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 2012  agosto 15 Mercoledì calendario

Il carabiniere che ha sanato la più incredibile Asl d’Italia - Adesso è anda­to a fare surf sulle dune di sabbia di Jeri­coacoara, nel nord del Brasile

Il carabiniere che ha sanato la più incredibile Asl d’Italia - Adesso è anda­to a fare surf sulle dune di sabbia di Jeri­coacoara, nel nord del Brasile. Un eser­cizio di tutto riposo in confronto all’ana­bas­i cominciata nel­l’aprile 2011 e terminata lo scorso 31 lu­glio. Al colonnello dei carabinieri Mauri­zio Bortoletti, 47 anni, torinese, negli ulti­mi 16 mesi è toccato un incarico non me­no impegnativo di quelli routinari per l’Arma,tipo scoprire assassini e catturare mafiosi: commissario straordinario del­l’Azienda sanitaria locale di Salerno. Det­to così, dice poco.Ma si dà il caso che que­st­a Asl campana sia la più complessa d’Ita­lia, abbia 8.300 dipendenti che costano 55 milioni di euro al mese solo di stipendi, conti 11 ospedali e fatturi 1,6 miliardi di euro l’anno, cioè poco meno di un terzo dei ricavi operativi di Trenitalia. E questo sarebbe ancora niente. Quando l’ufficia­le dei carabinieri l’ha ereditata, perdeva 740.000 euro al giorno, con un deficit com­plessivo iscritto a bilancio pari a 1,58 mi­liardi di euro. Quando l’ha lasciata,l’avan­zo di gestione del 2012 era pari a 11 milio­ni di euro. Altro che spending review. Nella storia d’Italia il colonnello Bortoletti è il primo e unico esempio di risanamento dei conti pubblici manu militari. Ma senza sparare un solo colpo: «Non ho denunciato, san­zionato o rimosso nessuno, né ho minac­ciato di farlo. Ho semplicemente ripristi­nato la normalità funzionale ». Lui la chia­ma «asciugatura dei costi». Potenza della divisa: in un anno e mezzo ha consentito un mancato spreco di circa 200 milioni di euro. Che sono pur sempre 387 e passa mi­liardi delle vecchie lire. E sì che di storture all’apparenza degne d’interesse per la magistratura gliene so­no capitate sott’occhio fino all’ultimo giorno.«Ricordo una delibera per l’acqui­sto di 9 televisori e di un videoproiettore per un reparto di oncoematologia. Tota­le: 9.000 euro più Iva. Non sapevo se ride­re o se piangere, perché una tivù 36 pollici costa al massimo 350 euro e un videopro­iettore di buona qualità 800, entrambi Iva inclusa. Per cui mi sono limitato a restitui­re la proposta di spesa al mittente con un post-it giallo su cui ho scritto: “Forse in un ipermercato costano me­no”. E guardi che la pratica era perfetta, avevano ri­spettato tutte le procedu­re, fatto la gara e scelto l’of­ferta migliore fra quelle pervenute. Nessuna impo­stura. Solo un esasperato formalismo burocratico». Sarà. Comunque i requi­siti per smascherare chi non sa fare il proprio me­stiere il colonnello Borto­letti li possiede tutti. Figlio di un maresciallo dei cara­binieri e di una maestra elementare, è en­trato nell’Accademia militaredi Modena e ha prestato giuramento a 18 anni.Dopo­diché s’è laureato due volte: in giurispru­denza e in scienza dell’amministrazione. Prima di conseguire un master in gestio­ne di impresa alla Business school di Bolo­gna, s’è sciroppato la gavetta sul territo­rio: battaglione paracadutisti a Livorno, poi i trasferimenti a Bolzano, Adria, Vibo Valentia, Padova. Adesso insegna mate­rie pubbliche e penali alla Scuola allievi carabinieri di Roma e sociologia della de­vianza alla Lumsa, sempre nella capitale, e all’Università di Catanzaro. Bortoletti è stato collaboratore del vice­capo della polizia Luigi De Sena, quando nel 2008 fu nominato super prefetto di Reggio Calabria dopo l’assassinio di Fran­cesco Fortugno, il vicepresidente del Con­siglio regionale calabrese ucciso dalla ’n­drangheta. Dal 2008 al 2011 è stato anche consigliere del ministro Renato Brunetta per la lotta alla corruzione e in questa ve­ste ha rappresentato l’Italia all’Ocse, al Consiglio d’Europa e all’Onu. La sua no­mina a commissario straordinario per l’Asl di Salerno,firmata dal presidente del­la Regione Campania, Stefano Caldoro, fu suggerita dal deputato Edmondo Cirielli, primo firmatario della legge che nel 2005 modificò il codice penale ma che fu scon­fess­ata dal suo autore a causa degli stravol­gimenti apportati dal Parlamento. Ciriel­li, colonnello dei carabinieri in aspettati­va, era compagno di banco di Bortoletti al­l’Accademia militare di