Corriere della Sera 11/8/2012, 11 agosto 2012
ROBERTO BAGNOLI
ROMA - Arriva lo scudo antiscalate per proteggere le aziende portatrici di «interessi essenziali per la difesa e sicurezza nazionale». Lo ha deciso il governo con un provvedimento tecnico che va a integrare la legge del maggio scorso sulla golden share. Viene messa così al sicuro la galassia Finmeccanica che è arrivata a valere in Borsa meno di due miliardi di euro e al centro di possibili scalate da parte di speculatori stranieri. Il provvedimento riguarda altre aziende come Thales Alenia Space (satelliti), Telespazio (scudi protezione) e Avio (sistemi aerospaziali) partecipate da Finmeccanica con quote di minoranza. E anche Fincantieri (controllata al 99% da Fintecna del Tesoro) per il comparto di costruzioni di navi da guerra.
Il provvedimento adottato ieri è una vera rivoluzione nell’ambito dei poteri di veto in aziende sensibili: si passa infatti dalla golden share al golden asset e al golden power. Scompaiono le soglie minime di rilevanza (di solito fissate al 5%) e vengono introdotti criteri molto più flessibili che si adattano caso per caso ma il potere del governo è più esteso: non si limita alle aziende pubbliche o controllate dallo Stato ma coinvolge anche le private, non quotate. È sufficiente che il ministro della Difesa segnali al premier Mario Monti l’esistenza di una «minaccia di grave pregiudizio agli interessi essenziali della difesa e sicurezza nazionali» e il governo interviene per bloccare o «regolare» l’eventuale cessione. In questo senso non riguarda più e solo le fantomatiche scalate o Opa ostili ai gioielli di Stato ma anche imprese private che producono pezzi per missili o altri armamenti. Il lungo elenco approvato ieri riguarda in sostanza armi pesanti e sistemi militari complessi ma ne è atteso anche un altro per «proteggere» il comparto delle armi leggere come, per esempio, la mitica Beretta.
L’esecutivo potrà così esercitare i propri poteri attraverso imposizioni di specifiche condizioni all’acquisto di partecipazioni o ponendo un veto all’adozione di particolari delibere societarie. Non ci sono più limiti all’azione di tutela. Paradossalmente un fondo estero potrà sì acquisire il controllo di una azienda "sensibile" - per esempio Fincantieri - ma per la parte militare non potrà avere sovranità né accedere a brevetti o condizionare la progettazione.
Con l’abolizione delle quote predeterminate il governo soddisfa le obiezioni che Bruxelles aveva fatto alla legge di maggio ed estende di fatto il potere di interdizione contro azioni non gradite da Paesi ostili. Per ora il provvedimento non comprende altri settori sensibili come l’energia e le telecomunicazioni ma la legge contro le scalate è considerata dal governo sufficiente anche se presto arriveranno altri provvedimenti ad hoc dopo le annunciate operazioni di cessione societaria alla Cassa depositi e prestiti come la Snam.
Il decreto varato ieri, si legge nella nota diffusa dal Palazzo Chigi, sarà sottoposto al parere del Consiglio di Stato e comunicato alle competenti commissioni prima della sua adozione. La filiera Finmeccanica diviene di fatto blindata come aveva del resto chiesto il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola nell’intervista al Corriere della Sera di un mese fa e si allontana l’ipotesi di rimozione del capoazienda Giuseppe Orsi.
Nel ventre di Finmeccanica - anche se con una partecipazioni del 15% - ci sono anche una quota di minoranza di Avio (sistemi di propulsione aerospaziali) mentre il controllo è esercitato dal fondo inglese Cinven che ha già firmato un accordo per cedere le azioni al Fondo strategico di Cassa depositi e prestiti.
