Albero Gaino, La Stampa 15/8/2012, 15 agosto 2012
“PER FARMI PROSTITUIRE TENEVANO IN OSTAGGIO LA MIA BAMBINA”
Una giovane romena si presenta il 6 agosto alla stazione dei carabinieri di Campidoglio e racconta una storia drammatica: «Sono stata costretta a prostituirmi da una coppia di connazionali. Tenevano in ostaggio la mia bambina di un anno». I carabinieri avvertono il pm Paolo Scafi che, di fronte all’enormità del caso, convoca un paio di testimoni e, riscontratene - parola chiave nel gergo giudiziario le dichiarazioni, dispone il fermo dei due anche per il più grave reato di riduzione in schiavitù. L’11 agosto il gip Stefano Vitelli - giudice del caso Garlasco, uno dei più controversi degli ultimi anni convalida il provvedimento, ma solo per sfruttamento della prostituzione.
I protagonisti Marius Rubla, 30 anni, e la compagna Elena Cristina Feraru (25) restano in carcere senza che si sia chiarito, per ora, l’aspetto più agghiacciante di questa storia: la piccola, nata ad aprile 2011, era prigioniera nella loro abitazione di via Carlo Alberto 2?
La cronaca giudiziaria consegna luci e ombre dell’accusa più pesante. Nei fascicoli dei processi non c’è mai la verità storica dei «fatti per cui si procede». Solo ciò che dimostrabile. Semmai, vi si parla di vero o falso, categorie più adeguate al contesto. «Vedere ciò che si svela» è la felice sintesi che ne dà Umberto Galimberti.
Il racconto In Rashomon, Akira Kurosawa, uno dei più grandi registi, affrontò le luce e le ombre di un racconto proponendo, una dopo l’altra, le diverse versioni dei protagonisti. La vittima riferisce a carabinieri e pm: «Fui convinta da quei due a venire in Italia con la promessa di un lavoro in un ristorante. Arrivai a maggio insieme con mia figlia e scoprii subito che mi aspettava tutt’altro. Elena Feraru e il suo uomo mi dissero che dovevo prostituirmi per loro. La donna mi picchiava e picchiava anche la bambina. Finii in strada: non avevo alternative. E consegnavo loro tutto il denaro che guadagnavo. Avevano sequestrato passaporto e certificato di nascita della bambina».
La donna racconta di essersi confidata con un cliente e con un’altra romena che si prostituiva nei suoi paraggi: «Sono loro che mi hanno dato il coraggio di scappare con la bimba». Era il 21 luglio. La giovane va a rifugiarsi in casa dell’amica. Il pm Scafi ottiene dai due testimoni la conferma del racconto. E, quando invia i carabinieri in via Carlo Alberto, questi trovano i documenti della piccola chiusi in un armadio.
L’altra versione L’avvocato Carola Casella, difensore d’ufficio di Elena Feraru, insinua le ombre in questo racconto: «La mia cliente è cognata della parte lesa, che ne ha sposato un fratello. Lei sostiene cheavevano concordato sin dalla Romania ogni cosa: l’altra si sarebbe prostituita, lei le avrebbe tenuto la bimba. Per questa attività a tempo pieno è stata pagata. Nell’appartamento vivevano altre due romene, anch’esse prostitute, e il solo loro rapporto con la coppia arrestata era di subaffitto».
Sull’aspetto Elena Feraru aguzzina, il legale si sofferma sulla sua stazza: «E’ uno scricciolo di donna, io non ce la vedo a menar botte».
La difesa L’avvocato Elisabetta Corbelletti assiste con il collega Cassini l’uomo di questa storiaccia. Lei sostiene sul giovanotto: «Dagli atti la sua posizione appare defilata. È disoccupato ma non può essere una prova contro di lui. Ha un precedente penale ma per reati contro il patrimonio. Non mi permetto di giudicare la parte lesa. A Torino vivono la madre e un fratello di lei. Non sono stati ancora sentiti».