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 2012  agosto 13 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO ILVA


REPUBBLICA.IT - CRONACA DI OGGI
Giornata convulsa e frenetica quella che si sta vivendo sull’asse Taranto-Bari. Mentre nel capoluogo il presidente dell’Ilva incontrava il governatore Vendola per cercare una via d’uscita istituzionale al conflitto tra politica e magistratura, nella città dell’acciaio si consumavano nuove fratture. Da un lato i lavoratori si sono divisi in due blocchi: Cisl e Uil hanno annunciato che per domani replicheranno lo sciopero che questa mattina ha paralizzato l’Appia, mentre la Fiom ha bocciato la proposta al grido di "Non attacchiamo i magistrati". Magistrati che in piazza sono stati difesi da mille persone del comitato "Cittadini liberi e pensanti" che hanno dedicato un lungo applauso al gip Todisco. Il conflitto tra ambiente e lavoro sta lacerando Taranto in due opposte fazioni.
In mille in piazza a Taranto e applausi al gip Un migliaio di persone partecipano per la prima volta a Taranto a una manifestazione voluta dache ha come portavoce Cataldo Ranieri, operaio 42enne dell’Ilva e guida carismatica dell’associazione, che è riuscita a portare in piazza altri comitati spontanei. Il ’comizio’ di Ranieri, che ha ricevuto applausi scroscianti, si è aperto nella centrale piazza della Vittoria con un applauso di ringraziamento rivolto al gip Patrizia Todisco che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell’Ilva.
"Abbiamo il dovere di salvare la città e i nostri figli perchè noi siamo dei condannati a morte", ha detto Ranieri acclamato dalla folla. "Mentre fino a
qualche mese fa - ha proseguito - si invitava la magistratura a fare il proprio dovere sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un giudice che ha fatto solo il suo dovere".
"La gente - insiste - sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha tradito e non è mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la città".
Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri. "Vengono - accusa Ranieri - per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi tre ministri li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi intubati in ospedale perchè ammalati di tumore". Poi l’invito ai colleghi operai del siderurgico: "Non dobbiamo barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri figli".
Sindacati spaccati: Cisl e Uil scioperano, la Fiom no Altro segnale di spaccatura all’interno dei sindacati. Per domani, le segreterie provinciali di Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno proclamato due ore di sciopero degli operai dell’Ilva per protestare contro il rischio di chiusura della fabbrica determinato appunto dall’evoluzione della vicenda giudiziaria sull’inquinamento prodotto dagli impianti. Domani scenderanno in strada (lungo la statale Appia, dalle 10 alle 12), i lavoratori dei reparti Ril (riparazione locomezzi), Grf (gruppo recupero ferroso), Pzl (piazzali) ed Ene (energia). Si dissocia però la Fiom Cgil "ritenendo lo sciopero inutile e irresponsabile, in quanto si utilizza tale strumento come attacco alle decisioni della magistratura". La Fiom sottolinea che "i lavoratori non possono essere utilizzati per attaccare la magistratura, ma è l’Ilva che deve dare le risposte concrete ai problemi causati dall’inquinamento". Per questo - informa - l’organizzazione dei metalmeccanici della Cgil ha chiesto all’azienda per domani due ore di assemblea retribuita per informare i lavoratori sullo stato della situazione".
Vertice Ferrante-Vendola:: "Faremo tutto il possibile per risolvere problema ambientale" Si è concluso pochi istanti fa il vertice tra il governatore Vendola e il presidente dell’Ilva Ferrante che, uscendo dalla riunione ha detto: "Non riteniamo che oggi a Taranto ci sia un’emergenza ambientale e sanitaria tale da giustificare misure così drastiche da parte della magistratura. Per questo ci difenderemo in tutte le sedi contro la decisione del gip che ferma la produzione. Tuttavia - ha proseguito Ferrante - la nostra linea resta quella del dialogo. Ho assicurato a Vendola che faremo anche più di quanto già concordato per mettere in sicurezza gli impianti e bonificare Taranto. In cambio abbiamo chiesto tempi rapidi per la nuova Aia"
Vendola, Florido e Stefàno ora stanno incontrando i rappresentanti dei sindacati e di Confindustria. Tutto aspettando l’arrivo dei ministri che il premier Mario Monti ha spedito a Taranto il 17 agosto, venerdì prossimo. "La nuova disposizione del gip è in aperto contrasto con ciò che il ministero dell’Ambiente ha avviato e non tiene conto del lavoro svolto e del ruolo del ministro", ha commentato oggi il ministro Corrado Clini, che sarà a Taranto con il ministro dello Sviluppo Corrado Passera. "Evitiamo conflitti di ruolo", ha aggiunto. E il ministro Severino ha chiesto l’acquisizione degli atti del gip Patrizia Todisco, i provvedimenti con cui ha confermato il sequestro degli impianti e ha revocato la nomina di Ferrante.
La situazione si sta complicando infatti anche e soprattutto dopo la clamorosa esclusione di Ferrante. Per il gip del tribunale di Taranto è "manifesta l’incompatibilità" del presidente dell’Ilva con "l’ufficio pubblico di custode ed amministratore delle aree e degli impianti dello stesso stabilimento sottoposti a sequestro preventivo". Lo scrive nell’ordinanza con la quale ha revocato la nomina di Ferrante a custode e amministratore giudiziario.
Ferrante, ricorsi contro il gip Ferrante oggi ha incontrato nello stabilimento tarantino i custodi giudiziari, ai quali ha manifestato la più ampia disponibilità a collaborare per il risanamento, e a fare anche eventuali, ulteriori, interventi che dovessero chiedere le istituzioni pubbliche. Lo hanno riferito fonti sindacali che ne hanno avuto notizia nell’incontro tenuto oggi con loro dallo stesso Ferrante, in fabbrica.