Modena. E nella sua veste di presidente della Provincia di Salerno gli ha fatto da scu­do in questi 16 mesi. Missione compiuta. O in­terrotta? «Continuata. La politica vo­leva tornare alla gestione ordinaria edal 1˚ agosto ha nominato direttore genera­le Antonio Squillante. Un ex ufficiale dell’esercito, un manager bravissimo. Io a Salerno conoscevo tre per­sone in tutto. Il suo proble­ma sarà mantenere l’indi­pendenza dai palazzi del potere. Un conto è ascoltare e decidere. Un altro conto è ascoltare i politici che ti dicono che cosa devi fare». Perché entrò nell’Arma? «Per seguire un compagno di liceo, Davi­de Valfrè. Se ne andò un mese dopo che ci avevano ammessi all’Accademia di Mo­dena. Oggi fa l’imprenditore in Russia». Il primo atto da commissario dell’Asl di Salerno qual è stato? «Avevo studiato il caso sui giornali. Mi so­no subito reso conto che narravano fatte­relli. Dovevo cercare la ciccia. Ho detto al capo di gabinetto Marisa Caruana quali dati mi servivano. Ho ascoltato molto, guardato molto, taciuto tantissimo. Ero consapevole che gli ospedali non sono aziende come le altre, producono vita non cioccolatini, per cui devi correggerle sen­za fermarle. Dopo 15 giorni ho convocato i sette dirigenti apicali. Di sabato mattina». Sacrilegio. «Ci siamo messi a lavorare, insieme. An­che nei giorni festivi. Nessun sacrilegio, considerato che la media delle retribuzio­ni d­ei dirigenti è superiore a quella del di­rettore generale: 140.000 euro contro 126.000. Sono partito dal primo gradino: la posta. Arrivava da tutte le parti. Chiun­que scriveva a chiunque, perché a nessu­no era chiaro il proprio ruolo. Un disordi­ne gestionale totale. I dirigenti non dirige­vano. Si limitavano ad attuare ciò che gli veniva ordinato.Era un’azienda da rialfa­betizzare amministrativamente». Faccia un esempio concreto. «In un anno il collegio sindacale aveva mosso 625 rilievi. Non erano serviti a nul­la, non li avevano manco riscontrati, non esisteva traccia di una risposta. Li ho fatti informatizzare per oggetto e per materia. Oggi quando si fa una delibera,c’è l’obbli­go di andarsi prima a vedere i rilievi su quel dato argomento, per non ripetere gli errori del passato. Ciononostante, nel 2011 sono pervenute alla mia firma 408 proposte deliberative di spesa che ho re­spinto perché inopportune, inutili, non motivate o diversamente affrontabili». Il risanamento economico com’è av­venuto? «Senza tagli lineari, senza risorse aggiunti­ve, senza chiudere nulla e a legislazione in­variata. Ho valorizzato innanzitutto il ma­gazzino, che era superiore, come costo in percentuale, a quello della Fiat. E ciò signi­ficava perdite per scadenza a causa di mancato utilizzo o utilizzo parziale di far­maci come i chemioterapici, che costano dai 500 ai 1.500 euro per una sola dose. In­somma, ho adottato il criterio del buon pa­dre di famiglia. E poi in magazzino si fan­no molte altre scoperte interessanti». Tipo? «Negli scantinati dell’ospedale di Oliveto Citra giacevano coperti di polvere, ma in perfetto stato, due incubatrici, due aspira­tori medico-chirurgici, un ecocardiogra­fo, due letti da parto, un monitor e un ne­gatoscopio per radiografie. Ordinati per il reparto di ostetricia che nel frattempo era stato chiuso. Ma è capitato anche che nell’ospedale di Rocca d’Aspide si utiliz­zassero monitor per sala operatoria per i quali non era stata nemmeno conclusa la gara d’appalto». Qualcuno avrà firmato l’acquisto di questo materiale e qualcun altro ne avrà avuto la responsabilità. Perché non ha denunciato entrambi? «L’Asl era come un bancomat senza pla­fond dato in mano a un bambino. Ognu­no andava a fare la spesa e portava a casa ciò che gli pareva. Tommaso Cottone, pro­curatore regionale della Corte dei conti, ha dichiarato che in Campania la gestio­ne degli ospedali è “ talmente improvvisa­ta da andare oltre la malafede”. Guardi, sono arrivato alla conclusione che in cer­te situazioni un ladro avrebbe fatto meno danni. “Chiunque chiedeva la qualsiasi”, come dicono a Napoli. Una delle prime delibere d’ac­quisto di un piccolo noso­comio era per un numero di siringhe 40 volte superio­re a quello del più grande ospedale del Salernitano». Il Sud pullula di ospeda­li costruiti, attrezzati e mai aperti. Ce n’è uno anche nella sua Asl, mi pare, a Sarno. E poi Bo­scotrecase, Torre An­nunziata, Scalea, Lam­pedusa... Stiamo