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 2012  agosto 17 Venerdì calendario

SIRIA, L’ISLAM METTE AL BANDO ASSAD

Nel giorno in cui il mondo musulmano mette al bando Damasco e in cui il Consiglio di sicurezza annuncia che la missione di monitoraggio Onu in Siria non verrà rinnovata, l’aviazione del presidente Bashar al Assad ha compiuto la sua ennesima strage di civili. Stavolta le bombe dei Mig hanno colpito un villaggio a circa 50 chilometri a nord di Aleppo, Azaz, uccidendo almeno quaranta persone, tra cui molte donne e molti bambini. «Questo orribile attacco ha distrutto un intero quartiere residenziale», ha detto Anna Neistat, direttore di Human Rights Watch per le emergenze. «Ancora una volta le forze del governo siriano hanno attaccato con un cinico disprezzo per la vita civile». Nel timore di altri raid, gli ospedali della cittadina hanno chiuso i battenti e i feriti sono ora costretti a fuggire in Turchia per potersi curare. Da Azaz è una fila continua di uomini e donne in auto,
a piedi o in pulmino, che scappano per trovare protezione oltre confine.
Poche ore prima era giunta la notizia che l’Organizzazione per la cooperazione islamica (Oci) ha sospeso la Siria dai Paesi membri. Al termine del summit dell’Organizzazione che si è tenuto alla Mecca, in Arabia saudita, i partecipanti si sono trovati d’accordo sulla «necessità di mettere fine immediatamente agli atti di violenza », dichiarandosi fortemente inquieti per i massacri e gli atti
inumani subiti dal popolo siriano. Solo Teheran, alleato storico del regime di Damasco, ha contestato questa sia pur simbolica decisione, dichiarandola «ingiusta». Due giorni fa, il rapporto finale della Commissione di inchiesta delle Nazioni Unite aveva accusato le forze governative siriane e le milizie fedeli al regime di aver commesso crimini di guerra e contro l’umanità, sarebbe a dire omicidi, stupri e torture soprattutto sui civili. Sempre secondo il rapporto, anche gli insorti dell’Esercito
libero siriano che combattono il regime di Assad hanno perpetrato crimini di guerra, ma le violazioni «non raggiungono la gravità, la frequenza e l’intensità» di quelli delle truppe lealiste. Riguardo al massacro di Houla, in cui lo scorso maggio si contarono 108 morti, tra cui 49 bambini, e che il regime attribuì agli insorti, o meglio ai «terroristi», la Commissione ha invece decretato che a compierlo furono proprio le milizie fedeli al presidente.
Quanto al mandato dell’Onu in
Siria, che scade dopodomani, l’ambasciatore francese presso il Palazzo di vetro di New York, Gérard Araud, ha dichiarato che non sarà rinnovato perché «non ci sono le condizioni per il proseguimento della missione». I 101 osservatori militari ancora presenti in Siria lasceranno dunque Damasco nei prossimi giorni. Il Consiglio di sicurezza ha tuttavia trovato un accordo sull’apertura di un ufficio nella capitale siriana per sostenere gli sforzi internazionali destinati a porre fine al
conflitto. L’algerino Lakhdar Brahimi ha accettato l’incarico di inviato speciale di Onu e Lega Araba al posto di Kofi Annan.
Sempre ieri, cinque paesi arabi del Golfo hanno chiesto ai loro connazionali di lasciare il Libano a causa dei rischi per la sicurezza legati all’aggravarsi della crisi in Siria. Si tratta di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein e Kuwait, che temono possibili rappresaglie di sciiti (vicini agli alauiti di Assad) contro quei cittadini di Paesi sunniti che sostengono gli oppositori al regime di Damasco.
E sono ormai 2,5 milioni le persone colpite dall’emergenza umanitaria in Siria: un numero più che raddoppiato negli ultimi quattro mesi. «Le persone sono stanche, vogliono far ritorno alle loro case, ma il dato cruciale che fa la differenza è metter fine ai combattimenti », ha detto l’inviato dell’Onu a Damasco, Valérie Amos.