Del gruppo dei custodi giudiziari il medesimo presidente dell’Ilva ha fatto parte per quattro giorni. Era infatti stato nominato il 7 agosto dal tribunale del riesame in sostituzione del presidente dell’ Ordine dei commercialisti di Taranto, Mario Tagarelli (che era stato nominato dal gip): "Ferma restando - aveva scritto il tribunale riguardo ai custodi giudiziari - la nomina degli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento (nominati dal gip, ndr), nomina custode e amministratore delle aree e degli impianti in sequestro altresì il dott.Bruno Ferrante nella sua qualità di presidente del Cda e di legale rappresentante di Ilva spa, revocando la nomina del dott.Mario Tagarelli".
Botta e risposta fra Anm e Clini Quello sull’Ilva è "un doveroso intervento della magistratura", visto che "gli organi amministrativi di controllo non hanno assicurato la tutela ambientale". Lo afferma l’Associazione Nazionale Magistrati polemizzando evidentemente con il ministro Clini. L’ Anm ricorda che "il diritto alla salute e il diritto al lavoro sono entrambi beni tutelati dalla Costituzione" e che in base all’art. 41 della Carta fondamentale, "l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza". "La magistratura - sottolinea l’Anm - non intende invadere l’ambito di competenza di altre Autorità, ma, in presenza di violazioni della legge penale non può fare a meno di intervenire, con gli strumenti giudiziari ordinari, ove gli organi amministrativi di controllo non siano riusciti ad assicurare negli anni la tutela ambientale, con gravissimo rischio per la salute dei cittadini; situazione, questa, da lungo tempo esistente nell’area tarantina, ben nota e accertata anche sulla base di perizie tecniche".
Immediata la replica del ministro: "La valutazione dell’Anm è molto parziale perchè gli interventi in corso a Taranto sono in corso da tre anni. A marzo abbiamo riaperto la procedura per altre misure precauzionali, l’amministrazione è attiva e sta lavorando. Io conosco molto bene le problematiche ambientali e sanitarie che giustificano le azioni della magistratura". Il ministro osserva che "la situazione degli impianti siderurgici di Taranto descritta è diversa dalla situazione attuale". E ancora: "Non credo corretto dal punto di vista tecnico procedere alla chiusura degli impianti considerando quanto successo nei decenni passati. Stiamo verificando la corrispondenza degli impianti alla normativa vigente ora. Gli eccessi di mortalità fanno riferimento alle esposizioni ambientali dei decenni scorsi e non possono essere riferite alla situazione attuale. Non sono rassicurante, ma il processo di risanamento è stato avviato e noi lo stiamo sostenendo e non si può interrompe".
Sul provvedimento del gip aggiunge: "Non gioco al Far West, dico semplicemente che ognuno deve fare in maniera responsabile il suo mestiere. La magistratura fa molto bene a chiedere che le leggi vengano rispettate. Noi stiamo applicando leggi e normative europee in un contesto difficile. Se il nostro obiettivo è il risanamento ambientale dobbiamo continuare nella direzione che abbiamo intrapreso".
(13 agosto 2012)

REPUBBLICA.IT - GOVERNO E SINDACATI
ROMA - Il futuro dell’Ilva di Taranto è sempre più incerto, nel duello a colpi di ordinanze e impugnazioni tra magistratura e azienda. Soprattutto ora rischia di aprirsi uno scontro istituzionale tra governo e magistratura. La decisione del Gip di Taranto di revocare l’incarico di commissario al presidente dell’Ilva, l’ex prefetto Ferrante, e di fermare la produzione, ha infatti provocato un intervento deciso dell’esecutivo.
"Seguiamo costantemente la vicenda - ha detto inizialmente Corrado Passera, ministro dello Sviluppo e primo a intervenire - , è assolutamente necessario evitare la chiusura e lo spegnimento degli impianti, cosa che causerebbe danni irreparabili. Nulla sarà lasciato intentato. Risanamento ambientale, produzione sostenibile e lavoro devono essere gli elementi portanti di una strategia unitaria".
Molto meno diplomatico, poco dopo, il ministro dell’ambiente, Corrado Clini: "La disposizione del Gip si muove oggettivamente in una prospettiva divergente da quella assunta dal ministero e dalla Regione - dice Clini - . In base alle leggi nazionali ed europee chi decide sulla compatibilità ambientale di questi impianti è l’amministrazione, in questo caso il ministero dell’Ambiente, e non la magistratura. Mi auguro non si apra un conflitto. Sarebbe molto pericoloso per l’affidabilità dell’Italia - aggiunge Clini - se dovesse emergere che le decisioni di competenza dell’amministrazione in materia di compatibilità ambientale sono affidate alla magistratura". Secondo Clini, inoltre, l’incarico a Ferrante era "assolutamente coerente col lavoro avviato dal ministero e dalla Regione". "Nel momento in cui il presidente dell’Ilva ha questa responsabilità - conclude Clini- è la stessa Ilva che ha la responsabilità di avviare il risanamento dell’impianto".
Infine, fonti di Palazzo Chigi citate dall’Ansa hanno confermato il passo di Mario Monti: il premier ha assunto un ruolo di coordinamento dei ministeri coinvolti ed ha chiesto all’ufficio giuridico di verificare se vi siano spazi legali per un intervento del governo per evitare la chiusura dello stabilimento. Non solo, Monti ha chiesto ai ministri Passera, Clini e Severino (Giustizia) di andare in missione a Taranto il 17 agosto per poter riferire poi al consiglio dei ministri. Paola Severino, secondo fonti di via Arenula, in vista della missione chiederà l’acquisizione dei due provvedimenti con i quali il gip Patrizia Todisco ha confermato il sequestro degli impianti dell’Ilva di Taranto e ha revocato la nomina di Bruno Ferrante dall’incarico di curatore dello stabilimento.
Già ieri c’era stato un attacco sia del Pd che del Pdl nei confronti del gip Todisco. Oggi sia il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che quello del Pdl, Angelino Alfano, avevano chiesto un intervento del governo: "E’ indispensabile - aveva detto Bersani - che il governo, con tutti gli strumenti formali e informali che ha, faccia chiarezza sulla situazione dell’Ilva di Taranto. Bisogna essere consapevoli che la confusione attorno al più grande stabilimento siderurgico d’Europa farà presto il giro del mondo".
