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 2012  agosto 15 Mercoledì calendario

VATILEAKS, ORA È CACCIA AI MANDANTI SEGRETI

ROMA — Le alte gerarchie vaticane e gli avvocati degli imputati (due) alzano la voce per dire che non è Vatileaks, che lo scandalo va ridimensionato. Sottolineano, minimizzando, come gli unici su cui si stia istruendo un processo al Tribunale di Stato della Città del Vaticano sono l’aiutante di camera del Papa, Paolo Gabriele, 46 anni, e l’impiegato informatico presso la Segreteria di Stato, Claudio Sciarpelletti, 48 anni. Gabriele, terminale vaticano della fuga di notizie, è agli arresti domiciliari da due mesi e mezzo per furto aggravato dopo che in casa gli sono stati trovati «un rimasuglio » di documenti riservati, un assegno da 100 mila euro intestato a “Santidad Benedicto XVI”, una pepita d’oro, un’edizione preziosa dell’Eneide tradotta da Annibal Caro e dopo che ha confessato di essere stato il suggeritore del libro “Sua santità” di Gianluigi Nuzzi. Sciarpelletti è imputato solo di favoreggiamento.
Ecco, ci sono due presunti colpevoli, basta con le illazioni. Almeno ufficialmente. Ma è lo stesso giudice istruttore Piero Antonio Bonnet ad aver scritto lungo le 19 pagine che illustrano il rinvio a giudizio: «Le indagini vanno avanti». L’istruttoria è chiusa «solo in maniera parziale» perché «non ha portato ancora piena luce su tutte le articolate e intricate vicende».
Già, in quelle pagine le contraddizioni di 75 giorni di indagini non si spengono, anzi si esaltano. A partire dalle tre dichiarazioni differenti dell’informatico Sciarpelletti, che prima dice di conoscere superficialmente Gabriele e alla fine rivela di aver fatto le vacanze con lui e famiglia. Negli interrogatori di Sciarpelletti — arrestato il 25 maggio e rilasciato il 26 — si affacciano i primi tre nomi (oscurati per ora con le lettere X, Y e W) di persone che avevano lasciato all’impiegato della Segreteria di Stato alcuni documenti da consegnare proprio al cameriere del Papa. «Ricordo di aver ricevuto una busta con appositi timbri da W per consegnarla a Gabriele...», ha rivelato Sciarpelletti. «Paolo Gabriele mi chiese di incontrare W e, suo tramite, di conoscere Y», ha aggiunto. Ancora: «Ricordo solo adesso di aver ricevuto una busta simile di cui ignoro il contenuto da parte
di X nel dicembre 2011 o gennaio 2012».
La prima busta Sciarpelletti l’avrebbe dimenticata due anni nel cassetto, la seconda l’avrebbe consegnata. A chi? «Per il mio lavoro capita di portare corrispondenza per l’aiutante di camera e per il segretario del Santo Padre». L’informatico avrebbe consegnato documenti entrati nell’istruttoria (e quindi considerati illegalmente trafugati) anche a Padre Georg Ganswein, figura centrale all’interno del Vaticano, da molti considerata in antitesi con il segretario di Stato Tarcisio Bertone. È probabile, stando a quanto si legge nelle carte ufficiali, che le indagini del procuratore vaticano proseguano anche nei confronti di Padre Georg. Chi erano infine X, Y e W, coloro che chiedono a Sciarpelletti di consegnare
buste riservate al cameriere infedele? Persone con libero accesso alla Segreteria di Stato e al segretario personale di Ratzinger.
Nell’istruttoria vaticana ci sono venticinque nomi oscurati, siglati
dalla A alla Y, e di questi solo tredici sono testimoni. Per altri dodici è lecito pensare che le indagini siano aperte. Tra i “nomi in sigla” c’è “B”, in un primo tempo identificato con il rettore della chiesa di Santo Spirito in Sassia, monsignor Josep Bart, polacco. In passato Bart ha difeso l’uomo che trasformò da lavascale a cameriere del Papa, Paolo Gabriele appunto, ma ora nega di essere lui il “B” indicato nell’istruttoria e nega di essere lui il padre spirituale di Gabriele, di aver distrutto i documenti segreti che gli girò in copia. Il signor “E”, si scopre ancora dalle carte, ha consegnato materiale direttamente al giornalista Nuzzi. Perché, allora, non è stato indagato? E questo nonostante sia stato perquisito?
Sì, le carte con cui il Vaticano ha rinviato a giudizio Paolo Gabriele
e Claudio Sciarpelletti sembrano solo l’inizio di una lunga vicenda processuale. Già oggi il promotore di giustizia ipotizza reati ben più gravi del furto e del favoreggiamento: delitti contro lo Stato e i suoi poteri, vilipendio delle istituzioni, concorso di più persone in reato. Il processo sarà pubblico, si terrà nel palazzo del Tribunale in Vaticano, dopo il 20 settembre ed entro novembre. L’infedele Gabriele, distrutto sul piano personale dalle perizie psichiatriche («affetto da un’ideazione paranoide con sfondo di persecutorietà»), sospeso dal servizio ma non dallo stipendio, rischia da uno a sei anni di carcere. Il programmatore della Segreteria di Stato rischia poco e potrebbe riottenere il posto di lavoro (lo stipendio continua a percepirlo).