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 2012  agosto 15 Mercoledì calendario

LE TASSE STROZZANO IL PIL: BEFFATI PURE DALLA SPAGNA

Tracollo della produzione industriale italiana: in dodici mesi ha registrato un calo dell’8,2%, il dato peggiore dell’intera Unione Europea che dal canto suo non se la passa molto bene (meno 0,6% in un mese e meno 2,1% in un anno). Perdiamo anche il derby dei poveri con la malandata Spagna (-6,2%). Nonostante questa caduta ci permettiamo il lusso di rendere difficile l’esistenza alle poche imprese di grossa taglia rimaste (il riferimento all’Ilva e alla Fiat ovviamente non è casuale).A dare la fotografia dei numeri è l’Eurostat, nel giorno in cui ha certificato anche la contrazione del Pil europeo nel secondo trimestre (-0,2% tanto nell’Eurozona quanto nella Ue a 27), dopo un inizio dell’anno a crescita zero. Come dire che la situazione sta lentamente peggiorando.
VERSO L’IMPOVERIMENTO
Il processo di impoverimento dell’Italia marcia con una certa speditezza. Il Pil, in ragione d’anno scende del 2,5%. Peggio di noi solo la Grecia (-6,2%) e il Portogallo (-3,3%). Tutti gli altri, a cominciare dalla solita Spagna fanno meglio. Il record di tasse che pesa sulla nostra economia comincia a dare i suoi frutti di succoso veleno. La Francia è piatta. L’orgogliosa Finlandia che appena una settimana fa dava lezioni di rigore perde l’1%. La Nokia, la più grande imprese del Paese che da sola vale un pezzo importante del suo Pil, sta andando in caduta libera. Proprio ieri è stato ufficializzato il sorpasso: il maggior produttore di telefonini al mondo è diventata la coreana Samsung. Certo tiene la Germania salita dell’1% in un anno con un secondo trimestre del 2012 (+0,3%) migliore delle attese. Vanno bene anche Olanda e Austria con risultati molto vicini a quelli tedeschi. Tuttavia anche la potente locomotiva Parcheggiata a Berlino potrebbe aver bucato una ruota. Ad agosto l’indice Zew che misura le aspettative degli investitori e degli analisti è sceso per il quarto mese consecutivo toccando il minimo dell’anno. Le Borse però festeggiano. Milano guadagna lo 0,85%. Altrettanto Francoforte (+0,94%), Parigi (+0,70%), Madrid (+0,78%) e Londra (+0,56%). Come mai il sorriso? Un po’ perché siamo a Ferragosto e sotto l’ombrellone è sempre preferibile la valigia dei sogni che non il sacco nero. Un po’perché secondo gli operatori è probabile che la Germania si dia una calmata sul fronte del rigore. D’altronde se la sua economia è l’unica nel club euro a crescere (Olanda e Austria sono troppo piccole per contare qualcosa) mentre le altre hanno un profilo piatto quando non addirittura depresso un motivo deve esserci. E il motivo è che la Germania è il Paese ad aver avuto maggiori benefici dalla nascita dell’euro. Di sicuro sono i più bravi. Ma non hanno interesse a rompere il giocattolo. Il nuovo marco post-euro cambierebbe almeno a due contro il dollaro (se non di più). E allora addio all’attivo record della bilancia commerciale: 170 miliardi (più della stessa Cina).
E allora attenzione perché tutto l’orizzonte dell’economia europea appare molto basso. A giugno, rispetto al mese precedente, la produzione industriale è calata dell’1,4%. E nello stesso periodo hanno frenato - tra gli altri - anche Francia (-0,1%), Germania (-0,8%), Olanda (-0,5%), Polonia (-2,0%) e Regno Unito.Ma è il dato sui 12 mesi ad essere particolarmente pesante, perchè nell’Euro - zona - rispetto a giugno 2011 - la produzione industriale è calata del 2,1%, col crollo italiano di proporzioni quasi doppie a quello dell’industria britannica (-4,6%), ma con anche la locomotiva tedesca in rallentamento (-0,4%) e con la Francia in frenata (-2,6%).
AUTUNNO CALDO
Secondo il portavoce del vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn, i dati di Eurostat, tanto su Pil quanto su produzione industriale, «non sono una sorpresa». Ma Confindustria si dice «preoccupatissima » per un «autunno caldo» per l’industria e l’occupazione. A parlarne, rispondendo all’allarme lanciato nei giorni scorsi dal ministro del Lavoro Elsa Fornero, è stato il vicepresidente di Confindustria per il Mezzogiorno, Alessandro Laterza, secondo il quale l’Italia «non si può permettere il lusso di perdere altri pezzi», né può continuare a vivere di cassa integrazione: «Se non si fa qualcosa per l’industria e il tessuto produttivo, i conti pubblici non torneranno mai».