Martin Chulov, la Repubblica 9/8/2012, 9 agosto 2012
RIBELLI IN FUGA DA ALEPPO L’ESERCITO ASSEDIA LA CITTÀ "ORGOGLIOSI DEI NOSTRI MARTIRI"
La giornata a Salahedin è iniziata come nelle ultime due settimane, con gli insorti sotto attacco da una circonvallazione vicina e l’aviazione siriana che li bombardava dal cielo. Poco prima dell’alba, tuttavia, la linea del fronte - che fino a quel momento era sembrata solida - ha cominciato a vacillare. C’è stato un ritiro degli insorti mentre il regime avanzava con uomini e carri armati. Pare che sia stato questo l’inizio della battaglia per Aleppo, una resa dei conti inesorabile alla quale l’intera città si era preparata nervosamente.
Eppure, la battaglia decisiva che tutti sembravano temere ad Aleppo sta cedendo il passo lentamente ad un’altra realtà, anche più spaventosa. Si comincia a diffondere una nuova sensazione e cioè che né a Salahedin, né nel resto della seconda città della Siria, si vedrà presto la fine dei combattimenti. Nonostante la superiorità per numero di combattenti e di armi, l’esercito sembra non aver fretta di condurre al termine la resa dei conti con gli insorti. L’assedio che ha paralizzato la città probabilmente peggiorerà molto. Prima del tramonto alcuni uomini seppelliscono in fretta due ragazzi caduti sotto il fuoco dei cecchini. Il padre di uno di loro rimane tremante e confuso mentre riceve le condoglianze in una tenda tirata su per la veglia funebre. Una lacrima gli scorre sul volto mentre la gente si mette in fila per stringergli la mano. Poco prima di mezzogiorno aveva parlato per telefono con suo figlio, Ala’a Tamur, di ventiquattro anni, tra uno scontro e l’altro sul fronte principale di Salahedin. Poco prima di cena lo aveva sepolto. «Sii fiero, tuo figlio è un martire, zio», gli dice un amico. Lui, 73 anni, lo guarda facendo di sì con la testa.
La strada 15a Salahedin assomiglia oraa Leningrado nei suoi giorni peggiori. La maggior parte delle strade sul lato orientale non sono ora percorribili in macchina. Le fognature e le condotte di acqua spezzate e gli avanzi di cibo hanno formato un miscuglio purulento sulle poche superfici che non siano coperte da detriti di guerra. A Salahedin c’è un nuovo arrivo, le mosche, che ronzano su tutto ciò che sia organico. Sono così numerose in alcune zone che gli insorti fanno delle deviazioni per evitarle. E così devono fare per evitare di schiacciare l’unica altra cosa che sembra essere viva al ground zero della battaglia per la Siria: i gattini. Gli insorti ne hanno presi molti con sée nonè difficile trovare un miliziano, contorto e sudato, addormentato sul pavimento di un appartamento sequestrato, con un gattino che gli dorme sul petto. I cecchini continuano ad insinuarsi a Salahedin nonostante sia quasi impossibile arrivarci. «Solo oggi ne abbiamo avuti quattro in questa zona », dice un insorto di Damasco, che ha disertato tre mesi fa. «Ce ne sarebbero molti di più se riuscissero ad arrivare». Alcuni tra gli ultimi disertori, tra di loro due colonnelli di Aleppo, che martedì se ne sono andati in una città vicina, sostengono che il timore di un gran numero di defezioni, se venisse lanciato un attacco di terra, influenza la tattica del regime. «Se mandano l’esercito, si toglieranno l’uniforme e se ne andranno», ha detto uno di loro. «Vogliono bombardare con calma, come hanno fatto a Homs». Un disertore, Khaldoun alShabibi, dice che le cose comunque stanno cambiando.
«Là dentro sono terrorizzati», ha detto. «Ogni volta che c’è una sparatoria nelle vicinanze dell’edificio sparano all’impazzata a tutto ciò che vedono fuori.
Nonè mai stato così. E’ un segno che le cose stanno cambiando».
©The Guardian La Repubblica Traduzione Luis E. Moriones