"Chiedo al presidente Monti di prendere direttamente e personalmente in mano il dossier ilva - aveva detto invece Alfano - , perché la politica industriale la fa il governo, non la magistratura e, con tutto il rispetto, non può essere un atto giudiziario a dire la parola definitiva sull’industria dell’acciaio in italia. E poi: vogliamo o no attrarre investitori anche internazionali? se l’obiettivo è quello di spaventarli, ci stiamo riuscendo".
Critico nei confronti della magistratura il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. "L’ordinanza del gip sull’Ilva - dice - rischia di segnare il punto di non ritorno di una vicenda drammatica che coinvolge migliaia di lavoratori e le loro famiglie e arriva dopo anni di incuria e in primo luogo da parte delle autorità locali preposte alla funzione di vigilanza e di controllo della salute dei cittadini". E attacca: "L’autonomia della magistratura è un principio che va difeso e che sempre abbiamo difeso, ma il protagonismo di certi magistrati di dubbia competenza fa più male alla credibilità della magistratura di tanti suoi incalliti denigratori".
A difesa del gip, invece, l’Idv. "Ormai - dice il leader, Antonio Di Pietro - il gioco della politica di scaricare sulla magistratura tutte le proprie incapacità e le proprie responsabilità è diventato una specie di sport nazionale. E il caso dell’Ilva ne è solo l’ennesima dimostrazione". "Dopo aver lasciato incancrenire per anni la vicenda Ilva, fino a causare decine e decine di morti per inquinamento, in tanti si scagliano contro la magistratura che invece, a tutti i suoi livelli, non fa altro che applicare la legge, dentro e fuori le aziende". Stessa linea per Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, già candidato sindaco a Taranto. "Si lascino in pace i magistrati che stanno facendo il proprio dovere difendendo il diritto alla salute che è un diritto costituzionalmente garantito", ha detto.
Sul fronte sindacale, c’è l’intervento del leader Cisl, Raffaele Bonanni: "Sul futuro industriale dell’Ilva c’è un vero e proprio atteggiamento da risiko". E chiede alle "massime istituzioni del Paese di interrompere questo rilancio continuo" e di "indicare alla giustizia la via dell’equilibrio".
(12 agosto 2012)

CORRIERE.IT - CRONACA DI OGGI
Il governo ha intenzione di fare ricorso alla Consulta per contestare i provvedimenti della magistratura che rischiano di portare alla chiusura degli impianti dell’Ilva di Taranto. Lo ha detto al Gr1 il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà. Nel frattempo la questione approda in parlamento: martedì alle 11 le Commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera dei deputati sono state convocate per discutere sulla situazione dell’Ilva e sulle prospettive di riqualificazione. Riferirà il ministro dell’ambiente Corrado Clini.
TARANTO DIFENDE IL GIUDICE - Per la prima volta un migliaio di persone hanno partecipato a Taranto a una manifestazione voluta dal "Comitato cittadini e lavoratori liberi pensanti", che ha come portavoce Cataldo Ranieri, operaio 42enne dell’Ilva. Il comizio di Ranieri, che ha ricevuto applausi scroscianti, si è aperto nella centrale piazza della Vittoria con un applauso di ringraziamento rivolto al gip Patrizia Todisco che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell’Ilva. «Abbiamo il dovere di salvare la città e i nostri figli perchè noi siamo dei condannati a morte», ha detto Ranieri. «Mentre fino a qualche mese fa - ha detto Ranieri - si invitava la magistratura a fare il proprio dovere sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un giudice che ha fatto solo il suo dovere».
LA LINEA DEL GOVERNO - Conflitto di competenze. Da una parte c’è il sottosegretario Catricalà che spiega l’intezione del governo di appellarsi alla Corte Costituzionale, sottolineando che «il presupposto è la tutela della salute e dell’ambiente: valore che il governo vuole perseguire». Il governo vuole rispettare «le sentenze dei giudici. Però, alcune volte queste sentenze - ha spiegato Catricalà - non sembrano proporzionate rispetto al fine legittimo che vogliono perseguire e quindi noi chiederemo alla Corte Costituzionale di verificare se non sia stato menomato un nostro potere: il potere di fare politica industriale». Fa eco il ministro Clini: «È in corso la terapia per salvare Taranto malata d’ambiente. L’eutanasia non può essere una cura», scrive su Twitter, «Devono essere bene chiare le competenze e le attribuzioni dei compito. Ognuno deve fare il suo lavoro». Se il governo si schiera compatto per un salvataggio dell’azienda tenendo a rendere chiare le competenze dell’esecutivo, l’Associazione nazionale dei magistrati punta i piedi: «La magistratura non intende invadere l’ambito di competenza di altre Autorità, ma, in presenza di violazioni della legge penale, non può fare a meno di intervenire».
DOPO L’INCONTRO CON I SINDACATI - Verifiche saranno chieste anche dall’ex prefetto Bruno Ferrante, come dichiarato dal presidente di Ilva al termine dell’incontro fra i rappresentanti dei sindacati Fim, Fiom e Uilm. «Faremo tutti i ricorsi possibili nei vari gradi di giudizio e nel frattempo cercheremo di fare il possibile per gli impianti».
NUOVI BLOCCHI - Lunedì Fim e Uil, ma non la Fiom, hanno istituito due ore di sciopero e gli operai hanno bloccato in mattinata l’Appia. Blocchi e scioperi che riprenderanno da martedì almeno fino a venerdì, giorno in cui è previsto a Taranto l’arrivo dei ministri Corrado Passera, Paola Severino e Corrado Clini.

CORRIERE.IT - IL MINISTRO SEVERINO
TARANTO - Il ministro della Giustizia Paola Severino chiederà l’acquisizione dei due provvedimenti con i quali il gip di Taranto Patrizia Todisco ha confermato il sequestro degli impianti dell’Ilva di Taranto e ha revocato la nomina di Bruno Ferrante a curatore dello stabilimento. L’indiscrezione viene confermata da fonti ministeriali. «L’acquisizione degli atti - precisano da via Arenula - è un provvedimento preso per una valutazione degli atti per quanto è di competenza del ministro della giustizia».
