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 2012  agosto 15 Mercoledì calendario

A Boris l’oro della politica: ora punta a fare il premier - La faccia di Boris Johnson ti guarda da vicino: «Lon­dra è tua »

A Boris l’oro della politica: ora punta a fare il premier - La faccia di Boris Johnson ti guarda da vicino: «Lon­dra è tua ». Era la foto che offriva al mondo duran­te i Giochi olimpici: venite qui e sa­rete felici. Ora quella è un messag­gio: è tua, perché io sono pronto a prendermi di più. Vuole quello che non ha. E ora vuole la Gran Breta­gna. L’ha scritto l’ Economist : «Si prepara per prendere il posto del suo amico-rivale David Cameron. Un anno fa non avrebbe avuto chance, ora sì». Più popolare, più divertente, più buffone, più genia­le del premier: un’ovazione ogni volta che il suo volto veniva manda­to in onda sugli schermi dello sta­dio olimpico. Boris qui, Boris lì. Ovunque. Il capello arruffato, la giacca sgualcita, la camicia sem­pre fuori posto. Uno sbagliato che diventa giusto. Piace, Johnson. L’hanno spesso dipinto come un clown, un mezzo matto capace di far divertire più che di governare. Sarà vero, eppure in questi giorni l’Inghilterra s’è chiesta se non sia davvero l’uomo di domani. Rim­balza sui media e finisce in Ameri­ca, poi ovunque. Time ieri lo rac­contava così: «Il sindaco di Londra è il più grande vincitore delle Olim­piadi ». Un simbolo locale diventato glo­bale. Ha sfruttato l’occasione:il go­verno era in difficoltà, Cameron in ribasso attaccato dai giornali che gli hanno chiesto di raccontare come riusciràarecupera­re i soldi che il Re­gno Unito ha speso per le Olimpiadi. Johnson s’è l’è ca­vata con l’ironia sulla sua goffaggi­ne, sulle presunte gaffe, sulle altrettanto presunte ca­dute di stile. Poi ha rilanciato: ecco­mi, sono il sindaco di una città che ha fatto una cosa incredibile. È un po’ la storia della sua strana amici­zia con Cameron: l’altro preciso, bravo, puntuale e però sempre un po’ in difficoltà;lui scombinato,ar­ruffone, ritardatario e però sempre in grado di ribaltare il tavolo. I due si conoscono da una vita, da quan­do erano studenti a Eton. La leggen­da e una autobio­grafia non autoriz­zata raccontano che un giorno Bo­ris si avvicinò a Da­vid e gli disse: «Sai qual è la differenza tra me e te? Tu po­trai anche arrivare a Downing Street, io invece diventerò premier e poi an­che presidente degli Stati Uniti». Tecnicamente può: è inglese e pu­re americano. Doppio passaporto perché Johnson è nato a New York. Devi partire da lì per capirlo. De­vi cominciare dall’origine per rac­contare la storia stravagante di un uomo stravagante. Uno che non si ferma,unochehal’ambizionedidi­ventare il leader dell’Europa pur detestando l’Europa. Non è que­stione di alleanza politica, ma di continente. Johnson crede poco in Bruxelles e molto nella geografia. È un conservatore moderno. Uno che dall’alto di una vita sconclusio­nata non pretende di trasmettere valori,ma ne riconosce l’esistenza. Per anni l’Inghilterra s’è chiesta molte cose di lui, a cominciare dal nome.Perché Boris?È l’omaggio a un signore russo che offrì un pas­saggio per New York ai suoi genito­ri: erano due studenti che nel 1964 stavano facendo un viaggio in Ame­rica. Non avevano un soldo, lei era incinta. Dovevano raggiungere una città e trovarono un alleato stra­niero che più straniero non si pote­va. Boris permise a questo bimbo di nascere e loro, Charlotte e Stan­ley, lo ricambiarono dando al bam­bino il suo nome. Alexander Boris de Pfeffel Johnson. Non uno qualsi­asi, a dispetto del viaggio squattri­nato nel quale nacque. In realtà vie­ne da un