Sandra Riccio, la Stampa 9/8/2012, 9 agosto 2012
FARE IMPRESA? MEGLIO INVESTIRE IN BTP
In Italia è più vantaggioso comprare Btp che investire nell’attività di un’impresa. È la conclusione shock a cui arriva l’Ufficio studi di Mediobanca, la più grande banca d’affari italiana, proprio il giorno in cui il ministro del Lavoro, Elsa Fornero avverte, dai microfoni di radio Anch’io, che «l’autunno non sarà facile» e che la crisi «mette a rischio il futuro industriale del nostro Paese». Nel suo report annuale sul tessuto produttivo nel nostro Paese analizza le attività produttive in patria di 2032 imprese, l’andamento del loro giro d’affari, l’utile realizzato, il livello di competitività, i numeri sugli occupati. Tutte cifre attese da chi scruta i grafici dell’economia. Ma il dato che salta subito all’occhio è proprio quello sul rendimento netto sul capitale d’impresa (in termine tecnico Roi). Nel 2011 la crescita del costo del debito in Italia e la riduzione del credito bancario, dal 2008 al 2011, hanno pesato e talvolta reso insufficienti le possibilità di remunerazione del capitale d’impresa da parte degli imprenditori. Il risultato - come si legge nello studio - è una «distruzione di ricchezza» che colpisce in particolare le grandi imprese, mentre migliori sono i risultati del made in Italy e delle aziende medie e medio-grandi.
Nel dettaglio, secondo l’analisi di Mediobanca, nel 2011 il costo del debito è salito dal 5,6% al 6%. I tassi pagati sui Btp decennali sono passati dal 3,4% al 4,9%. Nel contempo, il rendimento netto sul capitale (Roi) realizzato dalle imprese italiane è stato del 5,8%, ossia insufficiente a remunerare il capitale impiegato nell’industria, sia proprio che preso a debito da terzi, il cui costo medio è stato del 7,2%. La conseguente «distruzione di ricchezza» sta nella differenza tra le ultime due cifre. Calcolatrice alla mano, il rapporto tra questi due valori è negativo dell’1,4%. Questo significa che fare impresa in Italia non è più remunerativo. Al punto che per un imprenditore è ora più profittevole investire in Btp anzichè nella propria azienda: il rapporto di Mediobanca mette infatti in luce come nel 2011 il Roe, il ritorno sul capitale investito complessivo dell’industria italiana, sia stato inferiore al rendimento netto degli impieghi in Btp (saliti appunto dal 3,4% al 4,9%), con un differenziale negativo di 1,5 punti percentuali.
Non solo meno redditizie. Le imprese italiane sono anche meno produttive e meno competitive. Lo studio, nel 2011 il valore della produzione manifatturiera per addetto è cresciuta solamente dello 0,7%, per effetto combinato della caduta della produttività del lavoro (-2,6%) e della crescita dei prezzi (+3,4%). Inoltre, rileva l’ufficio studi di Mediobanca, rispetto al picco del 2007 si è registrata una caduta del 9,6% della produttività, non compensata dalla dinamica dei prezzi (+4,5%), e il valore del prodotto pro-capite ha ceduto il 5,7%. Tenuto conto dell’aumento del costo del lavoro (+7,8%), la perdita di competitività ha raggiunto i 12,5 punti.
Non solo numeri in calo. L’analisi di Mediobanca mette in evidenza un aumento del fatturato dell’industria. Un importante segnale per l’economia. Tuttavia il livello, che prosegue nel trend dell’anno prima, non basta a compensare la flessione provocata dalla forte crisi e il rientro ai numeri pre crisi non c’è ancora, anche se per poco. I numeri dello studio dicono infatti che l’industria italiana ha segnato nel 2011 un’ulteriore ripresa del fatturato pari al 9,2% sul 2010, dopo un +7,9% dell’anno prima (-16,1%).
Sulla performance positiva del 2011 ha inciso però il buon andamento delle esportazioni. Queste si sono mosse, nel corso dello scorso anno, a velocità più che tripla rispetto alle vendite domestiche. All’estero infatti il fatturato delle imprese monitorate dallo studio di Mediobanca è cresciuto del 18,3% contro un più flebile aumento del 5,5% messo a segno in Italia. Rispetto al 2008, vale a dire prima della crisi, il fatturato domestico è inferiore del 4,7%, l’export è superiore del 7,6%.
A livello settoriale, nell’ultimo anno è cresciuto il fatturato dei settori che hanno beneficiato degli aumenti dei prezzi delle materie prime di riferimento (metallurgia +20,2% e settore energetico +17,6%) e di quelli che hanno agganciato la domanda estera (gomma e cavi +20,2% con export in crescita del 23,5% ma anche pelli e cuoio +14% con export +20,5%). Pochi i settori in flessione nell’ultimo anno: elettrodomestici (-3,4%), stampa editoria (-1,7%), farmaceutico e cosmetico (-0,7%). La manifattura nel suo insieme ha sviluppato le vendite del 7% (+4,9% in Italia, +9,9% all’export). Il made in Italy ha fatto peggio della manifattura (vendite +6,1%; export: +8%). Nel terziario crescono i trasporti (+5,7% per la ripresa degli scambi con l’estero e la dinamica tariffaria), i servizi pubblici (+4,3% per effetto delle tariffe) e la distribuzione (+2,3% grazie all’aumento dei prezzi e all’apertura di nuovi punti vendita, in presenza di quantità stagnanti).
Ben più ampia la variazione per settore se il confronto sull’andamento del fatturato netto avviene sul 2008, valea dire l’anno prima della crisi reale. Il settore dell’energia cala dello 0,4% quello metallurgico del 9,6%. Profondorosso per gli elettrodomestici (-18,7%) e l’edilizia (-24,4%).
Sul fronte occupazionale, per il quarto anno consecutivo, si è assistito ad un calo (-0,2% nel 2011), anche se in misura inferiore al 2010 (-1,6%) e soprattutto al 2009 (-2,7%).