IL PROVVEDIMENTO - L’iniziativa del ministro è stata presa nel pomeriggio, dopo che in mattinata si è diffusa la notizia del nuovo decreto del giudice Todisco. Un provvedimento che di fatto toglie ogni controllo del gruppo sulla gestione degli impianti sotto sequestro. L’ordinanza è stata notificata ieri sera dai carabinieri del Noe di Lecce. E sarebbe scaturita come reazione all’annunciato ricorso dell’Ilva al secondo decreto di sequestro degli impianti senza l’uso ai fini della produzione. «Tale circostanza – scrive il gip - rende manifesta l’incompatibilità del presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore dello stabilimento Ilva s.p.a. di Taranto con l’ufficio pubblico di custode ed amministratore delle aree e degli impianti dello stesso stabilimento sottoposti a sequestro preventivo, stante il palese conflitto tra gli interessi di cui il dottor Ferrante nella citata veste di amministratore e legale rappresentante dell’azienda è portatore e gli obblighi gravanti sui custodi ed amministratori dei beni in sequestro, in ragione dei quali sono state impartite le disposizioni ai medesimi notificate il 10.08.2012». Al posto di Ferrante il gip ha nominato Mario Tagarelli, iscritto all’albo dei commercialisti di Taranto, quale custode ed amministratore degli stessi beni, in aggiunta ai già nominati ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento.
I MINISTRI A TARANTO - Il premier Monti, che sta coordinando l’azione del governo in merito alla vicenda dell’Ilva di Taranto, ha chiesto ai ministri competenti di recarsi sul posto il 17 agosto e di riferire sulla situazione.
PASSERA: CHIUSURA DANNO IRREPARABILE- La risposta dell’esecutivo non si fa attendere: «Il Governo sta seguendo costantemente e con la massima attenzione la difficile e complessa questione dell’Ilva di Taranto», dichiara in una nota il ministro dello Sviluppo Corrado Passera. Passera afferma anche che la chiusura dell’impianto sarebbe «un danno irreparabile» e che «nulla sarà lasciato intentato».
CLINI: GIP IN CONTRASTO COL MINISTERO - Per Clini il nuovo provvedimento di sequestro e la revoca di Ferrante sono provvedimenti che vanno in collisione con l’azione del ministero: «La nuova disposizione del gip di Taranto - spiega - è in aperto contrasto con ciò che il Ministero dell’Ambiente ha avviato e non tiene conto del lavoro svolto e del ruolo del ministro».
LA POLITICA: INTERVENGA IL GOVERNO - Bersani è stato tra i primi leader politici ad intervenire sulla vicenda: «È indispensabile che il governo con tutti gli strumenti formali e informali che ha, faccia chiarezza sulla situazione dell’Ilva di Taranto. Bisogna essere consapevoli che la confusione attorno al più grande stabilimento siderurgico d’Europa farà presto il giro del mondo». Sulle stesse posizioni Angelino Alfano, segretario del Pdl: «Chiedo al presidente Monti di prendere direttamente e personalmente in mano il dossier Ilva, per almeno due ragioni fondamentali. La prima: la politica industriale la fa il Governo, non la magistratura e, con tutto il rispetto, non può essere un atto giudiziario a dire la parola definitiva sull’industria dell’acciaio in Italia. La seconda: vogliamo o no attrarre investitori anche internazionali? Se l’obiettivo è quello di spaventarli, ci stiamo riuscendo».
LO STUDIO: TUMORI IN AUMENTO - Intanto dal mondo scientifico giunge la conferma a un timore diffuso: nella zona di Taranto è maggiore del 15% l’incidenza dei tumori nell’area del sito dell’Ilva con un picco del 30% in più per quelli al polmone: i dati saranno presentati al ministero della Salute a metà settembre prossimo e fanno parte dell’indagine epidemiologica Sentieri, coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità. Il ministro Renato Balduzzi riceverà nei prossimi giorni nuovi dati sul rischio dal Centro per il controllo delle malattie
Redazione Online
(ha collaborato Reno Dinoi)

DE BAC INTERVISTA BALDUZZI
ROMA - Ministro Renato Balduzzi, è favorevole alla chiusura dell’impianto Ilva? L’intero governo è sceso in campo, anche il suo collega all’Ambiente Corrado Clini ha espresso dubbi sull’opportunità dell’ordinanza del giudice. E lei?
«È un problema da valutare con grande attenzione anche in base all’esperienza di altri Paesi con situazioni simili. Bisogna procedere con prudenza tenendo assieme piani di bonifica e di salvataggio dei posti di lavoro», interviene il responsabile del dicastero della Salute, in linea con il resto dell’esecutivo. Per la prima volta risponde sul caso scoppiato a Taranto. Anche ieri, dalla località turistica dove si trova per qualche giorno di villeggiatura, ha parlato per telefono col premier Monti concordando sul fatto che il governo si debba muovere lungo un’unica direzione. Soprattutto sul fronte della comunicazione.
Alcuni epidemiologi sostengono sia un’assurdità che i problemi occupazionali prevalgano su quelli legati alla salute della popolazione. È d’accordo?
«Ripeto, non ci possono essere gerarchie. Occorre un bilanciamento delle due questioni. Non dimentichiamoci che i problemi occupazionali incidono sulle condizioni di salute. La perdita del lavoro ha conseguenze negative sull’organismo e può costituire causa di malattia seria. Col ministero dell’Ambiente studieremo con attenzione i modelli applicati all’estero in eventi simili, ad esempio negli Stati Uniti e Australia dove si sono mossi con cautela senza sottovalutare ambedue gli aspetti».
Però i dati riguardanti l’effetto dei veleni dell’Ilva sulla popolazione generale sono spaventosi. L’incidenza dei tumori nella zona di Taranto circostante il sito siderurgico è superiore del 15% rispetto al resto della popolazione pugliese e raggiunge il 30% per il cancro al polmone. Non è argomento sufficiente per decidere di fermare la produzione?
