potrebbe intervenire con gli acquisti sul mercato. La smentita di Berlino ha scatenato il panico in tutta Europa, facendo precipitare i listini in rosso. La giornata di Mps è però rimasta positiva, anche se ben al di sotto dei massimi. Il titolo senese ha chiuso in rialzo del 5% a 0,227 euro, con una performance a un mese positiva di oltre il 22%.
Ma la spinta che sta sostenendo Monte Paschi non va ricercata solo sul cambio di rotta che sembra aver genericamente coinvolto i mercati azionari. Secondo i trader interrogati dalle principali agenzie di stampa finanziarie, a dar ossigeno a Mps è la possibilità sempre più concreta che lo Stato italiano entri nel capitale della banca guidata da Alessandro Profumo e il parziale disimpegno della Fondazione che, secondo quanto dichiarato dal presidente, potrebbe lasciare spazio a nuovi soci di peso.
Scrive l’agenzia di stampa Reuters, citando un anonimo operatore: «Alla luce della richiesta di nuovi capitali per 3,4 miliardi di euro sotto forma di Tremonti bond (nuova versione), la banca probabilmente dovrà pagare interessi più alti rispetto alla precedente cedola dell’8,5% e in caso di perdita a fine anno dovrà rimborsare il governo della perdita della cedola emettendo nuove azioni. Se ciò fosse vero - aggiunge il dealer - nel giro di poche settimane Mps passerà dall’essere sotto pressione per via del rischio di un aumento di capitale all’essere ricapitalizzata dallo Stato e potenzialmente emettere nuovo capitale a premio rispetto alle quotazioni attuali, allontanando il rischio di tornare sul mercato per chiedere soldi nel breve termine».
È stato il “Dl Dismissioni” approvato un mese fa a dare il via libera alla nuova versione dei “Tremonti bond” che prevedono un meccanismo di incentivi finalizzati all’uscita dello Stato, spalmata nel tempo, dal capitale in caso di ingresso. Un impegno temporaneo dunque, che porterebbe però non pochi vantaggi agli azionisti, non ultimo il mancato pagamento degli interessi passivi sul prestito e un Tesoro che coprirebbe una bella fetta dell’aumento di capitale per poi abbandonare il campo a tempesta finita.
Certo, psicologicamente non sarà facile per Mps digerire il fatto di essere la prima banca dall’ormai lontanissimo 1990 a dover far spazio nella stanza dei bottoni allo Stato. L’operazione però potrebbe essere a lieto fine e per il più antico istituto di credito italiano il fine potrebbe ampiamente giustificare i mezzi.
Perché tutto questo si possa concretizzare è necessario che i bilanci siano in rosso. Martedì 28 agosto verranno presentati i conti del trimestre e secondo Kepler Capital Markets e Credit Agricole Cheuvreux, come riporta l’agenzia Bloomberg, Mps dovrebbe svalutare pesantemente il proprio attivo e registrare una perdita di un miliardo, trascinando in negativo l’intero 2012.
«La svalutazione dell’avviamento può essere vista come una scelta strategica per risparmiare denaro», dice a Bloomberg Fabrizio Spagna, managing director di Axia Financial Research. Aldo Comi di Cheuvreux ha calcolato una presenza dello Stato in Mps al 7% nel 2014.
Se per gli azionisti di Monte Paschi l’operazione può portare non poche soddisfazioni, non è detto che lo stesso si potrà dire per i contribuenti italiani, chiamati a un salvataggio dove, per definizione, non esistono garanzie. A meno che non si ragioni con l’ormai classico “too big to fail”, troppo grande per lasciarla fallire, almeno per il paesello Italia.