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 2012  agosto 21 Martedì calendario

QUANTO FA GOLA IL GAS DI CIPRO

Sale la tensione nel quadran­te di mar Mediterraneo co­nosciuto come bacino le­vantino, esteso dalle coste meri­dionali della Turchia fino a quel­le dell’Egitto. A metà luglio la Re­pubblica di Cipro ha protestato presso le Nazioni unite per un’e­sercitazione navale turca «non au­torizzata » nella zona economica esclusiva di Cipro a sud dell’isola. Le ultime dichiarazioni del segre­tario generale Ban Ki-Moon ri­flettono le preoccupazioni del Pa­lazzo di vetro: «Tutte le parti in causa a Cipro devono sforzarsi di evitare che gli attriti crescano ul­teriormente ». L’appello ha per de­stinatari i vertici delle due repub­bliche di Cipro, quella greca, membro dell’Unione europea dal 2007 e attualmente presidente di turno, e quella turca, nel nord del­l’isola, riconosciuta solo da Anka­ra. Nel rapporto semestrale sulla missione delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace nell’i­sola (UnfiCyp, attivata nel 1964, ndr), si auspica il prolungamento della missione almeno fino al gen­naio 2013, temendo addirittura scontri armati.
All’origine delle nuove frizioni so­no le gigantesche sacche di gas naturale (fra 5 e 8mila miliardi di piedi cubici di gas, cioè fra 140 e 230 miliardi di metri cubi, secon­do il governo cipriota) individua­te nei fondali marini intorno all’i­sola, appunto nella zona econo­mica esclusiva di Cipro. Di Cipro greca, legittimata dalla comunità internazionale. L’individuazione di giacimenti di gas, dopo quattro anni di ricerche, risale al dicem­bre scorso e porta la firma della società texana Noble Energy in tandem con il gruppo israeliano Delek. Incaricato dal governo gre­co- cipriota, il colosso di Houston ha trivellato i fondali marini a cen­to chilometri dalla costa, in acque profonde un paio di chilometri, fino a seimila metri nella roccia. Trionfali i toni del ministro del Commercio greco-cipriota Neo­clis Sylikiotis: «La scoperta posi­ziona il Paese fra i maggiori atto­ri internazionali per petrolio e gas, fornisce nuove fonti energetiche all’Unione europea e mette Cipro in condizione di diventare un cen­tro energetico regionale». Il fab­bisogno cipriota è di un miliardo di metri cubi all’anno. Nicosia guarda avanti e pensa all’export.
Al momento è in corso la secon­da tornata di gare per esplorazio­ne e sfruttamento dei giacimenti. La tensione è alle stelle. I confini delle riserve non sono chiari: essi potrebbero estendersi fino ai qua­dranti di Mediterraneo sotto il controllo di Libano, Israele, E­gitto, Grecia, Turchia, Siria, Au­torità nazionale palestinese, dove altre riserve sono state in­dividuate nel tempo.
Un rapporto dell’agenzia ameri­cana Geological survey pubblica­to nel 2010 avanza l’ipotesi che nel bacino levantino, complessi­vamente, ci siano almeno 3500 miliardi di metri cubi di gas. Le sacche individuate a fine 2011, secondo gli esperti statunitensi, «sconfinerebbero» nei fondali si­riani e della Striscia di Gaza. Mettendo le mani avanti, sulla base di prospezioni geologiche, Nicosia ha già firmato accordi bilaterali con Il Cairo (2006) e con Beirut (2007), rinnovati nel­l’anno in corso. Anche con Tel Aviv è pianificato uno sfrutta­mento congiunto.
Sulla questione cipriota, la posi­zione delle Nazioni Unite è chia­ra: «Qualsiasi nuova ricchezza na­turale – ha sottolineato il segreta­rio generale – deve essere utiliz­zata a favore di tutti i ciprioti, ap­partenenti a entrambe le comu­nità ». Il governo greco-cipriota so­stiene di voler condividere le ri­serve con i fratelli del nord, ma Ankara, diffidente, ha già avviato trivellazioni indipendenti nel ba­cino di fronte alle coste turco-ci­priote e inviato tre sottomarini a presenziare l’area. Operai e ricer­catori greco-ciprioti, invece, sono ’protetti’ da militari israeliani. A metà maggio è stata evitata per un soffio una battaglia aerea nei cie­li di Nicosia. Per Nicosia, la scoperta è una manna dal cielo: la drammatica crisi economica dei cugini di Ate­ne sta trascinando anche Cipro greca verso il basso. L’orienta­mento del governo di Christofias, che ha chiesto un aiuto finanzia­rio anche a Bruxelles, è quello di avvicinarsi sempre più a Mosca.
Anche per Tel Aviv il gas scoperto è vitale: in forse le forniture egi­ziane per motivi politici, si cerca­no approvvigionamenti sicuri. Nel 2009 sono stati scoperti al lar­go di Haifa, sempre da Noble E­nergy e Delek, i campi Tamar (240 miliardi di metri cubi), Dalit (14) e soprattutto il Leviatano (450). Non abbastanza per essere indi­pendenti ed esportare.
La Turchia, ex partner economi­co- commerciale di Israele dal 2010 a causa dell’incidente della nave turca Mavi Marmara a Gaza, teme l’asse Tel Aviv-Nicosia per l’esportazione di gas in Europa at­traverso la Grecia. Uno scenario che declasserebbe Ankara. E dif­fida delle ingerenze russe nell’a­rea. A ben vedere, un solido posi­zionamento turco nel bacino le­vantino potrebbe fare gioco an­che agli europei, assediati dall’i­perattivismo moscovita.
Lo sfruttamento vero e proprio i­nizierà fra quattro anni. Solo al­lora si riscontreranno i cambia­menti sugli assetti geopolitici re­gionali.