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 2012  agosto 17 Venerdì calendario

LA GERMANIA NON CHIUDE PER FERIE

A Ferragosto Berlino era invasa dagli italiani. Hanno trovato una metropoli in cui tutto funzionava, e dai negozi aperti. «Ecco perché loro ci battono», ha commentato un mio amico di Roma, «loro lavorano sempre». «Qui il Ferragosto non esiste», gli spiego. «Quando l’hanno abolito?». «Non c’è mai stato». «Sei sicuro?».

Queste sono le domande che scatenano i miei istinti omicidi. È una festa cattolica, la celebrano in Baviera, la Prussia è protestante, spiego. Lui continua a guardarmi scettico.

La notizia di Ferragosto è che la Germania stabilirà nel 2012 un nuovo record delle esportazioni con un attivo di 210 miliardi di euro, più della Cina, e dei paesi che vendono petrolio. Quella dall’Italia sui giornali tedeschi, regolarmente in edicola, riguarda le vacanze di Gianfranco Fini a Orbetello. Ai lettori berlinesi non interessa chi sia il responsabile, ma il fatto in sé, nessuno qui si permette villeggiature goldoniane per due mesi e mezzo, circa.

I bambini dei miei vicini sono già a scuola, dopo sei settimane, come la Cancelliera, che da Bayreuth all’Alto Adige si è concessa una quindicina di giorni di riposo, senza una squadra di bodyguard al seguito. Anche per questo, Frau Angela incontra qualche difficoltà nel convincere i suoi connazionali che sia un bene prestare i loro risparmi a noi latini, a occhi chiusi. Se sganciano, vogliono controllare. La Banca centrale di Atene, leggo ancora, ha speso 50 milioni di euro in pubblicità per se stessa, mentre i pensionati greci non hanno da mangiare.

Non vorrei essere frainteso, e che Monti abolisse anche il sacro Ferragosto italico. Tra feste cattoliche e protestanti, ponti e settimane corte, i tedeschi lavorano meno di noi. Lavorano meglio? Forse neanche questo. Temo che sia inutile restare più a lungo in fabbrica o in un ufficio se quel che si produce non viene venduto.

La Germania che esporta troppo è di nuovo sotto accusa in Europa, mette nei guai i partner. I tedeschi si irritano: cosa dovremmo fare? Rifiutare di vendere Vw e Bmw? Da Bruxelles si chiede di rilanciare la domanda interna, e far comprare più all’estero. Ma cosa? La sera di Ferragosto con un altro mio amico italiano, un celebre attore, siamo andati a cena nel minuscolo ristorante di un ex architetto napoletano che qui ha dovuto cambiare mestiere (con successo). Lusingato dall’ospite che gli conducevo, ci ha offerto mozzarelle appena giunte dalla Campania. Le ho anch’io in frigo, ma sono prodotte da bufale che pascolano in Prussia, altrettanto buone, meno costose, e sicure. I tedeschi non dimenticano le mozzarelle made in Italy che diventavano blu.

Al mercato trovo i fichi d’India, meno cari che a Trastevere, vengono dalla Turchia, come l’uva e i cocomeri, regolarmente senza semi come pretendono i clienti. Il mio vicino greco vende olio prodotto a Creta e olive del Peloponneso, ma non credo che possa salvare la bilancia dei pagamenti della sua Ellade. I tedeschi comprano le 500, ma qual è il margine di guadagno di Marchionne sulla mitica utilitaria in confronto a una Mercedes o una Bmw?

Un’altra accusa è che le imprese tedesche paghino poco i loro operai. In base alle cifre, mi sembra, che la paga sia quasi il doppio rispetto alle nostre, qui i servizi sono migliori, dalla sanità ai trasporti, e il costo della vita inferiore. La pensione è sacra, il traguardo si allontana, ma a piccoli passi. Infine, si rimprovera, questa sarebbe una società chiusa, si impedisce agli stranieri di esercitare alcuni mestieri, con una legge medievale che impone agli artigiani di ottenere un diploma che attesti le loro qualità. Impossibile per chi viene da fuori, si sostiene. Basterebbe imparare un paio di parole di tedesco. E se vado a tagliarmi i capelli vorrei essere sicuro che il barbiere conosca la sua arte, come il sarto, o il cuoco. Il Medioevo è meglio della sua fama.

La verità poi è che, diploma o no, gli artigiani teutonici sono pessimi, e poco disposti agli straordinari. L’ennesima libreria (amo la carta) me l’ha costruita un falegname polacco, mentre attendo ancora il preventivo di una ditta berlinese. E un suo connazionale mi ripara il computer che fa i capricci sempre al venerdì sera, lavorando durante il sacro weekend. La Germania non è affatto una roccaforte nazionalista, la nuova Berlino è stata ricostruita dal genovese Piano, e Abbado avrebbe potuto dirigere a vita la Filarmonica, se lo avesse voluto. Porte aperte per chi ha talento. I ristoranti italiani sono un migliaio, seguiti da turchi, giapponesi, cinesi, perfino australiani, dove si gusta il canguro. Ma lo spread non si combatte a tavola. Infine, per non barare, i tedeschi si comportano come noi a Ferragosto per la Pentecoste, festa mobile. O quasi. Anche allora tutto continua a funzionare, dal metrò ai musei.