«I dati sono inquietanti e in parte si riferiscono allo studio Sentieri già avviato da alcuni anni e che riguarda tutti i siti industriali oggetto di bonifica nazionale. Presenteremo a settembre lo studio completo. Però è necessario arricchire le indagini per avere un quadro più preciso e intervenire con iniziative efficaci. Faccio notare che nessun altro Paese dispone di una documentazione così vasta».
Che sta facendo il suo ministero?
«Vogliamo capire di più sui risultati delle iniziative anti inquinamento messe in campo dall’Ilva. Sono efficaci? Sono servite e serviranno ad abbassare il rischio per la popolazione? È fondamentale saperlo prima di muoversi».
Che altro?
«Entro il 15 ottobre riceverò i risultati di un’indagine di monitoraggio biologico condotta dalla Asl locale pugliese e dall’Istituto superiore di sanità. Verranno controllati i livelli di diossina e di metalli pesanti nel sangue o nelle urine degli allevatori del tarantino per valutare a quale grado di contaminazione sono esposti. Credo che questi due elementi, il calcolo dell’efficacia delle misure di bonifica adottate dall’Ilva e gli esami biologici, siano indispensabili per concertare un’azione seria. Non escludo che dopo aver acquisito queste informazioni venga istituita una task force permanente presso il ministero della Salute per rafforzare e coordinare gli interventi di tutela sanitaria a favore della popolazione colpita».
Avete fondi sufficienti, visti i tagli inflitti alla Sanità dalla legge di revisione della spesa? Potrete attingere a una parte dei 300 milioni stanziati dal governo per l’Ilva?
«Sarà materia di dialogo col ministero dell’Ambiente. Certo se verrà deciso di rafforzare ambulatori e servizi di prevenzione e cura sul posto non basteranno le risorse già previste per sostenere le attività del nostro Centro di sorveglianza delle malattie. Ragioneremo su questo argomento con Clini come abbiamo sempre fatto finora in vicende che ci vedono ambedue coinvolti».
Il premier Monti ha chiesto ad alcuni ministri di recarsi a Taranto il 17 agosto e di riferire sulla situazione. Sarebbero stati contattati Clini, Severino e Passera. Lei non c’è, come mai?
«Ne ho parlato con Monti, l’ho informato che intendo recarmi a Taranto all’inizio di settembre quando avrò dati aggiornati. Preferisco contribuire con elementi nuovi di valutazione. Ma se ritengono debba anticipare la mia visita, sono a disposizione».
La magistratura ha il diritto di intervenire su un fatto del genere?
«Sono il ministro della Salute. Altre considerazioni non mi competono».

IL MINISTRO SEVERINO
MILANO - «Auspico che una soluzione alla necessità di contemperare le esigenze ambientali con quelle occupazionali e della salute dei cittadini si possa e si debba trovare. Questa è la strada che il governo intende intraprendere». La nota del ministro della Giustizia Paola Severino arriva all’indomani della diffusione dei risultati dello studio "Sentieri" (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), che indica un’incidenza di tumori maggiore del 15% (con un picco del 30% in più per quelli al polmone) nell’area dell’Ilva di Taranto. L’Istituto superiore di sanità sulla base di quel testo ha presentato una relazione al ministro della Salute Renato Balduzzi. Il 17 agosto un gruppo di ministri andrà a fare un’ispezione (Passera, Clini e la stessa Severino, mentre Balduzzi dovrebbe andare a Taranto ai primi di settembre): «Per quanto è di mia competenza resto in costante contatto con la Presidenza del Consiglio e con i ministri che si recheranno presso gli stabilimenti dell’Ilva» fa sapere il Guardasigilli, che intanto ha chiesto l’acquisizione dei due provvedimenti con cui il gip di Taranto Patrizia Todisco ha ribadito il sequestro degli impianti e revocato la nomina di Bruno Ferrante dall’incarico di custode giudiziario dell’azienda siderurgica per conflitto d’interessi. Contro i due provvedimenti e il conseguente stop degli impianti il governo potrebbe ricorrere alla Consulta.
I NUMERI - Nei prossimi giorni sul tavolo del ministro Balduzzi arriveranno altri dati sul rischio per la salute dal Centro per il controllo delle malattie e dall’Asl pugliese che ha condotto un’indagine con l’Istituto superiore di sanità, mentre lo studio "Sentieri" (che riguarda 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche ed è stato già pubblicato sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione) saranno presentati al Ministero il 18 settembre: vi si legge che nell’area di Taranto sono stati rilevati un «eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone, per entrambi i generi, un eccesso compreso tra il 50% (uomini) e il 40% (donne) di decessi per malattie respiratorie acute», e un aumento de 10% nella mortalità per le malattie dell’apparato respiratorio. E ancora: «incrementi significativi della mortalità rispetto al resto della Puglia si verificano per tutte le cause e tutti i tumori. Tra questi mesoteliomi pleurici, neoplasie epatiche, polmonari, linfomi, demenze e malattie ischemiche del cuore». Nelle conclusioni si afferma che nel periodo 1995-2008 i dati mostrano un quadro della mortalità per la popolazione residente nel sito di Taranto «che testimonia la presenza di un ambiente di vita insalubre».
ALTE CONCENTRAZIONI - Gli incrementi di rischio sono riferibili, secondo gli autori, a esposizioni professionali a sostanze chimiche utilizzate o emesse nei processi produttivi presenti nell’area. Questi stessi inquinanti sono presenti anche nell’ambiente di vita a concentrazioni alte. Un elemento che spiega come mai i tassi di maggiore rischio di mortalità per tumore nella zona si registra in entrambi i sessi e non solo fra i lavoratori, ma anche nei bambini. Anche con rischi prima della nascita: c’è un eccesso del 15% di mortalità legata alle malformazioni congenite. L’Associazione Italiana di Epidemiologia considera «solidi e affidabili i risultati della perizia epidemiologica che ha permesso al gip di Taranto di quantificare i danni sanitari determinati, sia nel passato sia nel presente, dalle emissioni nocive degli impianti dell’Ilva». L’associazione auspica che la proprietà dell’Ilva, «responsabile dei danni rilevati dalla magistratura, metta in atto in tempi brevi tutte le azioni di adeguamento e bonifica richieste, permettendo il dissequestro tempestivo degli impianti e non facendo ricadere sui lavoratori le conseguenze nefaste delle proprie scelte che già hanno danneggiato la popolazione».
