Clara Colombatto, La Stampa 15/8/2012, 15 agosto 2012
DAI GRANDI LAGHI SOTTERRANEI L’ACQUA PER SALVARE L’AFRICA
La scoperta di cinque miliardi di metri cubi d’acqua potrebbe cambiare la vita a 800 000 persone che ogni giorno in Namibia muoiono per la sete, la siccità e la mancanza di servizi igienici. Dopo cinque anni di indagini con trivellazioni e immagini elettromagnetiche, un team di ricercatori dell’Istituto federale tedesco di geologia e risorse naturali (BGR), ha ricostruito un «puzzle gigante» delle risorse idriche del paese.
Le aride regioni del Nord della Namibia, Ohangwena e Oshana, poggerebbero secondo gli studiosi su vastissimi bacini formatisi 10.000 anni fa, quando l’acqua piovana confluiva dalle pendici di una montagna situata nel vicino Angola e si infiltrava nel sottosuolo attraverso la sabbia e le microfessure della roccia. Oggi le gocce accumulatesi secolo dopo secolo sono un bacino di oro blu vasto «cinque miliardi di metri cubi, o forse fino a tre volte più», una preziosissima risorsa che potrebbe fornire «acqua al 40 per cento della popolazione per 400 anni»
Lo studio namibiano, pubblicato a fine luglio, fa eco alla scoperta dello scorso aprile delle vastissime riserve idriche che attraversano tutto il continente. I ricercatori dell’Istituto di studi geologici britannico (BGS) avevano allora tracciato la prima mappa di bacini sotterranei su scala continentale trovando 660 000 chilometri cubi di acqua, un volume cento volte maggiore di quello che si trova in superficie.
Per quanto promettente fosse la scoperta di risorse idriche in un continente paralizzato dalla sete e dalla siccità, il team britannico aveva avanzato diverse perplessità sui numerosi problemi che l’estrazione di acqua senza studi approfonditi avrebbe portato. Senza ricerche mirate, si corre il rischio di un eccessivo sfruttamento delle risorse idriche che svuoterebbe il sottosuolo troppo in fretta perché l’acqua piovana possa supplire. Delicata è anche la questione della distribuzione dell’acqua estratta: un’eccessiva irrigazione potrebbe destabilizzare gravemente l’ecosistema. Per sfruttare al meglio le miniere di oro blu in Africa, è necessario uno studio Paese per Paese sulla natura del suolo e dei ritmi di rinnovo delle falde.
Ecco allora che a queste perplessità hanno risposto gli studiosi tedeschi, restringendo la ricerca da una scala continentale al sottosuolo namibiano. Se le risorse idriche del sottosuolo solo in Namibia salverebbero 800.000 persone, studi in altri paesi del continente aprirebbero uno spiraglio per la quasi totalità dei 300 milioni di africani che non hanno accesso all’acqua potabile. Se l’acqua cristallina delle falde potesse essere utilizzata dalla popolazione con pompe manuali, si eviterebbe l’80 per cento delle malattie che colpiscono l’Africa e che sono dovute alla mancanza di acqua pulita come diarrea, colera, tifo e altre infezioni. Queste ogni anno uccidono 1,8 milioni di bambini, e fanno sì che il 50 per cento di tutte le persone che vivono nei paesi in via di sviluppo soffrono, in un determinato momento, di un problema sanitario causato da carenze idriche e igienico-sanitarie.
Queste malattie comportano anche problemi per l’educazione, perché ogni anno 443 milioni di giorni di scuola vanno persi, e le donne africane si allontanano per giorni alla ricerca d’acqua abbandonando i loro bambini. Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), oltre a questi costi umani menziona la crisi idrica e igienicosanitaria, che «frena la crescita economica: in Africa circa 40 miliardi di ore di lavoro l’anno sono spese alla ricerca di fonti d’acqua, e l’ Africa subsahariana perde ogni anno il 5 per cento del PIL, una cifra di gran lunga superiore a quello che la regione riceve in aiuti». Sul lungo termine, investire sull’oro blu è molto profittevole: sempre secondo l’ UNDP, «per ogni dollaro investito in infrastrutture idriche e igieniche, se ne ricavano 8 in aumento di produttività».
Le risorse idriche del sottosuolo in questo momento sono una fonte di approvvigionamento molto importante per l’Africa, soprattutto perché non sono toccate dal surriscaldamento che sta travolgendo il continente prosciugando i bacini di superficie. Spiega Alan Mac Donald, responsabile dello studio pubblicato ad aprile: «L’acqua sotterranea resisterà più facilmente ad un aggravamento della siccità in superficie». Nel 2011 l’Africa ha visto la peggiore siccità degli ultimi 60 anni. Di lì la fame, le migrazioni, le rivolte, le guerre. Per ora il surriscaldamento non sembra migliorare, e tantomeno i problemi sociali che seguono alla mancanza d’acqua. Ma per un litro di acqua prosciugato dal surriscaldamento sotto gli occhi degli africani ce ne sono venti nascosti sotto i loro piedi. Se usato con prudenza e attenzione, come gli studi in Namibia sembrano promettere, l’oro blu del sottosuolo potrebbe salvare il continente.