albero genealogico com­plicato, ma molto chic: il suo bi­snonno era il turco Ali Kemal, poe­ta e politico liberale filo occidenta­le assassinato quando era ministro degli Interni. Sposò Winifred, mez­za svizzera e mezza inglese, che die­de il suo cognome ai figli. Uno era Stanley, padre di Boris, ricercatore universitario, giornalista, intellet­tuale, politico diventato eurodepu­tato nel 1979. La mamma, Charlot­te, era figlia del Lord liberale Fawcett, una famiglia con antenati ebrei lituani e nobili francesi. Oggi i Johnson contano 17 nazionalità di­verse, ma un’identità britannica­mente corretta. Al di là delle sue bat­tute sulla possibilità di arrivare alla Casa Bianca, il sindaco di Londra si sente profondamente inglese e ri­vendica con un orgoglio smisurato la sua nazionalità principale. An­che per questo lo amano, a Londra. Perché dice che gli inglesi dovreb­bero fare più figli e perché non ha paura di dire che le donne britanni­che che sposano gli immigrati sa­ranno un problema per il Paese. Si attira le ire dei laburisti, fa impazzi­re le post femministe, ma non tace. E se qualcuno gli rinfaccia le sue ori­gini multietniche, lui risponde che il problema non sono le nozze mi­ste. No, no, il guaio, secondo Boris, è che le donne occidentali poi ri­nunciano ai loro principi e alle loro rivendicazioni accettando i sopru­si di chi non le vuole libere. La popolarità del sindaco è diret­ta­mente proporzionale alla sua biz­zarria. La usa e la gestisce perfetta­mente. Durante la prima campa­gna elettorale, nel 2008,c’era una sto­riella che circolava e spiegava al milli­metro Johnson: «Boris è una perso­na intelligente che si finge buffone, mentre Ken Living­stone è un buffone che si finge intelli­gente ». La dimo­strazione è quan­do c’è da giocarsi qualcosa, il sinda­co non sbaglia. Non fa battute, non fa gaffe, non fa nulla che possa metterloindifficol­tà. Il clown esce do­po, a cose fatte, quando c’è da rac­contare alla gente che in fin dei conti traluieloroladiffe­renza è poca. An­che se lui ha studia­to a Eton e poi a Oxford, anche se lui è il più grande studioso britanni­co di Roma, anche se lui è cresciuto in un ambiente colto e snob. È la capaci­tà di capire chi hai di fronte e chi ti vo­ta. È l’abilità che oggi non viene ri­conosciuta a David Cameron, bra­vo, intelligente, preparato, ma fred­do. Distante. È la differenza che in questi giorni notano tutti e che fa in­nervosire il premier. Il Guardian ha raccontato che lo staff di Dow­ning street si sta già preparando a contrastare la popolarità del sinda­cochevuoleprendersil’interopae­se. È una sfida in casa: conservato­ri, contro conservatori. Può farcela, Johnson? È la do­manda che s’è fatto Federico Sari­ca nell’ultimo numero di Studio . E la risposta che s’è dato è un altro punto interrogativo: perché no? Il mondo si divide in Boris-scettici e Boris-entusiasti. Ora è il momento dei secondi: lo supporta l’ Econo­mist , lo supporta Murdoch, lo sup­porta un bel pezzo di Inghilterra che lo vede come il futuro. «Uno che sa gestire Londra, non ci mette niente a gestire tutto il resto», ha scritto il Times . Johnson legge i gior­nali. Li conosce, sono il suo mon­do: c’ha vissuto per anni e non li ha mai abbandonati. Gli hanno dato da mangiare, gli hanno dato la vita, gli hanno dato anche visibilità. Ha avuto anche la tv, certo: andava spesso ospite del programma di sa­tira politico-culturale «Have I got News For you?». Piaceva alla gente, un sacco. Po­teva avere miliardi, ma ha scelto di no.Ricco,ma non ricchissimo.Ave­va un’altra ambizione. Grossa e ir­resistibile: Londra. E dopo Londra il resto. Ora può.