Erice Informativa per Il Sole 24Ore, 21 agosto 2012
20 agosto 2012 Lauretta Colonnelli: Informativa per il Sole 24Ore Si è aperta oggi la quarantacinquesima sessione dei seminari internazionali di Erice sul ruolo della scienza nel terzo millennio, sotto la presidenza del professor Antonino Zichichi
20 agosto 2012 Lauretta Colonnelli: Informativa per il Sole 24Ore Si è aperta oggi la quarantacinquesima sessione dei seminari internazionali di Erice sul ruolo della scienza nel terzo millennio, sotto la presidenza del professor Antonino Zichichi. Titolo della sessione di oggi: «Perché c’è bisogno della scienza nella cultura del terzo millennio». Giornata che si può dividere in due parti. Una prima parte occupata dalla Lectio Magistralis di Václav Klaus, presidente della Repubblica Ceca, il quale ha criticato fortemente tutta l’organizzazione dell’IPCC per quanto riguarda il problema del riscaldamento globale. La seconda parte della giornata, introdotta da Zichichi, ha visto alternarsi sul palco dodici scienziati provenienti da tutto il mondo. Alcuni di questi hanno poi partecipato alla conferenza stampa in cui hanno discusso con i giornalisti sul pericolo di un conflitto nucleare in Europa e nel mondo e sulle interconnessioni tra terrorismo, crisi finanziaria e scenari bellici mediorientali. Lord John Alderdice, esperto di terrorismo dell’House of Lords di Londra, sostiene che per quanto riguarda il legame tra economia, società e scienza, non si possono fare previsioni matematiche, ma si può capire qualcosa solo guardando al passato. Esempio: «Se oggi faccio un esperimento di fisica ottengo un risultato che sarà identico tra dieci anni. Non è la stessa cosa per un esperimento di tipo sociale. È vero che la crisi economica del ’29 ha prodotto una guerra mondiale, ma affermare su questa base che questa è una conseguenza inevitabile di ogni grande crisi economica planetaria non è scientifico. Inoltre: nelle generazioni passate esisteva una coscienza del pericolo nucleare, che oggi è stato banalizzato. Questo può essere pericoloso. Alla BBC di recente hanno assicurato che in caso di attacco all’Iran da parte di Israele, il conflitto si sarebbe risolto in trenta giorni e con 500 morti israeliani (non si sono calcolate le conseguenze in Iran)». Altri scienziati, presenti a questo seminario di Erice, sostengono invece che le conseguenze di un conflitto del genere sarebbero molto più gravi ed estese. Alderdice sostiene anche che gli ordigni ad altissima precisione di cui l’occidente dispone oggi sono in grado di colpire e uccidere solo i leader politici. Questi assassinii non sarebbero in nessun caso in grado, secondo lui, di far finire una guerra. Per quanto riguarda i rapporti tra terrorismo e una possibile guerra, Annette Sobel (senior advisor for Bio-security Engagement, Office of the Secretary of Defense –Nuclear, Chemical, Biological Matters degli Usa) rivela che dopo l’11 settembre 2001 è molto diminuita la preparazione per compiere atti terroristici, ma è aumentata la costruzione di network del terrore. E Friedrich Steinhäusler, (Phisic and Biophisic division, università di Salzburg, Austria) dice che in Europa avvengono ogni giorno due tentativi di attacchi terroristici che falliscono e uno o due arresti (con tendenza verso il due). Alderdice dice che, in caso di conflitto tra Iran e Israele, Hezbollahh sarebbe pronto a compiere atti terroristici in Europa dietro ordine dell’Iran. Sally Leivesly (newrisk limited London) aggiunge che una guerra tra Iran e Israele cambierebbe il profilo del terrorismo in Europa e aumenterebbe le probabilità di una guerra nucleare allargata. «Una delle preoccupazioni è che in caso di conflitto l’Iran, che già rifornisce di armi Hezbollah, aumenterebbe questo rifornimento con armi