Marco Sabella, Corriere della Sera 12/8/2012, 12 agosto 2012
Embargo Iran, bufera su Standard Chartered – Standard Chartered Bank — la banca britannica accusata dal Dipartimento dei servizi finanziari (DFS) dello Stato di New York di aver violato l’embargo contro l’Iran deciso dagli Stati Uniti — tenta un accordo con le autorità Usa
Embargo Iran, bufera su Standard Chartered – Standard Chartered Bank — la banca britannica accusata dal Dipartimento dei servizi finanziari (DFS) dello Stato di New York di aver violato l’embargo contro l’Iran deciso dagli Stati Uniti — tenta un accordo con le autorità Usa. In pratica la banca si dice pronta a soddisfare le richieste del DFS che chiede all’istituto di assumere un supervisore esterno che assicuri il rispetto delle leggi statunitensi sul riciclaggio del denaro sporco. L’accordo deriverebbe dalle trattative tra Standard Chartered e i funzionari statali americani in vista dell’udienza decisiva, il 15 agosto prossimo a New York, nella quale la banca dovrà spiegare perché la sua licenza bancaria per operare negli Stati Uniti non dovrebbe essere revocata. Tale è infatti la sanzione che potrebbe essere comminata all’istituto britannico, insieme a una multa di 700 milioni di dollari, una misura che sarebbe in grado di scuotere dalle fondamenta una delle banche più internazionalizzate del mondo. Standard Chartered realizza infatti il 95% del proprio giro d’affari nei paesi emergenti dell’Asia e dell’Africa e solo il 5% in Gran Bretagna e paesi sviluppati. I media britannici, a cominciare dal Financial Times, sottolineano la «ferocia» con cui le autorità di controllo statunitensi attaccano un gruppo che fino a ieri risultava sostanzialmente estraneo alla crisi finanziaria internazionale. Tanto più che la nuova tegola, un altro scandalo bancario, si abbatte sulla piazza di Londra in un momento in cui la vicenda della manipolazione fraudolenta del tasso Euribor messa in atto da un cartello di banche britanniche, a cominciare da Barclays Bank, è tutt’altro che conclusa. In questo caso l’accusa mossa a Standard Chartered è di natura prevalentemente geopolitica. Secondo il DFS nel periodo compreso fra il 2001 e il 2007 la banca avrebbe violato l’embargo nei confronti dell’Iran — uno dei principali stati canaglia avversati dal Dipartimento di Stato americano — concludendo circa 60 mila transazioni illegali per un ammontare complessivo di 250 miliardi di dollari. I toni utilizzati nelle 27 pagine del documento del DFS sono effettivamente molto duri. Standard Chartered è definita una «rogue bank», una banca canaglia, che ha «violato gravemente le leggi» esponendo il sistema finanziario americano «ai terroristi e ai trafficanti d’armi». In una nota del documento si fa riferimento alla possibilità che i medesimi schemi di violazione delle norme siano stati messi in atto in favore di altri Paesi sanzionati dagli Stati Uniti, come la Libia e il Myanmar. Lo scandalo coinvolgerebbe anche la società di consulenza e auditing Deloitte & Touche, che secondo il DFS avrebbe fornito a Standard Chartered informazioni su come le autorità di controllo americane conducono le investigazioni sui trasferimenti di denaro all’Iran. La difesa di Standard Chartered, così come di Deloitte & Touche, è altrettanto decisa quanto lo sono i toni dell’accusa. La banca ha dichiarato di «rifiutare categoricamente la ricostruzione dei fatti compiuta fin qui dalle autorità di controllo». Secondo l’istituto il 99,9% delle transazioni effettuate hanno rispettato le regole americane, mentre soltanto operazioni per un ammontare di 14 milioni di dollari risultano non in linea con la normativa antiriciclaggio. Il rischio di revoca della licenza bancaria negli Stati Uniti è particolarmente temuto perché Standard Chartered ha ambizioni globali e buona parte dei flussi finanziari, anche se realizzati altrove, transitano attraverso gli Stati Uniti. Da notare che è dal 1990 che le autorità di controllo non revocano una licenza bancaria. Nel frattempo il titolo Standard Chartered ha perso in pochi giorni in Borsa circa un quarto della sua capitalizzazione. Marco Sabella