Roberto Bagnoli
IL CASO ANSALDO
MASSIMO SIDERI
Alla fine le aziende sono un po’ come le persone: devi guardare dentro le loro storie per capirle fino in fondo. Nel 1854 la storica Giovanni Ansaldo a Genova costruiva la prima locomotiva a vapore italiana. Se andate sul sito dell’Ansaldo Breda, la società di Finmeccanica nata dall’accoppiamento genetico di quella Ansaldo con la meneghina Ernesto Breda che nel 1907 consegnava la locomotiva numero 1.000, verrete invitati a Rimini tra 8 giorni a «scoprire il più bel treno del mondo». Che probabilmente è veramente il più bel treno del mondo. Ma che deve fare i conti, come si legge nel bilancio Finmeccanica del 2011, con il fatto che l’azienda «non ha prospettive commerciali nel medio termine» e che i «prodotti hanno oggettive difficoltà a competere sul mercato ferroviario estero», come certificato da una primaria società di consulenza. Il che vuole dire problemi occupazionali, rischi concreti di svendite, perdita di spirito imprenditoriale e industriale. Allo stesso tempo, cambiando pagina nello stesso bilancio Finmeccanica, troviamo la storia di Ansaldo Sts, gioiello tecnologico con sede nella stessa Genova, leader nei sistemi di segnalazioni in movimento. Che detto così potrà non volere dire nulla. Ma che tradotto significa smart city e nuova economia dei sensori, quelli che secondo gli esperti verranno presto inglobati in tutto, dalle ferrovie ai frullatori, per dare vita all’Internet degli oggetti. Nel caso Ansaldo c’è un po’ tutto: ecco di cosa parliamo quando parliamo di declino industriale del Paese ma anche di eccellenza e speranza nello spirito rinascimentale che si potrà essere affievolito, ma da qualche parte ce ne deve pur essere rimasto un pochino.
La galassia Ansaldo — Sts, Breda e Energia — è così la metafora involontaria dell’industria italiana: 10 mila posti di lavoro in tutto. Alcuni al sicuro, altri meno. Ma tutti accomunati ora dalla necessità di Finmeccanica di fare cassa per raddrizzare il debito e dal fatto di non essere «protetti» dalla golden share del decreto di ieri. Materiale incandescente, non solo potenzialmente: lo scorso 7 maggio due motociclisti hanno avvicinato sotto casa l’amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare (Ansaldo Energia), Roberto Adinolfi, sparandogli alle gambe e facendo riapparire lo spettro del terrorismo e delle Br.
Sono pezzi d’industria che di certo hanno anche un coté politico visto che di mezzo c’è il ministero dell’Economia come azionista (di Finmeccanica) e che con le elezioni attese per il 2013 non possono non impensierire in qualche maniera il governo.
Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, ne ha anche parlato di fronte alla commissione industria della Camera. È vero che le prime mosse sono già state fatte: nel corso del 2011 la Ansaldo Energia è passata sotto la Ansaldo Energia Holding il cui 45% è stato ceduto al fondo Usa First Reserve Corporation. Mentre il 60% della Sts è già in Borsa e dunque potenzialmente scalabile (Ubs ha circa il 4,6% mentre un altro 2% è della Altrinsic Global Advisors Llc). Ma cosa ben diversa sarebbe l’uscita di Finmeccanica e il passaggio a un socio straniero. Per Ansaldo Energia c’è già alle porte Siemens che però potrebbe puntare a tenere solo il business della manutenzione in giro per il globo mentre il colosso giapponese Hitachi vorrebbe Breda ma portandosi a casa Sts.
I sindacati sono preoccupati. Ma anche il governo ha promesso di monitorare da vicino l’evoluzione del caso Ansaldo. La linea del ministero è che Finmeccanica può legittimamente decidere col suo management gli asset che non sono più strategici. Ma non è detto che ciò che non è strategico per Finmeccanica non lo sia per il Paese. Stiamo parlando non solo di occupazione in un momento di crisi e peraltro in aree come quelle di Genova e Napoli (Breda) già in tensione, ma anche di energia, ferrovie e alta tecnologia. Passera ha così fatto capire in commissione che se va bene vendere un’azienda in salute per fare cassa allo stesso tempo non ci si potrà disinteressare della volontà industriale dell’acquirente. Il modello dovrebbe essere quello del Nuovo Pignone, lo stabilimento delle turbine Eni passato alla General Electric senza la perdita per il Paese di un polo occupazionale di eccellenza, e non di una Terni passata alla Thyssen Krupp. Mentre sulla Breda sarebbe meglio prima raddrizzare la situazione per evitare la svendita. Non facile, certo. Specie di questi tempi. Senza contare i vincoli contrattuali come quelli che prevedono la possibilità per le banche finanziatrici di ritirare la disponibilità in caso di cambio di controllo di Ansaldo Energia nei prossimi 5 anni.
Massimo Sideri
msideri@corriere.it