Francesco Saverio Alonzo, la Stampa 21/8/2012, 21 agosto 2012
SVEZIA, IL TESORO SOMMERSO CHE ATTIRA I CERCATORI D’ORO
Un’attività febbrile è in corso, in quest’ultimo scorcio di estate nordica, nel Golfo di Botnia dove cercatori di tesori subacquei perlustrano le acque del braccio di mare che separa la Svezia dalla Finlandia, nella speranza di trovare qualche reperto eccezionale. E le loro ambizioni non si basano soltanto su conoscenze superficiali dei fondali marini, bensì sui rapporti che in questi ultimi anni hanno segnalato la presenza di oltre 100.000 relitti (di cui circa 25.000 in prossimità delle coste svedesi) di navi, Vascelli e battelli di ogni epoca, tipo e grandezza.
E grazie al «sonar» o ecogoniometro e all’ecoscandaglio, in versioni moderne il cui prezzo è accessibile a «normali» appassionati di ricerca subacquea, si è sviluppato un vero e proprio boom di scoperte di relitti anche antichi, la cui storia ha sempre affascinato gli studiosi di archeologia marittima. Ad esempio, il mito del galeone «Resande Man» (Il passeggero) si è concretizzato con la scoperta del relitto, in gran parte intatto, su un fondale prossimo alla costa svedese, scatenando un entusiasmo euforico fra tutti coloro che sono alla ricerca di tesori sommersi. Questo vascello dovrebbe contenere una ricchezza immensa consistente in 7.000 «daler» d’argento, 60.000 ducati d’oro, gioielli e oggetti d’oro massiccio. Il tutto era destinato al principe Giovanni Casimiro di Polonia e il dono sarebbe stato consegnato dal conte Karl Kristopher von Schillenbach, in veste di inviato diplomatico, per «ungere» il potente polacco e convincerlo a stringere un patto con la Svezia contro il comune nemico russo.
I tempi stringevano e il vascello dovette partire da Stoccolma il 23 novembre 1660 sebbene si annunciasse una tempesta. Presa nel vortice di un violento fortunale, la nave finì sugli scogli dell’arcipelago svedese e affondò. Nel naufragio morirono 37 uomini. La leggenda dice che il capitano del vascello, un certo Maanson, non avesse dedicato la necessaria attenzione alla guida, lasciandosi distrarre da un’amante che lo aveva seguito a bordo. Un «capitan Schettino» in versione seicentesca, insomma.
Ma in quell’epoca, quando cioè la Svezia era una grande potenza europea, affondarono numerosi grandi vascelli. La nave ammiraglia Mars, naufragata con 800 uomini nel 1564, fu rinvenuta l’anno scorso dal sommozzatore Richard Lundgren dopo una ricerca durata 20 anni. Lundgren e i suoi colleghi recuperarono 50 cannoni di bronzo dell’epoca, ma il fortunato sommozzatore ci tiene a precisare: «Non abbiamo cercato ricchezze, anche perché, secondo una severissima legge svedese, ogni tesoro ritrovato nelle acque territoriali appartiene allo Stato, che a sua volta può rilasciare una “generosa mancia” a chi l’ha trovato. Purtroppo c’è troppa gente senza scrupoli che ha selvaggiamente violato i relitti, asportandone reperti preziosi. E così non può continuare».
Ma è impossibile controllare e tenere d’occhio tutte le imbarcazioni che incrociano nel Golfo di Botnia a caccia di tesori. Di grandi galeoni ricchi di tesori che giacciono sul fondo ne sono stati ritrovati otto, mentre di due non si sono trovate ancora le tracce. Inoltre, nel corso di varie guerre, comprese le ultime due mondiali, sono numerosissime le unità affondate con siluri o cannoneggiamenti. Lo stato di conservazione dei relitti, anche quelli più antichi, è ottimo, anche grazie alla mancanza, nel Golfo di Botnia, del mollusco «Tiridinidae», presente nei mari caldi e temperati, che mangia il legno delle navi. Secondo l’archeologo marittimo Johan Rönnby, sarebbe quindi possibile ritrovare anche relitti risalenti all’epoca vichinga o alla preistoria, perfettamente conservati e forse ricchi di reperti preziosi per gli studiosi di antichità. Sempre che cercatori di tesori senza scrupoli non arrivino prima a saccheggiarli.