17 agosto 2012
APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO DELLE PUSSY RIOT
REPUBBLICA.IT - CRONACA
MOSCA - Colpevoli di teppismo e incitamento all’odio religioso, condannate a due anni di carcere senza condizionale. Per il tribunale Khamovnichesky di Mosca, le tre cantanti punk del gruppo "Pussy Riot", ormai simbolo del dissenso contro Vladimir Putin, hanno infranto la legge cantando una "preghiera" contro il presidente russo dentro la cattedrale Cristo salvatore di Mosca lo scorso 21 febbraio. La loro canzone è stata giudicata "blasfema, insultante" nella cattedrale. Hanno commesso una "grave violazione dell’ordine pubblico, disturbando la quiete dei cittadini e insultando profondamente le convinzioni del fedeli ortodossi", si legge nella sentenza. Dopo la lettura, le ragazze hanno mantenuto la calma, mentre qualcuno nell’aula ha urlato "Vergogna".
Per la corte presieduta da Marina Syrova, il testo "esprimeva chiaramente l’odio basato su affiliazione religiosa" e l’obiettivo delle ragazze, mosse da "odio religioso", era quello di raggiungere "il circolo più vasto possibile di fedeli, dando pubblicità" al proprio gesto.
Davanti al tribunale, nel distretto di Jamovniki, già diversi arresti, tra cui anche l’ex campione di scacchi Garry Kasparov, malmenato e rinchiuso in un cellulare 1dalle forze dell’ordine, e il coordinatore del Fronte di sinistra, Serghei Udaltsov. Insieme ad altre centinaia di manifestanti, chiedevano la liberazione delle giovani.
In loro sostegno, manifestazioni anche in tutta Europa. "Free Pussy Riot" è lo slogan diffuso in queste ore in decine di piazze per difendere Nadezhda Tolokonnikova, 23 anni, Maria Alekhina, 24 anni, e Yekaterina Samutsevich, 29 anni, in custodia in carcere da cinque mesi.
"Siamo un simbolo". Una situazione che non ha scalfito la grinta delle giovani musiciste, tutte in aula per assistere alla lettura della sentenza. Una di loro, la Tolokonnikova , indossa una maglietta azzurra con un pugno chiuso e la scritta: "No pasaran", e ha rilasciato un’intervista al giornale indipendente Novaya Gazeta - dove lavorava Anna Politkovskaya - fugando ogni ipotesi di pentimento. "Abbiamo già vinto - ha detto - Noi (russi) abbiamo imparato ad arrabbiarci con le autorità e a parlare ad alta voce di politica".
Le ragazze si dicono felici di essere diventate, involontariamente, l’epicentro di un enorme evento politico che coinvolge diverse forze. "Non credo in una sentenza come questa - ha precisato Tolokonnikova - Questo non è un processo: è un’illusione".
"Davvero non ci aspettavamo un processo - ha aggiunto - perché non abbiamo mai commesso alcun reato. Non sospettavamo neanche che le autorità sarebbero state così stupide da perseguitare delle femministe punk anti-putin, dandoci legittimità nello spazio sociale". Due delle ragazze sono giovani madri e lo stesso Putin aveva detto di sperare che la sentenza non fosse "troppo severa".
Le reazioni internazionali. Il caso ha scatenato critiche internazionali e da molti è stato visto come l’ennesimo esempio del pugno di ferro del governo e delle autorità statali contro il dissenso. Tra le star scese in campo in favore delle tre artiste, Madonna, Bjork e l’ex Beatle Paul McCartney, e marce di protesta sono previste anche in Svezia, Francia e Germania.
Il provocatorio gruppo femminista ucraino Femen ha inscenato nel centro di Kiev una manifestazione in sostegno delle colleghe russe, segando una croce 2 in memoria dei milioni di vittime dello stalinismo e chiedendo alla Chiesa di "fermare il sostegno alla dittatura e sostenere lo sviluppo della democrazia e della libertà delle donne".
A Mosca invece diverse statue sono state incappucciate 3 con "balaclava" - i cappucci spesso usati dai corpi speciali - colorati alla maniera di quelli indossati dalle Pussy Riot. Tra i monumenti, quelli dei poeti Alexander Pushkin e Abai Qunanbaiuli, quello dello scienziato Mikhail Lemonosov e statue di eroi della seconda guerra mondiale.
C’è naturalmente anche chi le contrasta, come il gruppo serbo di estrema destra serba, Nasi, che ha lanciato online un gioco intitolato "Spara alle Pussy Riot - morte ai nemici", scrivendo sul proprio sito che le ragazze dovrebbero essere portate in ospedale per essere sottoposte a un trattamento psichiatrico.
