Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 21/8/2012, 21 agosto 2012
LA BONIFICA DELL’HUDSON NON FERMA GENERAL ELECTRIC - S
eicento tonnellate di bifenile policlorinato, il Pcb, riversate per trent’anni nelle acque dello Hudson, inquinando con sostanze chimiche rivelatesi cancerogene il celebre fiume che attraversa New York. Poi, nel 2002, l’Agenzia per la protezione ambientale americana fece scattare una decisione e un’intesa rimaste negli annali dei compromessi con la Corporate America per cercare un difficile equilibrio tra sviluppo e difesa ambientale: la Environmental Protection Agency raggiunse un accordo con la General Electric – il colosso industriale i cui stabilimenti manifatturieri avevano gli scarichi incriminati lungo le rive in cittadine dai nomi bucolici e storici quali Hudson Falls e Fort Edwards – destinato a risanare il tratto più danneggiato, lungo almeno 60 chilometri. La Ge da allora si è fatta carico di un’iniziativa della durata effettiva di sei anni, da completare entro il 2015, con l’obiettivo di rimuovere l’equivalente di 800 vasche olimpioniche di fanghi contaminati dai fondali a un costo stimato dalle autorità federali in 500 milioni di dollari.
Ge e le autorità dello Stato di New York hanno, al contempo, firmato un secondo protocollo, che installa nuovi e migliori controlli sulle emissioni per prevenire ulteriori danni. Questo nonostante alcuni vecchi impianti nel mirino, in particolare la ex cartiera di Hudson Falls usata per produzione bellica nella Seconda Guerra Mondiale e in seguito per traformatori e altre componenti elettriche, siano nel frattempo stati ridimensionati o riconvertiti ad altro uso. Scelte, però, fatte anzitutto in omaggio a revisioni delle strategie industriali dell’azienda, non a collassi dei patti con le authority.
Il risanamento oggi procede al ritmo di 400.000 tonnellate di fondali inquinati l’anno e l’intera operazione pluriennale è stata completata per un terzo: prescrive la rimozione di fanghi tossici, che vengono caricati su chiatte, trattati presso appositi centri e infine inviati via ferrovia a grandi discariche. Il fondale viene ricostituito e sia la Epa che la Ge hanno di recente emesso comunicati ottimistici sui progressi dei lavori. Un ottimismo tutt’altro che scontato. Non è stato un caso semplice: il danno ambientale si era accumulato per anni, dal 1947 al 1977, mettendo a rischio la popolazione e devastando il settore ittico locale. Nel 1977, però, il governo federale mise esplicitamente al bando il Pcb grazie al Clean Water Act passato dal Congresso. E ulteriori leggi federali hanno aiutato l’intervento degli organismi di vigilanza ambientale: tra queste la Superfund Law, che stabilisce come le aziende responsabili debbano coprire i costi del risanamento. Neppure questo è tuttavia bastato a far procedere con facilità e senza polemiche i piani di ripulitura delle acque.
Una rapida cronistoria della vicenda rivela gli sforzi richiesti per arrivare a risultati. Gli inizi dei lavori hanno richiesto complessi preparativi: sono scattati appieno, invece che nel 2005 come ipotizzato, soltanto nel 2009, dopo che una corte federale aveva a sua volta approvato il compromesso. E Ge si era inizialmente impegnata a completare con certezza solo una prima fase, pari a circa il 10% dell’operazione di “dredging”, di dragaggio dei fondali. Ge negli anni ha anche indicato di ritenere esista il rischio che l’intervento in realtà smuova ancor più Pcb dai fondali, inquinando crescenti tratti del fiume e rendendo impossibile ripulire le acque in modo sicuro per la data prevista. Una ragione, cioè, per limitare semmai le operazioni di ripulitura. L’accordo ha offerto alla Ge voce in capitolo: l’azienda ha il diritto di sospendere il dragaggio se lo ritiene inefficace. La Epa ha tuttavia sempre ribadito il proprio impegno a continuare il progetto. E a ricorrere, se necessario, a mezzi legali per forzare la mano alla società. E il risanamento dell’Hudson e delle limitrofe attività industriali, concordato dalle autorità e dalla Ge, prosegue.