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 2012  agosto 17 Venerdì calendario

Ilva, la bufala delle ricerche: sbagliati i dati sui tumori - Il rapporto epidemiologico moralmente responsabile dell’in­carcerazione ( ancorché ai domici­liari) di persone innocenti avrà un prezzo elevato, come immagino risulti dalla parcella, ma non ha al­cun valore scientifico: è un eserci­zio accademico di statistica fonda­to su ipotesi errate e risultati in­concludenti

Ilva, la bufala delle ricerche: sbagliati i dati sui tumori - Il rapporto epidemiologico moralmente responsabile dell’in­carcerazione ( ancorché ai domici­liari) di persone innocenti avrà un prezzo elevato, come immagino risulti dalla parcella, ma non ha al­cun valore scientifico: è un eserci­zio accademico di statistica fonda­to su ipotesi errate e risultati in­concludenti. Come si evince da ciò che scrivono gli stessi autori nel capitolo reso disponibile (quello conclusivo). Il primo quesito posto dai commit­tenti c­hiedeva inquinanti e patolo­gie associate. Se la domanda aves­se interessato non l’Ilva ma la vo­stra automobile, la risposta sareb­be stata la stessa. Correttamente gli autori precisano che «stabilire se l’esposizione a un agente sia causalmente associata a effetti sa­nitari è semplice quando l’esposi­zione è condizione necessaria e sufficiente per la patologia». Ad esempio, contraete epatite B se e solo se esposti al virus. Se invece il nesso è casuale (e questo è il caso di cui si tratta qui) le cose si complicano dannatamente e, in particolare, non si può decidere né se gli esposti sviluppano la patologia né se chi l’ha sviluppata lo ha fatto per­ché esposto. Bisogna allora affidarsi al­la statistica, scienza che più di una vol­ta gli epidemiologi hanno dimostrato di non sapere usare. Quelli del rapporto candidamente dichiarano di avere assunto che gli ef­fetti degli inquinanti sono lineari-e­senza- soglia. Grave, gravissimo erro­re, che da solo basta a inficiare tutti i successivi risultati. Per capire l’ipote­si, supponiamo di avere accertato che ingerire in una volta la dose di caffeina contenuta in 200 caffè vi porti all’obito­rio con probabilità 1/2. L’assunzione lineare-senza-soglia dice che con la caffeina di un caffè la probabilità di morire è di 1/400. Attenzione: la pri­ma probabilità detta ( 1/2) è vera ed ac­certata, l’ultima (1/400) è una conget­tura. Ed è sicuramente falsa, ma pur tuttavia utile in ambito protezionisti­co. Altrettanto sicuramente, però, non può essere usata, come fanno gli epidemiologi inesperti, in ambito pa­tologico. Essi così ragionano: se ipotiz­ziamo che la probabilità di morire do­po aver bevuto un caffè è 1/400, allora se 400 individui ne hanno bevuto uno, uno di essi deve perciò essere morto. E se a Taranto ieri mattina 400mila indi­vidui hanno preso un caffè, ieri matti­na sono perciò deceduti 1.000 taranti­ni. L’errore è nell’aver usato quel dato (probabilità 1/400) per valutazioni pa­tologiche. Per capirci: se mi chiedete quanti caffè potete bere in una volta ac­cettando una probabilità di morire di 1/400, io vi suggerisco il limite di un espresso; se accettate una probabilità di morire di 1/200 vi concedo un espresso doppio. Questa è protezio­ne. Passare alla patologia non si può. Lo fecero gli epidemiologi che all’indo­mani della disgrazia di Chernobyl pro­nosticarono decine di migliaia di de­cessi per tumore alla tiroide: furono in­vece registrati, in 25 anni, 15 decessi per tumore alla tiroide, tanti quanti se ne registrano, in 25 anni, in qualun­que altra parte del mondo ugualmen­te vasta. E lo fecero gli epidemiologi che stimarono un incremento del 500% dei casi di leucemia attorno alle antenne di Radio Vaticana: non vi fu al­cun incremento. Gli autori del rappor­to- Ilva precisano che l’ipotesi lineare­senza- soglia è coerente con la norma­le prassi scientifica: sì, ripeto, ma solo in ambito protezionistico. Nei quartieri incriminati gli autori attribuiscono alle emissioni dell’Ilva 9 decessi l’anno per 100mila abitanti, che sono, dicono, l’1,2% dei decessi. Cioè nei quartieri incriminati vi sono 750 decessi l’anno ogni 100mila abi­tanti. A parte il fatto che in Italia muo­iono ogni anno 1.000 persone ogni 100mila abitanti, attribuire precisa causa a 9 casi su 750 può farsi solo con un esercizio accademico di statistica necessariamente inficiato da ipotesi errate. Gli stessi autori lo scrivono: «La popolazione studiata è piccola, il numero di eventi poco numeroso e ciò comporta forte incertezza nelle stime e ampi intervalli di confidenza». È ve­ro che aggiungono: «I risultati sono co­erenti con la letteratura», ma se il loro rapporto farà mai parte della letteratu­ra, anch’esso sarà invocato da un altro rapporto stravagante a sostegno delle proprie stravaganze. Taranto è uno dei principali porti di distribuzione di sigarette di contrab­bando, che la polizia ha trovato con­traffatte, contenenti aggiuntive so­stanze tossiche. Nei quartieri incrimi­nati hanno precarie condizioni socio­economiche, ed è in questi quartieri che i fumatori acquistano sigarette di contrabbando, che costano meno. Hanno gli Autori considerato questo importante fattore? Sulle sigarette so­no inequivocabili: «Non abbiamo avu­to la possibilità di controllare per i fat­tori di rischio individuali il fumo di si­garette ». Di sigarette contraffatte, poi, sembra ne disconoscano l’esistenza. Scrivono, ancora: «Molti lavoratori prima che all’Ilva avevano prestato servizio presso l’Arsenale, al quale ab­biamo chiesto dati che non sono perve­nuti. Non è stato pertanto preso in con­si­derazione questo fattore confonden­te, che però riteniamo estremamente improbabile». Se lo ritenevano estre­mamente improbabile, perché hanno chiesto i dati? A leggere il rapporto sembra che la loro irrilevanza sia emersa solo dopo che ci si è dovuti ras­segnare alla loro indisponibilità. Infine, ma non ultimo, ancora gli stessi autori: «È chiaro che per quanto riguarda i tumori l’esposizione rile­vante è occorsa negli anni ’60-’80». Già, ma i dati di inquinamento sono re­centi, e in quegli anni l’inquinamento dal parco automobilistico, ad esem­pio, faceva impallidire quello di qua­lunque azienda. In tutto ciò che ho letto una cosa è chiara: gli autori si raccomandano che l’indagine epidemiologica prosegua. Ma è, questa, la raccomandazione fi­nale di ogni indagine epidemiologica. I magistrati e i responsabili politici do­vrebbero tenere bene in mente che l’epidemiologia,ancorché interessan­te strumento d’indagine, non è una scienza.