(17 agosto 2012)
REPUBBLICA.IT - ARRESTO KASPAROV
Proteste e disordini davanti al Tribunale di Mosca, nel distretto di Jamovniki, dopo la sentenza contro le tre ragazze ritenute "teppiste blasfeme". Tra i manifestanti arrestati c’è il campione di scacchi, Garry Kasparov, malmenato e rinchiuso in un cellulare dalle forze dell’ordine. In manette anche il coordinatore del Fronte di sinistra, Serghei Udaltsov, che, insieme ad altre centinaia di persone, chiedeva la liberazione delle giovani. La cronaca di Nicola Lombardozzi
REPUBBLICA.IT - PUTIN LIGHTS UP THE FIRES
A pochi minuti dalla lettura della sentenza che ha condannato le Pussy Riot a due anni per teppismo e incitamento all’odio religioso, il Guardian ha pubblicato in esclusiva l’audio di un nuovo brano del gruppo punk dal titolo "Putin lights up the fires", di cui proponiamo un breve estratto
REPUBBLICA.IT LE ATTIVISTE FEMEN
Anche le attiviste di Femen - famose per le loro azioni in topless - si mobilitano per il gruppo punk Pussy Riot, sotto processo a Mosca per aver cantato una canzone contro Putin in una cattedrale ortodossa. Il gruppo femminista ha inscenato una protesta a Kiev, tagliando con una motosega una croce di legno.
REPUBBLICA.IT STATUE INCAPPUCCIATE
Statue incappucciate con passamontagna colorati per appoggiare la causa delle Pussy Riot a poche ore dalla sentenza. Succede a Sofia e a Mosca, mentre nelle ultime ore le manifestazioni a favore delle tre ragazze si moltiplicano
CORRIERE.IT - CRONACA
Colpevoli di teppismo a sfondo religioso. Alle 15 di Mosca i giudici hanno letto la sentenza alle Pussy Riot, le tre giovani cantanti punk che si sono esibite in una performance anti Putin nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Barriere di acciaio sono state erette nelle strade attorno al tribunale Khamovichesky e la polizia impedisce l’accesso a pedoni e automobilisti. E dopo ore di lettura della lunghissima sentenza è arrivata anche la condanna a due anni di carcere senza la condizionale. Pena che è stata considerata iniqua e troppo severa dalla gran parte degli osservatori internazionali. Per gli Usa si tratta di una «condanna eccessiva».
LE MOTIVAZIONI - Secondo la corte presieduta da Marina Syrova le tre ragazze hanno suonato una canzone «blasfema, insultante» nella cattedrale, commettendo una «grave violazione dell’ordine pubblico, disturbando la quiete dei cittadini e insultando profondamente le convinzioni del fedeli ortodossi» si legge nella sentenza. Nadezhda Tolokonnikova, 22 anni, Ekaterina Samutsevich, 30 anni, e Maria Alekhina, 24 anni hanno cantato il 21 febbraio scorso, incappucciate e con chitarre elettriche e amplificatori, una ’preghiera punk’ nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore chiedendo alla Madonna di «cacciare Putin» dal potere. Secondo i giudici. il testo «esprimeva chiaramente l’odio basato su affiliazione religiosa» e l’obiettivo delle tre ragazze, mosse da «odio religioso» era quello di raggiungere «il circolo più vasto possibile di fedeli dando pubblicità» al loro gesto. L’accusa aveva chiesto tre anni di reclusione.
SENTENZA POLITICA - La giudice Sirova ha negato che la sentenza di colpevolezza un’«azione politica». Anzi, l’impianto accusatorio punta più sulla blasfemia che sulla protesta anti-Putin. Ma per il presidente del gruppo di Helsinki mosocovita, la veterana russa dei diritti umani Lyudmila Alekseyeva, ritiene che la condanna delle Pussy Riot sia politicamente motivata, che non rispetti la legge, il buon senso e la pietà, ma non arriva di sorpresa. «Come la maggior parte dei processi politici, questo processo non rispetta la legge, il buonsenso, la pietà» ha detto Alekseyeva a Interfax. Ma la condanna «era quasi inevitabile, chi viene messo in custodia cautelare prima del processo su richiesta del pubblico ministero molto raramente viene assolto» ha detto.
