Massimo A. Alberizzi, Corriere della Sera 17/8/2012, 17 agosto 2012
LA STRAGE DEI MINATORI IN SCIOPERO
NAIROBI — L’ultima volta che la polizia sudafricana ha sparato su lavoratori in sciopero è stato prima del 1994, quando cioè il Paese era sotto le ferree regole dell’apartheid. Erano stati gli agenti bianchi a massacrare quelli che protestavano. Ieri invece sono stati i poliziotti neri a uccidere almeno diciotto minatori, anche loro neri, a Marikana, a cento chilometri da Johannesburg, dove c’è la terza miniera di platino del mondo. Una «violenza insensata», l’ha definita il presidente Jacob Zuma: «Nel nostro ordine democratico — ha affermato — c’è spazio per risolvere ogni disputa con il dialogo, senza infrangere la legge né ricorrere alla violenza». La situazione è complessa perché il sindacato dei minatori si è spaccato e la parte più dura e contestatrice ha una struttura propria.
L’ondata di violenza è iniziata il 10 agosto (almeno dieci morti da venerdì scorso) con una guerra di bande tra la vecchia (ma burocratica) National union of mineworkers (Unione nazionale dei minatori, Num) e la più combattiva neonata Association of mineworkers e construction union (Unione dei minatori e dei costruttori associati, Amcu). Questi ultimi chiedono, oltre a migliori condizioni di lavoro, che la paga sia portata a 1.500 euro e hanno proclamato uno sciopero a oltranza. I minatori dell’Amcu hanno picchettato gli ingressi della miniera impedendo ai loro colleghi del Num di entrare.
Ieri la polizia ha aperto il fuoco sui dimostranti, più o meno 3.000, armati di machete e bastoni nonostante l’ultimatum di disarmare lanciato poche ore prima. I manifestanti si erano ammassati su una collina senza recedere dalle loro richieste. Ufficiali delle forze dell’ordine e sindacalisti del Num hanno tentato una mediazione. La risposta: «Siamo pronti a morire per far rispettare i nostri diritti». «Non c’è stato niente da fare — ha detto un ufficiale di polizia alla Reuters —. Siamo stati costretti a disperdere con la forza il sit-in».
La compagnia Lonmin, che ha l’appoggio del governo, sostiene che lo sciopero sia illegale ed è per questo che ha chiesto l’intervento della polizia. Ieri uno dei suoi portavoce ha dichiarato: i minatori che non torneranno al lavoro entro venerdì, cioè oggi, saranno licenziati.
I lavoratori sono in subbuglio anche in altre miniere del Paese. In gennaio tre minatori sono stati uccisi in incidenti simili nel più grosso giacimento di platino del mondo (poco lontano da Marikana). Lo sciopero a oltranza proclamato il 10 agosto ha obbligato la Lonmin a chiudere tutte le operazioni in Sudafrica. Secondo la società, in sei giorni si sono perse 15.000 once di platino. Sarebbe quindi a rischio il risultato previsto annuale di 750 mila once.
Ieri sul listino di Londra le azioni della Lonmin sono scese del 6,7 per cento. Da notare che hanno perso più del 12 da quando è cominciata la protesta. Ma più che i pessimi risultati economici rischia di pesare sulla società la perdita di immagine. Qualcuno in Sudafrica insinua che grazie alla Lonmin è tornata la violenza dell’apartheid.