molto più pericolose di quelle fornite fino ad oggi. Abbiamo una lista di queste armi, che vanno dai razzi a lunga gittata alle bombe biologiche e radioattive. La Siria per il momento ha interrotto i rifornimenti a hezbollah, ma i nostri governi pensano che gli attacchi potenziali saranno mantenuti e diretti verso le istituzioni statali, soprattutto di Israele, Usa, Inghilterra, i paesi che, secondo l’Iran, avrebbero ucciso alcuni loro scienziati». Il problema più concreto, da parte dei terroristi, è quello delle bombe sporche, facilmente realizzabili usando materiali radioattivi di scarto provenienti da ospedali, industria, agricoltura. Steinhäusler: «In Usa vanno perdute ogni anno trentamila fonti radioattive di questo tipo, che vengono gettate via. C’è chi li recupera e li vende per pochi soldi a squadre di agenti specializzati. Non si costruisce una bomba nucleare con questi materiali, ma una bomba sporca sì. Per quanto riguarda i casi di sottrazione di materiali in grado di creare una bomba nucleare, dal 1991 ad oggi in Europa se ne sono registrati soltanto 29». A Ginevra, come ricorda Ramamurti Rajaraman (school of phisical Sciences, Jawaharlal Nehru università, New Delhi India) «c’è una istituzione che da anni cerca di stringere un accordo internazionale per limitare lo stoccaggio del materiale fissile, ma fino ad ora inutilmente. Tuttavia, anche se si arrivasse all’accordo e si chiudesse questo materiale fissile in magazzini di massima sicurezza, nessuno ci salverebbe dalle bombe sporche». La grande crisi finanziaria dell’Occidente ha un riflesso sulla nostra capacità di difenderci dagli attacchi terroristici? Steinhäusler: «Per la sicurezza in Europa, con il piano FP7 sono stati stanziati 50 miliardi e mezzo di euro, ma il programma non si riferisce solo a sicurezza e terrorismo (per il quale non ci darebbero un centesimo). Lo scopo del finanziamento deve essere allargato alle catastrofi naturali». Per la sicurezza da questi 50 miliardi e mezzo si prende un miliardo e trecento milioni da spendere nel periodo 2007-2013. Per quanto riguarda una eventuale guerra, Rajaraman fa notare che «è complicato attaccare per primi, perché chi attacca viene marchiato di “discredito nucleare“. E gli altri paesi si schiererebbero con chi viene attaccato. Queste sono le regole dell’etica per arrivare a un agreement internazionale». Per questi motivi, sembra probabile agli scienziati che Israele attacchi l’Iran con una guerra cibernetica piuttosto che con un ordigno nucleare. Israele, inferiore all’Iran per popolazione e territorio (Israele: 7.590.758 abitanti su 20.770 chilometri quadrati; Iran 74.798.599 abitanti su 1.650.000 chilometri quadrati) è enormemente più forte del suo avversario sul piano della tecnologia e della competenza informatica, come fa notare Hamadoun I. Touré, segretario generale dell’International Comunication Union (ITU) di Ginevra, che spiega: «Ci sono dei sistemi per capire quando si è sull’orlo di una guerra informatica. Alla vigilia del conflitto tra Russia e Georgia i sistemi di spionaggio internazionale hanno rilevato un enorme aumento di botnet nella regione e hanno avvertito i due paesi: attenzione perché siete sull’orlo della guerra come si capisce da questo aumento dell’attività cibernetica». E in questo momento esiste un aumento di botnet tra Israele e Iran? Touré: «Non voglio rispondere a questa domanda per non gettare altra benzina sul fuoco». Comunque Israele, nei mesi scorsi ha già sferrato attacchi all’Iran attraverso il cyber spazio, lanciando virus informatici all’interno delle centrifughe iraniane, che esplodevano senza che i tecnici iraniani riuscissero a capirne la ragione. (Nelle cosiddette centrifughe si prepara l’uranio arricchito che serve a costruire ordigni atomici).