GARATTINI - Fa dei distinguo Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Il suo nome è stato tirato in ballo insieme a quello dell’oncologo Umberto Veronesi in un’intervista del Corriere della Sera a Bruno Ferrante, neo presidente dell’Ilva, come possibili candidati per la costituzione di un gruppo di scienziati in grado affrontare in maniera indipendente l’emergenza inquinamento a Taranto. «I dati sull’incremento dei casi di tumore vanno valutati molto attentamente e bisognerebbe vedere come è stato condotto lo studio. Questa tipologia di problemi va infatti osservata in modo adeguato, perché c’è sempre il rischio di creare da una parte un eccesso di allarmismo, e dall’altra di sottovalutare i risultati» spiega Garattini. Secondo l’esperto, «non si può ascrivere un fenomeno generalizzato ad una sola causa, ma vanno analizzate anche le concause e le possibilità di intervento». Il farmacologo si dice inoltre disponibile a «mettere la sua esperienza e le sue conoscenze al servizio dello Stato per il caso Ilva di Taranto, ma per ora non ho ricevuto alcuna chiamata o invito».
Redazione Salute Online

ARTICOLO DI ANTONIO POLITO USCITO IERI
I n una società liberale e ben ordinata la legge prevale su tutto, su interessi privati e su poteri pubblici. In Italia l’interpretazione della legge prevale su tutto, e non è proprio la stessa cosa. Il caso dell’Ilva di Taranto e dell’andirivieni giudiziario che ha innescato è esemplare. C’è voluta infatti un’ordinanza aggiuntiva e interpretativa del Gip, che fa seguito a una sentenza del Tribunale del Riesame, che a sua volta giudicava un provvedimento di sequestro disposto dal giudice su richiesta dalla Procura, per far capire a tutti che «sequestro» degli impianti vuol dire anche «fermo» degli impianti. Esattamente quello che l’intera città di Taranto, la provincia, la regione, il governo, i lavoratori e i datori di lavoro speravano di evitare. Spegnere un altoforno è un processo lungo e complesso, che richiede molti mesi. La paura di tutti è che, una volta spento, non si riaccenda mai più.
La battaglia legale è dunque destinata a continuare, e con essa l’incertezza sulla sorte della più grande acciaieria rimasta in Europa e del reddito di migliaia di famiglie. Sempre più spesso grandi dilemmi sociali e morali come questo finiscono nell’imbuto del processo giudiziario. In parte è frutto della crescente complessità delle nostre società. Nel caso in questione, per esempio, confliggono l’interesse alla salute e quello al lavoro di una stessa comunità. Ma questo fenomeno di giurisdizzazione del conflitto dipende anche dalla ignavia e dalla latitanza dei sistemi cui le società democratiche affidano di solito il governo della complessità.
La taranta giudiziaria sull’Ilva arriva infatti quando di grandi acciaierie non ne sono praticamente più rimaste nelle città europee. Si tratta di produzioni inquinanti, di un’industria pesante nata a cavallo tra Ottocento e Novecento, difficilmente compatibile con un tessuto urbano. Solo il difetto della programmazione economica e il ricatto dell’occupazione in zone che altrimenti ne sarebbero sprovviste ha rallentato da noi il processo di delocalizzazione, nonostante gli innumerevoli ministri dell’Industria che si sono succeduti e le interminabili discussioni parlamentari. Allo stesso modo ci sarebbe da chiedersi come è possibile che l’ordinario controllo delle emissioni nocive e della salute dei cittadini sia stato così carente da dover essere surrogato nella concitazione dell’emergenza da un provvedimento giudiziario. E sì che abbiamo istituito le Regioni proprio per dar loro le competenze dell’ambiente e della sanità, che ci costano non poco; e sì che abbiamo Asl gestite dal potere politico e addirittura agenzie al controllo ambientale dedicate, come l’Arpa in Puglia, e pletore di assessori alla Qualità della vita e alla Legalità. Dov’era la Regione del presidente Vendola mentre l’Ilva inquinava l’aria al punto che una procura ne ha ordinato la chiusura immediata, senza appello, senza nemmeno il tempo di risanare tenendo accesi gli impianti, come pure tardivamente si era deciso con soldi stanziati dal governo tramite un decreto che l’«interpretazione» del Gip ha ora stracciato?
E se la colpevole e prolungata ignavia del padrone è spiegabile (ma non giustificabile) con la difesa del profitto, da che cosa è motivata invece quella del sindacato? Tre mesi fa furono proprio i lavoratori dell’Ilva ad annusare per primi la tempesta che si stava abbattendo sulla loro fabbrica, ma per lanciare l’allarme dovettero andare in piazza senza i sindacati, e un po’ anche contro di loro.
Con una tale abbondanza di corpi democratici che non fanno il dover loro, si spiega l’innaturale e crescente funzione di supplenza che svolge la giustizia. È un fenomeno molto diffuso anche negli Stati Uniti, con la differenza che lì a surrogare sono poteri altrettanto democratici, come quelli dei prosecutor e dei giudici eletti, mentre qui ad intervenire sono poteri burocratici, come pur sempre vanno definiti dei funzionari pubblici nominati per concorso quali i magistrati. A loro non si può dunque chiedere sensibilità sociale o politica, attitudine al compromesso e alla mediazione. E anche volendo non potrebbero, perché vincolati dall’obbligatorietà dell’azione penale alla ferrea logica binaria del consentito e del proibito, che così poco si adatta alla complessità della vita sociale.
