Lucia Annunziata, Gioia 6/8/2012, 6 agosto 2012
LA STRANA SIRIA DI VOGUE AMERICA
Una giornalista di grido, una testata di prestigio mondiale, una guerra civile: sono gli elementi dello scandalo che sta scuotendo il mondo dei media americani, scoprendone le debolezze e le carenze e rivelando, al tempo stesso, molte stupidità collettive e individuali. La storia è semplice: Joan Juliet Buck, giornalista newyorchese della moda, intervista Asma al-Assad, la first lady della Siria, per Vogue America. L’articolo viene pubblicato sulla copertina del famoso mensile con un titolo lusinghiero: La rosa del deserto. È il febbraio del 2011 e le piazze di molte città mediorientali, comprese quelle siriane, sono piene di gente che protesta: la primavera araba comincia a scuotere le fondamenta delle dittature di diversi Paesi del Mediterraneo.
In pochi mesi, le piazze che hanno ospitato manifestazioni pacifiche cominciano a riempirsi di morti e feriti: proprio la Siria diventa l’epicentro delle repressioni più feroci, con migliaia di civili morti per i bombardamenti ordinati dal presidente Bashar al-Assad.
Quindi, a febbraio dell’anno scorso, la drammaticità della situazione siriana era ben visibile, ma nell’articolo della Buck non ce n’è traccia. La signora Assad, educata in Inghilterra (come il marito), figlia di buona famiglia, è bellissima e chic e la giornalista abbocca all’amo di quest’immagine di perfezione. La coppia presidenziale viene raccontata mentre cena con i figli e la Siria presentata come uno Stato moderno e benefico. Quello che all’inizio sembra uno scoop, diventa ben presto un danno che crea imbarazzo. La casa editrice di Vogue corre ai ripari, cancellando l’articolo dal sito.
Ma l’indignazione generale, alimentata dagli oppositori siriani, e dagli ambienti di Washington che ruotano attorno alla politica estera, non si placa: com’è possibile che un giornale così prestigioso abbia fatto un tale passo falso? Si tratta di corruzione o, peggio, di stupidità?
Abbiamo avuto la risposta. Joan Juliet Buck ha infatti scritto un altro articolo per giustificarsi. E sapete qual è la sua scusa? Lo dice già nel titolo: Così sono stata ingannata dagli Assad. «Il presidente e sua moglie», racconta la giornalista, «mi hanno mostrato una realtà distorta e io ci sono cascata». La lettura del testo fa rizzare i capelli. La Buck confessa infatti candidamente di aver accettato l’incarico «senza sapere nulla della Siria» e di essersi preparata, «facendo una ricerca su Internet». Arrivata nel Paese, non ha colto i molti segnali che pur le sono passati sotto il naso. Per dirne uno: ha chiesto di parlare con l’ambasciatore francese e, quando lo ha incontrato, il diplomatico ha tolto la scheda telefonica al suo cellulare e a quello della giornalista prima di aprire bocca. Ed è stato comunque quasi immediatamente interrotto dalla portavoce della signora Assad. Chiunque avrebbe pensato che qualcosa non andava, Joan Juliet no, e solo ora, dopo molti mesi, riconosce che forse avrebbe dovuto fare più attenzione. Non resta che riflettere su una serie di considerazioni: il giornalismo è una cosa seria e non tutti possono farlo; si confonde troppo spesso, oggi, la conoscenza della realtà con quello che c’è scritto nel web. Ma forse la conclusione più importante è che non bisogna mai cullarsi nell’idea che quel che fanno le donne è sempre meglio di quello che fanno gli uomini.
Lucia Annunziata