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 2012  agosto 17 Venerdì calendario

NON SERVE METTERE ALLA GOGNA CHI NON FA SCONTRINI

Nemmeno il Solleone ha fermato le incursioni della Guardia di finanza. Ormai è una costante, quella delle zone o delle categorie soggette all’attenzione della polizia tributaria. Similmente, ricorre negli impegni dei partiti come del governo la “lotta all’evasione fiscale”. Anzi, imperterriti i sindacalisti invocano più lotta per colpire gli evasori, nella dichiarata certezza che pagando tutti si paghi meno. Ritornelli simili si ascoltano da anni. Non è fuori luogo fissare, invece, qualche indicazione controcorrente. Intanto, le cifre snocciolate dalla Finanza dovrebbero sempre recare un aggettivo, piccolo piccolo ma regolarmente omesso: presunto. Gli evasori, totali o parziali, sono sempre presunti, posto che la percentuale di soccombenza dell’amministrazione finanziaria di fronte alla giustizia tributaria in più anni è stata superiore alle vittorie (non è un caso che si sia cercato di modificare la composizione delle commissioni, così da avere giudici più domestici e quindi di sentenze più favorevoli, per lo Stato, s’intende). Le cifre indicate sono sempre presunte, tant’è vero che alla fine è grasso che cola se all’erario arriva un quinto di quanto sbandierato orgogliosamente. Ancora: è del tutto fuorviante l’uso di termini come “accertare” e “accertamento”, posto che non vi è alcuna certezza oggettiva, bensì soltanto una mera indicazione di parte, che può subire il vaglio di ricorsi da parte del contribuente. L’esperienza insegna, inoltre, che mai il recupero di evasione è servito a diminuire il carico fiscale. Stato ed enti pubblici hanno sempre speso più di quanto abbiano introitato. È dunque una colossale bufala quella che viene riciclata in continuazione, che le somme recuperate serviranno a fare scendere il peso dei tributi. A riprova si può vedere il costante fallimento dei tentativi di avviare concretamente un’operazione efficace attraverso uno specifico fondo, nel quale far affluire gli introiti della lotta all’evasione, per finanziare diminuzioni di aliquote. Quanto alla gogna mediatica, culminata in campagne radiotelevisive che hanno mostrato il supposto evasore come una reincarnazione di Jack lo squartatore, c’è da chiedersi perché non siano mai state attivate altrettante iniziative di condanna nei confronti degli ideatori e facitori di sprechi pubblici. L’elenco delle spese superflue e assurde è più lungo della fame: vi sono giornalisti che vi hanno creato sopra la propria fortuna professionale ed economica, vendendo centinaia di migliaia di copie di libri nei quali denunciavano la sfrenata fantasia dei pubblici amministratori nel gettare dalla finestra il denaro dei contribuenti. Infine, sarebbe opportuno ricordare che l’evasione non è una causa, bensì un sintomo dei mali italici. L’evasione è favorita da un fisco esoso e complesso, aberrante e vorace, incivile e mutevole nelle troppe disposizioni che lo reggono. A pressioni fiscali elevate corrisponde un’evasione elevata. Quando la spesa per eludere e il rischio di evadere non valgono la pena, cioè di fronte a un fisco ragionevole nelle pretese, l’evasione scende. Molteplici esperienze hanno storicamente attestato che le entrate fiscali salgono al calare delle aliquote ossessive.