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 2012  agosto 09 Giovedì calendario

IL SEGNO ASTRALE DELLA VIRILIT


Marte è da sempre sinonimo di sfida. Sia che si tratti del pianeta rosso, sia che si tratti del dio delle battaglie. Sin dalla sua nascita il più bellicoso degli immortali è il simbolo dello slancio vitale, del cuore gettato oltre l’ostacolo, dello sprezzo del pericolo, dell’apertura di nuove frontiere. Con tutte le incognite del caso. La mitologia fa della sua stessa venuta al mondo un fatto senza precedenti. Una generazione monoparentale. Perché sua madre Giunone questo figlio se lo fa da sola con l’aiuto di un fiore fecondante. Una vera e propria impollinazione artificiale che segna per l’eternità il suo carattere di wild boy senza padre. Coraggioso, privo di calcolo, sempre pronto a menar le mani, si incendia per un nonnulla, si accende di passione per Venere. Non a caso gli antichi gli associavano l’astro che avvampa di rossore come un display soprannaturale.
È Omero, nel diciassettesimo libro dell’ Iliade a darci la descrizione più impressionante degli effetti del dio della guerra.È il momento in cui Ettore indossa la armi di Achille e una improvvisa furia bellica si impadronisce di lui.
Schiuma alla bocca, occhi lampeggianti, muscoli frementi, arterie pulsanti. Insomma la forza è con lui. E con il suo spirito. Che obbedisce solo agli ordini di Ares. Nome greco di Marte. Che in realtà è più un dio del combattimento che un dio della vittoria. Perché le sue imprese spesso si risolvono in altrettanti flop. La sua energia selvaggia viene surclassata dalla forza intelligente di Ercole, il suo impeto distruttivo viene ridicolizzato dalla saggezza unisex di Atena. E le sue fiammate amorose vengono raffreddate da Venere che lo fa becco con il femmineo Adone. Un Marte ridotto all’impotenza, costretto a un deprimente riposo del guerriero, come lo dipinge l’immenso Velázquez nel vertiginoso capolavoro del Prado.
È come se la mitologia volesse mettere in guardia dai pericoli del coraggio senza testa, dallo slancio vitale senza progetto, dalla sfida fine a se stessa. Doti positive purché finalizzate verso imprese possibili, socialmente utili per dirla con le parole di oggi.
È quel che facevano gli antichi popoli italici che si inventarono un rito come il ver sacrum, la primavera sacra.
Un’intera generazione di ragazzi veniva consacrata a Marte e spedita altrove a cercarsi un posto al sole. Qualcosa tra una fuga pilotata dei cervelli e una valvola di sicurezza per scaricare all’esterno le ambizioni, le energie, il malcontento dei giovani. Mandandoli letteralmente a quel paese.A guidarli era il lupo, animale marziale per antonomasia. Tanto che il furore dei guerrieri adolescenti si chiamava lyssa - da lykos cioè lupo - perché faceva affiorare in quei ragazzi la belva che dorme nelle profondità di ogni vivente. Letteralmente allupati. O figli della lupa come Romolo e Remo, i fratelli coltelli nati sotto il segno di Marte. E quindi destinati fatalmente a scontrarsi. E come i giovani fascisti, reincarnazione del miraggio imperiale del regime.
Forse è anche per questo che l’astrologia ha sempre considerato il pianeta sanguigno un attivatore del desiderio di conquista, un catalizzatore di energie cosmiche, il simbolo astrale di un carattere virile. Volitivo e impulsivo. Esuberante e desiderante. Ambizioso e curioso. Pronto a farsi portare dalle passioni fino al punto di uscire fuori di sé. Facendo sfracelli. In senso positivo ma anche no.
Ecco perché di martedì, il dì di Marte, non si sposa e non si parte né si dà principio all’arte. Curiosity a parte.