Alessandra Mangiarotti (a cura di), Corriere della Sera 21/08/2012, 21 agosto 2012
DOMANDE&RISPOSTE - 1 Polveri sottili, diossine e idrocarburi aromatici: con questo tipo di inquinamento è corretta la sospensione dell’attività dell’Ilva? Il giudice, con questi dati raccolti soprattutto fuori dall’acciaieria, non poteva che porre sotto sequestro gli impianti dell’area a caldo
DOMANDE&RISPOSTE - 1 Polveri sottili, diossine e idrocarburi aromatici: con questo tipo di inquinamento è corretta la sospensione dell’attività dell’Ilva? Il giudice, con questi dati raccolti soprattutto fuori dall’acciaieria, non poteva che porre sotto sequestro gli impianti dell’area a caldo. Ma è un po’ come curare l’emicrania tagliando via la testa. L’urgenza ora è capire attraverso misurazioni puntuali quale impianto o quali impianti stiano emettendo sostanze inquinanti, a cominciare da quelli di agglomerazione e dalle cokerie. 2 È possibile risanare completamente la situazione? Sicuramente. Queste sostanze si depositano al suolo, il primo intervento consiste nella bonifica dei terreni che può essere effettuata con gli stabilimenti in funzione. Ma se c’è il dubbio che l’impianto o gli impianti stiano tuttora emettendo sostanze inquinanti, bisogna individuare la sorgente e il tipo di problema che sta causando l’inquinamento. 3 Il risanamento può essere fatto con gli impianti attivi o è indispensabile spegnerli? Dipende, individuata la sorgente d’inquinamento bisogna capire se il problema è all’impianto di captazione e filtraggio o alla struttura. Nel primo caso si può intervenire per migliorare l’efficienza tenendo l’impianto fuori norma in attività, magari costruendone uno nuovo in parallelo. Ma se il problema è strutturale l’attività va sospesa, magari solo in parte visto che alcuni impianti possono essere chiusi per batterie. L’adeguamento alle cosiddette «Best available techniques» non prevede invece necessariamente lo spegnimento dell’impianto, anche perché non è detto che un sistema non incluso nel manuale inquini. 4 Perché la chiusura degli altoforni è considerata un rimedio estremo e rischioso per l’azienda? Lo spegnimento di un altoforno, 35 metri d’altezza per 12 in media di diametro, è un’operazione molto delicata che va realizzata senza far sopportare forti sbalzi termici alla muratura. Soprattutto se l’impianto non è nuovo può causare infatti il crollo della muratura. Un danno enorme. 5 Quanto tempo serve per spegnere e riaccendere un impianto di questo tipo? Per spegnere un altoforno, che dalla sua costruzione lavora ininterrottamente per 14 anni, ci vogliono diverse settimane e per riaccenderlo servono altri 6-8 mesi. Tra spegnimento e riaccensione si deve quindi calcolare minimo un anno di inattività. Questo equivale a far mancare l’approvvigionamento di acciaio per i laminatoi di Taranto ma anche di Genova e Novi Ligure: 9-10 milioni di tonnellate per una perdita di circa 6 miliardi di euro. Un’acciaieria non può vivere tenendo in attività solo gli impianti a freddo, si trasformerebbe in un laminatore. 6 Sotto sequestro anche i parchi minerari. Da quali interventi passa la loro bonifica? Sono 65 ettari di depositi di materiali ferrosi, non pericolosi. Ricoprirli, come proposto, è impossibile. Tre gli interventi da attuare: bagnare le materie prime con acqua per evitare il pulviscolo, realizzare non una ma più barriere laterali, diminuire la contiguità tra città e parco minerario. 7 In futuro sarà possibile la convivenza dell’acciaieria con il confinante quartiere di Tamburi? Una situazione di contiguità così stretta andrebbe sanata. Io sposterei il quartiere, o l’azienda. Una volta questa convivenza forzata era accettata per necessità, oggi è impensabile. Tutti gli impianti europei che hanno situazioni simili, da Linz a Duisburg, sono decisamente più piccoli. Spostare l’azienda è complicato ma anche se si optasse per il trasloco del quartiere il privato dovrebbe contribuire all’operazione. a cura di Alessandra Mangiarotti (Le risposte sono state compilate con la collaborazione di Carlo Mapelli, docente di Siderurgia del Politecnico di Milano)