parlan­do di 126 cattedrali nel deserto per le quali nessuno è mai stato perseguito. «Se c’è una cosa che mi ha insegnato il pre­fetto De Sena a Reggio Calabria, è proprio il censimento delle opere inutilizzate, in­complete o interrotte. Oggi l’ospedale di Sarno funziona al 100 per cento, in ortope­dia si opera persino nel week- end e la lista d’attesa s’è dimezzata». In compenso teniamo aperto l’ospe­dale di Siderno che ha 15 posti letto. «Nel Meridione molti medici fanno an­che i politici. C’è un grosso conflitto d’in­teressi. Negli anni Novanta, a Sarno, su un Consiglio comunale di 23 eletti della Dc, 11 erano medici». Col contenzioso legale come se l’è ca­vata? «In un modo molto semplice: versando ai fornitori i soldi che prima la Asl sprecava in avvocati difensori nelle cause giudizia­rie per mancato o ritardato pagamento. Stiamo parlando di spese legali per 75 mi­lioni nel solo 2010, pari a circa un terzo del­l’intera perdita annua. Aggiunga i benefi­ci indiretti per la Procura di Salerno: da 9.000 decreti ingiuntivi siamo scesi a me­no di 1.000. Prima la Asl pagava, quando andava bene, con 12 mesi di ritardo. Ora, invece, a luglio i farmacisti hanno ricevu­to le competenze di giugno e i fornitori si sono visti saldare le fatture di aprile. Cer­to, non è stato facile metterci la faccia e ob­bligarli a credermi sulla parola». Resta il fatto che il filo da sutura al Sud costa il triplo rispetto al Nord. «Il discorso dei costi standard è comples­so. In Calabria un caffè al bar si paga 60 centesimi; a Padova, dove lavora mia mo­glie, 1,20 euro. Ma poi un certo prodotto alimentare costa il doppio in Calabria, am­messo che lo si trovi. Il fatto è che lì la distri­buzione è diversa. Lo stesso vale nel setto­re sanitario. Inoltre al Sud il rischio che le fatture non vengano saldate è assai più ele­vato. Ovvio che l’industria scarichi que­sto rischio sul prezzo finale. L’importante è che si adotti la trasparenza totale. Che è come il sole: un ottimo disinfettante». Che c’era di opaco? «Sto solo dicendo che il controllo diffuso dissuade dai comportamenti illeciti. Tut­to ciò che nella Asl di Salerno ha valenza economica, oggi si può trovare sul suo si­to in Internet. Prima di affidare una consu­lenza esterna a pagamento a Bortoletti o a Lorenzetto, un amministratore ci pensa su due volte se sa che il suo atto sarà di pub­blico dominio». Ha subìto minacce per la sua attività? «No, di nessun tipo. E non ho mai preso precauzioni. Tranne una: dormivo nella caserma dei carabinieri di Salerno. Così nessuno poteva affermare d’avermi por­tato qualcosa, visto che gli accessi sono controllati». So che ha studiato dai salesiani. San Giovanni Bosco che cosa avrebbe fat­to al posto di San Gennaro per raddriz­zare il Meridione? «Avrebbe predicato coerenza e semplici­tà. La gente mi scriveva e io rispondevo a tutte le e-mail entro sera. Mi telefonava­no medici, infermieri, sindacalisti per de­nunciare storture e io mi facevo trovare. Un comportamento lunare, per loro». Che c’entra la politica con la sanità? Non dovrebbero essere i primari a ge­stire il budget dei loro reparti, stando nei limiti di spesa assegnati dalla Re­gione? «Io responsabilizzerei l’intera filiera del budget, sino all’infermiere, chiamando­lo a rispondere anche dei cerotti. Purtrop­po l’Asl di Salerno, per non aver pensieri, prima del mio arrivo aveva addirittura soppresso il controllo di gestione». Che cosa osta alla nomina di un carabi­niere a commissario straordinario in ogni Asl decotta? «Nulla. È solo una decisio­ne politica». Secondo lei perché l’Ar­ma dei carabinieri figu­ra, secondo l’Eurispes, al primo posto nella fi­ducia dei cittadini, col 75,8% dei consensi, da­vanti a Polizia di Stato (71,7%), Guardia di fi­nanza (63,3%), presi­denza della Repubblica (62,1%) e magistratura (36,8%)? «Perché noi ci siamo quando serve. Gli ita­liani ci vogliono bene per questo». Le dispiace che non le abbiano rinno­vato l’incarico? «Sono stati 16 mesi di stupore quotidiano. Quando il 30 luglio mi sono ritrovato per la festa d’addio con Luigi Grimaldi, Ettore Ferullo e Maurizio Sgroia, i tre dirigenti dell’Asl recuperati dal dimenticatoio e va­lorizzati, presente anche il subcommissa­rio amministrativo Marisa Annunziata, eravamo orgogliosi e felici dei risultati con­seguiti. Poi però, guardandoci in faccia, ci siamo detti: meno male che è finita».