Paolo Mastrolilli, La Stampa 15/8/2012, 15 agosto 2012
BANCHE RUSSE E BENZINA ANGOLESE COSÌ ASSAD AGGIRA L’EMBARGO USA
L’ex premier siriano Riyad Farid Hijab, nella sua prima apparizione pubblica da quando ha abbandonato il Paese, ha detto ieri in Giordania che il regime di Assad sta «cadendo a pezzi, moralmente, materialmente ed economicamente». Una prova di questo fatto sta nello scoop pubblicato dal Wall Street Journal, secondo cui Damasco ha cercato di usare le banche russe per aggirare le sanzioni internazionali e continuare a vendere il petrolio con cui finanziava la repressione. Ora però queste trame sono state scoperte e la resistenza di Assad è diventata più complicata, anche se il capo del Pentagono Panetta ha dichiarato che la creazione di una no fly zone sulla Siria non è imminente.
Il Wall Street Journal ha ottenuto documenti molto recenti che descrivono le trame del regime. Damasco non è un grande produttore internazionale di petrolio: circa 360.000 barili al giorno, che corrispondono a meno dell’1% del totale estratto in tutto il mondo. Ma una volta tolti i 150.000 barili destinati a soddisfare il fabbisogno interno, ne restano abbastanza da esportare per incassare circa 380 milioni di dollari al mese. Non si tratta di una cifra enorme, ma in una situazione come quella della guerra civile siriana, questi soldi rappresentano un vantaggio importante per Assad.
I clienti tradizionali che acquistavano il petrolio siriano erano in Europa: Italia, Spagna, Germania. Le sanzioni imposte da Bruxelles e dagli Stati Uniti, però, hanno chiuso questi canali. Quindi il regime si è rivolto altrove per risolvere i suoi problemi, che erano da una parte continuare a vendere il greggio e dall’altra comprare il carburante diesel di cui aveva bisogno per muovere la macchina militare. La soluzione è stata individuata nella Russia, che non solo non si sente obbligata a rispettare le sanzioni europee e americane, ma ha anche impedito con il suo veto che l’Onu adottasse provvedimenti più stringenti e globali contro Damasco.
I leader della banca centrale siriana e della compagnia petrolifera Sytrol hanno trovato proprio a Mosca il canale per vendere il greggio fuori dal sistema delle sanzioni, e quindi acquistare in Angola il carburante diesel. Hanno firmato undici contratti per l’esportazione del petrolio indicando degli intermediari russi, tra cui Gazprombank e Novikombank, per ricevere i soldi attraverso società offshore. Con questi profitti, poi, il regime ha comprato 200.000 tonnellate cubiche di diesel dalla compagnia petrolifera statale dell’Angola, Sonangol, attraverso l’azienda sudafricana Avon Oil Trading.
Questi passaggi dimostrano quanto sia complessa la macchina che finora ha tenuto in piedi il regime, che nel frattempo avrebbe dimezzato le sue riserve di 17 miliardi di dollari in valuta straniera. Il premier Hijab era il destinatario dei documenti ottenuti dal Wall Street Journal, conosceva il meccanismo e i problemi a cui andava incontro, e forse le sue dichiarazioni sulle difficoltà di Assad sono basate anche su questo fatto.
Sul terreno continuano gli scontri, ad Aleppo e in altre zone, ma il capo del Pentagono Panetta, come detto, ha affermato che la creazione di una no fly zone non è imminente, anche perché ci sono altri segnali dell’indebolimento del regime.