Senza un netto miglioramento qualitativo della nostra vita democratica, dell’efficacia e della leale collaborazione dei nostri poteri pubblici, questo processo continuerà, e da Eluana a Taranto deciderà sempre più spesso della vita delle persone.
Antonio Polito

ROMA — Non è una scoperta dell’ultima ora. Da anni il ministero della Salute segue l’andamento della mortalità per malattia nelle zone dove sono presenti i cosiddetti SIN, i siti di interesse nazionale per la bonifica. Quarantaquattro aree con grandi agglomerati industriali. C’è anche l’Ilva di Taranto, naturalmente. E i dati, aggiornati in un secondo tempo e che abbracciano il periodo 1995-2008, sono pesanti. Confermano il rischio di gravi danni alla salute per la popolazione, lavoratori e abitanti in generale.
L’incidenza di tumori nei quartieri attorno al colosso della siderurgica è maggiore del 15% con un picco del 30% per il carcinoma al polmone. Lo studio completo, pubblicato sul sito di Epidemiologia e prevenzione, la rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, verrà presentato a settembre. Si chiama «Sentieri» (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento).
L’Istituto superiore di sanità, sulla base di quel testo, ha presentato una relazione al ministro Balduzzi. Tra l’altro si legge che «incrementi significativi della mortalità rispetto al resto della Puglia si verificano per tutte le cause e tutti i tumori. Fra questi mesoteliomi pleurici, neoplasie epatiche, polmonari, linfomi, demenze e malattie ischemiche del cuore». Ancora si chiarisce che «i nessi causali con le esposizioni ambientali presenti nel sito sono contraddistinti da diversi livelli di persuasività scientifica» specie per quanto riguarda tumori polmonari e malattie respiratorie acute e croniche. Nelle conclusioni il quadro di mortalità viene giudicato «molto critico» sia per gli uomini sia per le donne. Lo studio di aggiornamento, come già veniva evidenziato nel rapporto «Sentieri», mostra un aumento di eventi mortali già nel primo anno di vita dei bambini.
Dallo studio emerge anche un tasso di mortalità per malattie respiratorie del 10 per cento superiore alla media, mentre si registra un eccesso del 15% per gli uomini e 40% per le donne di mortalità per malattie dell’apparato digerente. Infine, un 15% in più di mortalità legata a malformazioni congenite. Allarme anche per gli animali: «Risultati di campagne di monitoraggio, effettuate dalla ASL di Taranto dal marzo 2008 a oggi, hanno segnalato che in alcune aziende zootecniche presenti sul territorio del Comune e della Provincia di Taranto è presente una importante contaminazione della catena trofica da composti organoalogenati».
Nel rapporto relativo al sito di Taranto colpisce un’affermazione. Esistono elementi epidemiologici sufficienti per testimoniare l’esistenza «di un ambiente di vita insalubre». Tra i suggerimenti dei ricercatori riguardo le attività da intraprendere «l’avvio di programmi di sorveglianza sanitaria ed epidemiologica basati sul monitoraggio biologico umano». Ci si domanda per quale motivo, di fronte a conclusioni tanto perentorie, non siano stati avviati interventi più incisivi.
La ricerca «Sentieri» censisce 44 su 57 siti con agglomerati industriali pericolosi. Gela, Porto Torres, Massa Carrara, Falconara, Milazzo. Anche a Porto Torres gli incrementi di patologie tumorali e respiratorie legate a emissioni di stabilimenti metallurgici sono all’ordine del giorno.
M. D. B.

RITRATTO DEL GIUDICE PATRIZIA TODISCO (SUL CORRIERE DI OGGI)
DAL NOSTRO INVIATO
TARANTO — Patrizia va alla guerra. Sola. Gli articoli del codice penale sono i suoi soldati e il rumore dell’esercito «avversario» finora non l’ha minimamente spaventata. «Io faccio il giudice, mi occupo di reati...» è la sua filosofia.
Il presidente della Repubblica, il Papa, il ministro dell’Ambiente, il presidente della Regione, i sindacati, il Pd, il Pdl... L’Ilva è argomento di tutti. Da ieri anche del ministro Severino, che ha chiesto l’acquisizione degli atti, e del premier Mario Monti che vuole i ministri di Giustizia, Ambiente e Sviluppo a Taranto il 17 agosto, per incontrare il procuratore della Repubblica.
Anna Patrizia Todisco «ha le spalle grosse per sopportare anche questa» giura chi la conosce. Ha deciso che l’Ilva non deve produrre e che Ferrante va rimosso? Andrà fino in fondo. Non è donna da farsi scoraggiare da niente e da nessuno: così dicono di lei. E nemmeno si aspetta la difesa a spada tratta della procura tarantina o di quella generale che sulle ultime ordinanze, comunque, non hanno aperto bocca. Ieri sera alle otto il procuratore generale Giuseppe Vignola, in Grecia in vacanza, ha preferito non commentare gli interventi del ministro Severino e del premier Monti «perché non ho alcuna notizia di prima mano e non me la sento di prendere posizione». È stato un prudente «no comment» anche per il procuratore capo di Taranto Franco Sebastio. Nessuna affermazione. Che vuol dire allo stesso tempo nessuna presa di posizione contro o a favore della collega Todisco. Quasi un modo per studiare se prenderne o no le distanze.
Lei, classe 1963, né sposata né figli, lavora e segue tutto in silenzio. La rossa Todisco (e parliamo del colore dei capelli) è cresciuta a pane e codici da quando diciannove anni fa entrò nella magistratura scegliendo e rimanendo sempre nel Palazzo di giustizia di Taranto. Dei tanti procedimenti aperti sull’Ilva finora non ne aveva seguito nessuno. Il mostro d’acciaio dove sua sorella ha lavorato fino al 2009 come segretaria della direzione, lo ha sempre osservato da lontano. Non troppo lontano, visto che è nata e vive a pochi chilometri dal profilo delle ciminiere che dev’esserle quantomeno familiare.
