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 2012  agosto 10 Venerdì calendario

SE ANDARE IN CORDATA (CON MESSNER) AIUTA BANCHIERI E MANAGER —

Dormono in dieci in una stretta camerata di un rifugio in alta quota. O in un fienile. Mangiano panini in cima a una vetta delle Dolomiti. Intonano canzoni d’alta montagna di fronte a una tavola imbandita con grappa e tovaglia a quadretti rossi. E guadagnano, in diversi casi, stipendi milionari. Sono (soprattutto) amministratori delegati o presidenti di grandissime società tedesche, del calibro di Siemens e Deutsche Telekom. E non disdegnano di passare dagli alberghi a cinque stelle della propria «prima vita» da businessman o professionista, ai rifugi a cinquemila stelle (quelle nei cieli d’alta montagna) di una «seconda vita» tra rocce, sentieri e nevai.
Qualcuno li ha battezzati «i ragazzi del Dax». Proprio ragazzi non sono, vista l’età e diverse chiome brizzolate. Ma l’indice della Borsa di Francoforte — il Dax, appunto — ben riassume la loro identità «economica». E una volta l’anno, d’estate, si incontrano e scalano un monte con tanto di ramponi e ghette (per i ghiacciai), corde ed elmetti (per le arrampicate). Il «club» («i Similauner») prende il nome dal primo monte scalato venti anni fa, il Similaun, tra Italia ed Austria. Da allora si sono messi lo zaino sulle spalle personaggi come l’editore Hubert Burda, Kasper Rorsted (Henkel) e Herbert Hainer (Adidas). Quest’anno, a fine agosto, il gruppo tornerà sul Similaun. Ci saranno per esempio René Obermann (Deutsche Telekom) e Wolfgang Reitzle (Linde). E tra gli invitati c’è anche l’ex numero uno di Deutsche Bank, Josef Ackermann.
A loro — a tutti i Similauner — ha dedicato un servizio la rivista tedesca «Manager Magazin», con tanto di foto di vita da top manager in un rifugio di alta montagna: Dax, birra e rustiche tavolate di legno. Mancano solo le colleghe di pari livello: il club — e gran parte del Dax — è tutto al maschile.
C’è poi anche un libro, in lingua tedesca («Die touren der Similauner», di Peter Hoch, editore Hubert Burda) che racconta, anno dopo anno, le gite dei businessmen montanari. Dal Catinaccio al Brenta fino a Colfosco, amministratori delegati e presidenti hanno percorso una buona fetta dell’arco alpino orientale. E avrebbero addirittura attirato l’attenzione di un italiano poi diventato presidente del consiglio: Mario Monti, che — secondo «Manager Magazin» — avrebbe apprezzato il «fare squadra» dei manager.
A guidare i vari banchieri e industriali c’è anche un italiano, che è pure tra i padri fondatori del «club»: lo scalatore Reinhold Messner. Di lingua tedesca, ma italiano. Insomma — anche in questi tempi di spread, di super Germania e Italia in crisi — un nostro connazionale guida, seppur per pochi giorni l’anno (e in montagna, non sui mercati), i vertici dell’economia tedesca.
Il binomio montagna-manager e l’accoppiata scalata-ufficio non sono un’esclusiva dei Similauner e della Germania. In Italia, per esempio, ne parla un libro dal titolo eloquente: «La montagna: una scuola di management. La determinazione del singolo e della squadra sono le chiavi del successo sul K2 come in azienda» (di Agostino Da Polenza e Gianluca Gambirasio, FrancoAngeli Edizioni). Attraverso le testimonianze di alpinisti, capi spedizione e manager o imprenditori con la passione per l’alpinismo, il mondo della montagna viene visto come uno stimolo al miglioramento dei gruppi di lavoro in azienda.
Dietro l’idea del libro ci sono le analogie nei meccanismi che portano al successo o al fallimento in azienda come in montagna. E la cordata di alpinisti è considerata una metafora dei «team» di lavoro impegnati a raggiungere gli obiettivi aziendali. Insomma, l’alta montagna non è poi così lontana dagli uffici e dalle fabbriche. E, se già si sapeva che era una valida scuola di vita, adesso vale anche come palestra per il lavoro.
Giovanni Stringa