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 2012  agosto 13 Lunedì calendario

Choc a New York, la polizia spara tra la folla - Il trionfo della legge. Decine di poliziotti, pistole ad altezza d’uomo, avanzano con molta circospezione lungo la Settima Ave­nue, nel pieno centro di New York

Choc a New York, la polizia spara tra la folla - Il trionfo della legge. Decine di poliziotti, pistole ad altezza d’uomo, avanzano con molta circospezione lungo la Settima Ave­nue, nel pieno centro di New York. Nel loro mirino non c’è un militantedi Al Qaeda im­bottito di tritolo, pronto a farsi saltare in mezzo alla moltitudine dei passanti: è un ba­lordo. Il suo nome, ma soprattutto il suo co­gnome, suonano singolari: Darrius Kenne­dy. È un «afro» di 51 anni, con la bandana in testa. Nella zona lo conoscono bene: chiede qualche dollaro, veste sempre una magliet­ta con scritto «I Ninja hanno ucciso la mia fa­miglia ». Fermato pochi minuti prima men­tre fumava erba a Times Square, verosimil­mente non l’unico, da quelle parti, si è rifiu­tato di tirare fuori i documenti. In compen­so, ha tirato fuori un coltello e ha comincia­to a minacciare, a insultare, a sfottere gli agenti... Adesso la scena madre paralizza il centro della Grande Mela, tra centinaia di persone che urlano terrorizzate e che riprendono di­ligentemente con il telefonino. Il confronto tra legge e fuorilegge è sbalorditivo: sbuca­no poliziotti da tutte le parti. Molti a piedi, al­tri in auto. Si procede assurdamente a cor­teo: davanti il fumato che non smette di pro­vocare, evidentemente in uno stato tale da non rendersi conto del disastro che sta mon­tando, avanti, prendetemi, sparatemi, die­tro la polizia a passo d’uomo, berciando i più svariati ordini e le più pesanti minacce: forza, metti giù quel coltello e arrenditi, non fare il pazzo, rischi grosso, guarda che sare­mo costretti a sparare. In effetti così risulta: esauriti i tentativi di soluzione pacifica, inu­tili persino gli spray al peperoncino, parto­no i colpi. Molti. Uno sproposito, rispetto al bersaglio. Il balordo fuori di testa stramazza sulla strada con il suo coltello in mano. La gente strilla e si nasconde tra le auto par­cheggiate. Sembra un’azione di guerra,è so­lo l’esecuzione spaventosa di un ladro di pol­li, ammesso abbia mai rubato. Per una di quelle agghiaccianti contraddizioni molto americane, c’è pure una corsa parossistica all’ospedale Bellevue, dove medici e infer­mieri cercano disperatamente, purtroppo inutilmente, di salvarlo: in altre parole lo Sta­to che ha pagato gli agenti per sparare ades­so paga molti quattrini per salvare quella stessa vita. A tutti noi, che non siamo ameri­cani, che abbiamo questo vizio atavico di un inguaribile umanesimo, declinato in tut­te le sue più o meno sincere forme di pietà, a tutti noi sorge l’inevitabile domanda: ma considerarla prima, questa vita? Conside­rarla sacra, unica, inviolabile, come la consi­derano i medici e gli infermieri in ospedale, già là, lungo la Settima Avenue? Sappiamo bene che cosa significhi mette­re a confronto le due culture: è un’acrobazia senza rete. Di là violenza, stragi e sparatorie a getto continuo, con un certo numero di svi­tati che ogni tanto saltano fuori dalla loro vi­ta banale per abbattere un certo numero di umani nelle scuole, nei bar, negli uffici. Ep­pure, sempre di là, domina l’intransigenza di una legge che non ammette sbavature, che pretende dai suoi uomini in divisa deci­sione e fermezza, in automatico, senza se e senza ma, perché difendere l’ordine e la si­curezza è la prima delle opzioni, costi quel che costi, costasse pure qualche deprecabi­le esagerazione. Di qui è un po’ diverso: siamo gli indecisi a tutto, i maestri del garantismo, nessuno tocchi caino, codice alla mano riusciamo ad essere più severi con le guardie che con i la­dri. Lo sappiamo,c’è una differenza abissale, un vero oceano di valori che divide il vec­chio mondo dal nuovo mondo. Eppure, al­meno questa volta, se lo lascino dire: persino in America, nella ri­gida America della lotta senza quartiere al crimine, un balordo resta un balordo. Anche se ha in mano un coltello, anche se fa l’idiota, anche se provoca e non si arrende. Per quanto ce la vo­gliano raccontare, stavolta si so­no macchiati di un’esagerazione mostruosa: l’America non è un mito così inflessibile da non po­ter prendere il balordo alle spal­le, con un paio di uomini ben alle­nati, liberi di mollargli un cazzot­to nel punto giusto e chiuderla lì.