Il giudice Todisco non è una persona riservata. Di più. E ovviamente è allergica ai giornalisti. «Non si dispiaccia, proprio non ho niente da dire» è stata la sola cosa uscita dalle sue labbra all’incrocio delle scale che collegano il suo piano terra con il terzo, dov’è la procura. Lei non parla, ma i suoi provvedimenti dicono di lei. Di quel «rigore giuridico perfetto» descritto con ammirazione dai colleghi magistrati, o dell’interpretazione meno benevola di tanti avvocati: «Una dura oltremisura, rigida che più non si può». Soltanto un legale che non la conosce bene potrebbe avvicinarla al bar del tribunale per dirle cose tipo «volevo parlarle di quell’istanza che vorrei presentare...». Nemmeno il tempo di finire la frase. «Non c’è da parlare, avvocato. Lei la presenti e poi la valuterò». E che dire dei ritardi in aula? La sua pazienza dura qualche minuto, poi si comincia, e poco importa se l’avvocatone sta per arrivare, come spiega inutilmente il tirocinante. Istanza motivata o niente da fare: si parte senza il principe del foro.
La carriera di Patrizia Todisco è cominciata nel più delicato dei settori: i minorenni, poi fra i giudici del tribunale e infine all’ufficio gip dove si è occupata di violenze sessuali, criminalità organizzata, corruzione. Qualcuno ricorda che la giovane dottoressa Todisco una volta fece marcia indietro su un suo provvedimento, un bimbetto di cinque anni che aveva tolto alla famiglia per presunti maltrattamenti. Una perizia medica dimostrò che i maltrattamenti non c’entravano e lei si rimangiò l’ordinanza. Mai tenera con nessuno. Nemmeno con il ragazzino che aveva rubato un pezzo di formaggio dal frigorifero di una comunità: «alla fine fu assolto» racconta l’avvocato «ma lo fece così nero da farlo sentire il peggiore dei criminali».
Giusi Fasano
@GiusiFasano

WIKIPEDIA SU TARANTO
Taranto (Tàrde in dialetto tarantino) è un comune italiano di 195 882 abitanti [3], capoluogo dell’omonima provincia in Puglia.
È il secondo[4] comune della regione per popolazione. L’area vasta tarantina è costituita da 28 comuni, dei quali Taranto è il capofila[5]. Situata nell’omonimo golfo sul mar Ionio, si estende tra due mari: il Mar Grande ed il Mar Piccolo. Insieme a Pilone, nel territorio di Ostuni (BR), e a Santa Maria di Leuca (LE), rappresenta uno dei vertici ideali del Salento.
È sede di un grande porto industriale e commerciale e di un arsenale della Marina Militare Italiana, nonché della maggiore stazione navale. Vi si trova, inoltre, un importante centro industriale, con stabilimenti siderurgici (tra i quali il più grande centro siderurgico d’Europa), petrolchimici, cementiferi e di cantieristica navale[6]. È anche attiva l’industria del liquore.
Le attività principali della provincia sono l’agricoltura, la pesca, l’industria nei settori aeronautico, chimico, alimentare, tessile, l’artigianato, la lavorazione del legno, del vetro e della ceramica.
[...]
Taranto è una delle città più inquinate dell’Europa occidentale per i veleni emessi delle industrie del suo territorio[19], e con un tasso tumorale ben più alto rispetto alla media nazionale[20].
Per quanto riguarda la diossina, si diffonderebbe su una vasta area geografica, a seconda dei venti, in particolare tramite un camino dell’impianto di agglomerazione alto 210 metri dell’Ilva.
Gli impianti dell’Ilva emettevano nel 2002 il 30,6% del totale di diossina italiano, ma secondo le associazioni ambientaliste, la percentuale sarebbe salita nel 2005 al 90,3%, contestualmente allo spostamento in loco delle lavorazioni "a caldo" dallo stabilimento di Genova[21]. In base ai dati INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) del 2006, la percentuale si sarebbe infine assestata al 92% rispetto al totale delle emissioni industriali di diossina dichiarate dalle aziende al Ministero dell’Ambiente.
Nel 2007 nasce il comitato cittadino "Taranto Futura", con l’obiettivo di stimolare la classe politica ad una severa presa di posizione nei confronti della grande industria, l’Ilva in particolare, sospettata del crescente numero di morti per neoplasie. Il comitato, per voce del suo presidente, il Giudice Onorario Avv. Nicola Russo, si fa promotore un anno dopo di un referendum popolare riguardante la chiusura totale o parziale dell’Ilva, sulla scorta di quanto già avvenuto per lo stabilimento di Genova[22].
Nel marzo 2008 l’associazione Peacelink commissiona delle analisi e viene riscontrato in un formaggio pecorino locale una forte contaminazione da diossina.
Nel dicembre 2008, la Regione Puglia approva a maggioranza una legge regionale contro le diossine. La norma impone limiti alle emissioni industriali a partire da aprile 2009: l’Ilva, come le altre aziende, dovrà scendere a 0,4 nanogrammi per metrocubo entro il 2010[23]. Nel febbraio 2009, una modifica alla legge regionale ha però allungato i tempi per il primo taglio dei limiti di diossina a 2,5 nanogrammi per metrocubo, spostando dal primo aprile al 30 giugno l’entrata in vigore del limite stesso[24].
Il 28 novembre 2009 il Comitato "Alta Marea contro l’inquinamento" organizza una grande manifestazione (replica della precedente che si ebbe l’anno prima, il 29 novembre 2008) contro l’inquinamento alla quale partecipano circa 20 000 cittadini.
Il 7 agosto 2012 il tribunale del Riesame di Taranto conferma il provvedimento di sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva predisposto dal gip di Taranto Patrizia Todisco, sequestro vincolato alla messa a norma dell’impianto. Conferma inoltre gli arresti domiciliari per Emilio Riva, per suo figlio Nicola e per l’ex dirigente dello stabilimento Luigi Capogrosso. «Chi gestiva e gestisce l’Ilva, ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza», scriveva il gip di Taranto Patrizia Todisco.