I FIGLI DELLE CANTANTI - Più di dieci autobus carichi di uomini dei reparti anti sommossa sono stati parcheggiati nelle vicinanze del tribunale. E più di cento giornalisti hanno ascoltato la sentenza. Due delle Pussy Riot hanno figli piccoli e i loro avvocati hanno già chiesto di ottenerne la custodia legale in caso di condanna, per evitare che vengano dati in adozione ad altre famiglie. «Le mie assistite sperano in un’assoluzione, ma sono pronte a continuare a combattere», aveva detto l’ avvocato difensore delle tre donne prima della sentenza.
Tolokonnikova, dal carcere dove è rinchiusa, aveva parlato nei giorni scorsi di vittoria. «Qualunque sia il verdetto, noi e voi stiamo vincendo. Perché‚ abbiamo imparato ad essere arrabbiati e a dirlo politicamente». Considerata mente e «sex symbol» delle Pussy Riot, la 22 enne cantante ha scritto una lettera ai suoi sostenitori, diffusa dagli avvocati della difesa e pubblicata sul sito della radio Eco di Mosca. Sorpresa per la mobilitazione sorta ovunque Nadia accusa il sistema del suo paese «la nostra detenzione è un segno chiaro e distinto che la libertà è stata sottratta a tutti noi». A suo avviso, la Russia soffre di un «male politico»: la minaccia è «la distruzione della libertà e delle forze di emancipazione del paese».
MOBILITAZIONE - Intanto si mobilitano i sostenitori delle tre ragazze che hanno indetto una giornata di mobilitazione in tutto il mondo, con marce di protesta dall’Europa agli Stati uniti, per chiedere la loro liberazione. Diverse star internazionali sono scese in campo per le giovani artiste, tra cui Madonna, Bjork e l’ex Beatle Paul McCartney. La difesa ha chiesto la piena assoluzione e ha annunciato il ricorso contro qualsiasi sentenza di condanna. E anche la rete si è mobilitata seguendo da vicino su Twitter il destino delle tre donne, con parecchi blogger che si sono schierati affinché le Pussy Riot vengano assolte. Interesse per la vicenda è stato manifestato anche dalla comunità gay. Insomma, queste tre cantanti sono diventate un simbolo di lotta per libertà di un’intera generazione.
ARRESTI E FERMI - Nel frattempo la polizia russa ha fermato l’esponenente di opposizione Sergei Udaltsov e due sostenitori del gruppo punk Pussy Riot davanti al tribunale moscovita Khamovnichesky. Udaltsov, leader del Fronte di Sinistra e capofila dell’opposizione al presidente Vladimir Putin, è stato fermato dagli agenti mentre tentava di superare una barriera posta davanti all’edificio del tribunale e caricato su una macchina della polizia. Altri due sostenitori delle Pussy Riot, uno incappucciato e l’altro che brandiva un cartellone, sono stati fermati. Nell’aula del tribunale nel frattempo è entrato, per assistere alla lettura delle sentenza, Alexei Navalny, l’avvocato blogger tra i più noti rappresentanti del movimento anti-Putin.
FERMATO ANCHE KASPAROV - E c’è anche l’ex campione di scacchi Garry Kasparov tra i manifestanti fermati oggi dalle forze dell’ordine davanti al tribunale. Stanno facendo già il giro dei social network le foto dell’attivista, tra gli esponenti del movimento anti-Putin Solidarnost, che cerca di liberarsi con forza dalla stretta di numerosi agenti che lo portano invece su un cellulare. Secondo stime dell’opposizione, sono oltre 1500 le persone scese oggi in piazza. Stando a cifre dei media ufficiali si tratta di alcune centinaia.
CAUSA A MADONNA- Nel frattempo varie organizzazioni pubbliche di San Pietroburgo hanno un risarcimento di 333 milioni di rubli, circa 10 milioni di dollari, per «danni morali», alla popstar Madonna e agli organizzatori del suo concerto di San Pietroburgo per aver offeso i sentimenti dei fedeli e le tradizioni culturali degli abitanti della città. «La causa intentata dai miei nove clienti è stata depositata alla Corte distrettuale Moskovsky di San Pietroburgo. È stata accolta e l’avvio del udienza devrebbe essere fissato tra poco» ha detto l’avvocato Alexander Pochuyev a Interfax. La causa è contro il Peterburgsky Sports and Concert Complex, sede del concerto di giovedì scorso, l’organizzatore Pmi e la cantante, ha spiegato il legale, secondo il quale i suoi clienti hanno usato «un metodo adeguato, moderno e popolare di difendere i loro diritti, facendo causa».