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 2012  agosto 19 Domenica calendario

«Mai visto una gara di getto del peso per ciechi. A pensarci bene, non la vedrò mai…». Risata. Assunta è così: ironica

«Mai visto una gara di getto del peso per ciechi. A pensarci bene, non la vedrò mai…». Risata. Assunta è così: ironica. Anche su se stessa. E sulla sua cecità, arrivata a tappe. O sullo sport paralimpico, nuovo mondo che l’attende da protagonista già ai Giochi di Londra. Non sono lontani quei giorni da campionessa europea indoor nel 2007, fra le migliori del mondo, capitana degli azzurri alla spedizione continentale di Birmingham. «Sembra un secolo fa». La Paralimpiade è il luogo delle seconde, straordinarie possibilità. Assunta Legnante, napoletana ma con base ad Ascoli Piceno, è uno dei nomi più belli dell’atletica degli ultimi dieci anni. Olimpica prima, paralimpica ora. «Atletica e basta. Non c’è differenza. Stessa fatica. Stesse emozioni. E lo posso dire con certezza». È la lezione di Oscar Pistorius, orgogliosamente all’Olimpiade nei giorni passati e alla Paralimpiade in quelli futuri (cerimonia il 29 agosto, gare fino al 9 settembre). Un glaucoma agli occhi dalla nascita, vista con lenti dall’occhio destro, il sinistro già quasi buio. Ha lo sport dentro. Da sempre. «All’inizio i Giochi della Gioventù: a Frattamaggiore arrivavo sempre seconda». A 13 anni, la pallavolo con le amiche: «Un problema se la palla stava dalla parte sbagliata o la vedevo all’ultimo». Atletica allora: prima convocazione in nazionale a 15 anni, poi sono stati Europei e Mondiali e Olimpiadi. Con anche delusioni. «Dovevo essere ad Atene. Il Coni mi fermò per quell’innalzamento della pressione oculare. Con le mie misure, sarei stata fra le prime sei». A Pechino non andò benissimo. L’idea del ritiro che sfiora la mente. Poi, la svolta. Nella vita e nello sport. Era il 2009. «Un anno dall’Olimpiade». In auto verso il meeting di Padova. «All’improvviso non vedo più nulla dall’occhio destro. Per fortuna non guidavo io...». Per due anni si accontenta di quel che passava il sinistro. «Poco». Nel novembre scorso cambia ancora tutto. «Anche da quell’occhio è buio: caduta della retina». Ultima operazione a marzo, senza miglioramenti. «Ho un carattere positivo, l’ho accettato: è andata così, c’è di peggio. E penso che perdere la vista sia più un problema mentale che fisico». Ecco la proposta, inaspettata: «Partecipare alla Paralimpiade. Quasi non ho avuto il tempo di pensarci». Pochi giorni di allenamenti e a ogni uscita un nuovo primato, sino al 15,89 del 28 luglio. E poi il lancio del disco: record europeo cat. F11 (non vedenti, che però alla Paralimpiade gareggiano con F12-13, cioè gli ipovedenti) con 32,72 m, altro minimo paralimpico. Due medaglie sarebbero una boccata d’ossigeno anche dal punto di vista economico (il premio per l’oro è 75 mila euro, la metà di quello olimpico), per chi prende 471 euro di pensione vivendo in due: «Il mio compagno, Andrea, che ora è i miei occhi, è disoccupato». In una cosa sarà diverso da Pechino. «Lanciavo e avevo davanti il calderone con quella fiamma. Mi emozionava. Ci sarà anche a Londra, ma sarò più calma: non lo vedrò...». E ancora quel sorriso. Sarà bello fare il tifo per lei e quell’oro da predestinata. Claudio Arrigoni