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 2012  agosto 21 Martedì calendario

TOKYO-PECHINO, COSÌ LA TENSIONE SULLE ISOLE GIOVA ALLA CINA

Il litigio tra la seconda e la terza potenza economica del mondo è cosa importante già in tempi normali. In momenti di crisi, quando la seconda potenza (la Cina) è l’unica economia che tira, diventa fondamentale per tutti.
La tensione attuale tra Cina e il Giappone, la terza economia, per un gruppo di isolotti - chiamati Diaoyu in cinese e Senkaku in giapponese- rischia infatti di innervosire tutta la regione facendo poi tremare borse e commerci. Non è la prima volta che ci sono frizioni tra Pechino e Tokyo su quelle isole ma la modalità attuale è molto diversa dal passato. In precedenza i conflitti erano stati creati direttamente da pescherecci o manifestanti provenienti dalla Cina popolare. La cosa rendeva debole la posizione di Pechino di fronte all’opinione pubblica internazionale. Si trattava di una contesa tra una democrazia (il Giappone) e un regime autoritario (Cina), quasi ovvio che il mondo si schierasse con la democrazia contro il regime. Stavolta invece la contesa ha coinvolto dei manifestanti che vengono da Hong Kong e hanno ricevuto un certo sostegno da Taiwan. Pur non essendo una democrazia, Hong Kong è un territorio libero, con un’opinione pubblica non controllata da un regime. Taiwan è una democrazia matura. In questi giorni, dunque, non siamo di fronte a un atto di aggressione di un regime contro una democrazia, ma a una questione che consolida un’opinione pan-cinese, al di là del confine della repubblica popolare, su una delicata questione territoriale.
In altre parole la posizione giapponese diventa più debole rispetto al passato, anche rispetto a questioni di confine che il Giappone continua ad avere con la Corea del sud.
Ciò potrebbe essere stato un piano ben studiato da Pechino, per mobilitare l’opinione pubblica di Hong Kong e Taiwan e mettere nell’angolo Tokyo. Se così fosse, Pechino dimostrerebbe di avere fatto un passo in avanti nella sua capacità di mobilitazione strategica di diplomazia e opinione pubblica, e di avere ormai esteso la sua influenza su delicate questioni nazionali anche a Taiwan, l’isola di fatto indipendente.
Questa influenza su Taiwan gioca poi contro Tokyo anche per un altro aspetto. Taiwan, dove nel 1949 si rifugiò il governo nazionalista sconfitto dai comunisti, è da sempre il grande baluardo e avamposto dell’America in Asia. I cinesi nazionalisti furono alleati degli americani contro i giapponesi. Anche solo un ondeggiamento dell’opinione pubblica taiwanese sulle Senkaku mette ancora più in dubbio un eventuale sostegno di Washington per Tokyo su tale questione. Insomma la controversia di confine con il Giappone potrebbe paradossalmente accorciare le distanze tra Cina e Usa.
Certo, gli americani sono estremamente guardinghi, e sono ancora più preoccupati della crescita militare e politica cinese nella regione. Ma l’attuale vicenda crea una situazione in cui Washington non può schierarsi facilmente, perché deve scegliere tra due alleati storici, Taiwan e Giappone.
L’altra possibilità è che Pechino non abbia ordito alcun complotto ma sia solo saltata sul carro della protesta accesa dagli attivisti di Hong Kong.
In ogni caso, l’intera vicenda prova che la questione nazionale, specie nei confronti del Giappone, il nemico della Cina della seconda guerra mondiale, verso cui i vecchi odi non sono mai stati sopiti, è un elemento forte per i cinesi, anche per quelli fuori dal controllo di Pechino.
Se un simile scenario ha creato una tale situazione con il Giappone, ciò si potrebbe ripetere con il Vietnam o le Filippine per le isole del mar cinese meridionale, anche qui oggetto
di contesa.
In altre parole la difesa del territorio - in questo caso tratti di mare mai definiti- potrebbe avere un forte appeal popolare a Taiwan e creare un sentimento pan cinese anche sulle minoranze cinesi che dominano le economia di molti paesi del Sud Est Asiatico. E questo complicherebbe ulteriormente la già complessa geografia politica della regione.