Stella, Sette 17/8/2012, 17 agosto 2012
L’AVVOCATO TRINCHETTO
[Un professionista aveva chiesto alla Regione Sardegna una parcella superiore al costo di tutta la Corona britannica. Una sentenza l’ha ridimensionato] –
«Cala cala, Trinchetto!». I giudici, ci mancherebbe altro, non lo scrivono, ma il senso della sentenza del tribunale di Roma sul braccio di ferro tra la Regione Sardegna e un avvocato che aveva presentato la parcella più strabiliante del pianeta potrebbe essere riassunto proprio in quella risata che chiudeva un antico carosello dove il mitico Capitan Trinchetto, mentre raccontava le sue mirabolanti avventure («ero lì che me ne andavo bordesando bordesando quando ti incrocio la nave di Ulisse che stava ancora cercando Penelope…»), veniva invariabilmente bloccato: «Cala cala, Trinchetto!».
«Bordesando bordesando» nei dintorni degli incarichi professionali ricevuti dall’amministrazione regionale di destra guidata da Mauro Pili, l’eccellentissimo avvocato Giovanni Contu navigava sul velluto. Finché Renato Soru, che a Pili era subentrato, non aveva scoperto che il legale patrocinava anche delle cause mosse dalla opposizione destrorsa contro la nuova amministrazione ulivista per la quale contemporaneamente continuava a lavorare. E aveva rotto i rapporti.
A quel punto l’avvocato scaricato aveva presentato una parcella stratosferica per una serie di incarichi. Tra i quali il contrasto alla vendita decisa da Roma di diversi beni demaniali come l’ex manifattura dei tabacchi di Cagliari e lo stagno di Molentargius, beni che ad avviso della Regione, in caso di dismissione, avrebbero dovuto passare automaticamente, per legge, all’ente autonomo locale. Diceva di essersi occupato, Contu, di beni per oltre 70 miliardi di euro. Quindi, in base ai suoi calcoli, aveva chiesto per il saldo delle sue prestazioni professionali la bellezza, come dicevamo, di 72 milioni e mezzo.
Tanto per dare un’idea: 14 in più di quanto erano costati l’anno prima la Regina Elisabetta, Buckingham Palace e tutta la Corona britannica. O se volete più di quanto costano in un anno i consigli regionali della Liguria, dell’Umbria e delle Puglie messi insieme.
occasione sfumata. Qualche giorno fa la seconda sezione del tribunale di Roma, nella persona del giudice monocratico Laura Scalia, ha emesso infine la sentenza. Che in 24 pagine ha smontato pezzo per pezzo le pretese dell’esoso avvocato. Citiamo un solo passaggio: «Nel caso della liquidazione degli onorari a carico del cliente, l’indagine che il giudice di merito è chiamato a compiere è quella di verificare l’attività difensiva che il legale ha dovuto apprestare tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l’importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato rispetto all’effettivo valore della controversia, per una esagerata ed assolutamente ingiustificata implementazione della misura della pretesa, del tutto sproporzionata a quanto attribuito alla parte assistita».
Quindi? Punto per punto, la magistratura ha ridotto le pretese dell’ingordo legale stabilendo quali erano gli importi corretti per «studio controversia, consultazioni con il cliente; ricerca documenti; redazione ricorso introduttivo; assistenza udienza di trattazione; redazione memoria» e così via. Risultato finale: la condanna della Regione Sardegna a pagare non quei 72 milioni di euro che venivano pretesi ma 116.655. Seicento volte meno.
Una buona notizia. Sia perché le casse pubbliche non hanno proprio bisogno di nuovi salassi, sia perché è la prova che qualche volta, alla fine, vince il buon senso. Con buona pace dell’avvocato Contu che ha visto sfumare l’occasione di prendere in una botta sola più di quanto hanno guadagnato in moneta attuale (1.108.000 euro complessivi in quattro anni di mandato) tutti i presidenti americani dell’ultimo secolo messi insieme. Faccia il bravo, avvocato: si tenga quei soldi e non ci provi neanche a fare ricorso. Agli occhi degli italiani, di questi tempi, sarebbe offensivo.