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 2012  agosto 09 Giovedì calendario

IL METRÒ DI NAPOLI FERMA IN OLANDA


È sempre la stessa storia: a Napoli, si dice, che le opere necessarie non si fanno per mancanza di fondi. Una giustificazione che non era vera in passato e che è ancor più falsa oggi. Dispiace ripeterlo, ma una Regione che impegna 22 milioni per quattro regate nel golfo e per una scogliera destinata alla rimozione, non può più cavarsela così.
Lo so che i capitoli diversi di spesa non possono essere confusi, ma so anche che il capitolo Coppa America non c’era nel bilancio regionale, e ciò nonostante è stato disinvoltamente inserito.
La domanda, allora, è: perché un capitolo Depuratori non è stato mai attivato? Semplice: perché a Napoli i soldi servono sempre ad altro. Per capire cosa intendo dire basterà rileggere i giornali di ieri, dove sono riportate un paio di notizie illuminanti.
La prima. Abbiamo speso oltre due milioni per commissionare un progetto di stazione del metrò ad Anish Kapoor, ne abbiamo impegnati altri otto per realizzarlo e altri centinaia per renderlo funzionale. Kapoor è stato pagato, ma l’azienda olandese che ha realizzato la sua idea non ha visto neanche un soldo e quella napoletana, che ha scavato la galleria, ha dovuto sospendere i lavori per mancanza di finanziamenti.
La seconda. Centinaia di lavoratori del consorzio di bacino di Napoli e Caserta, che ormai da molti mesi non sono più utilizzati sul fronte della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, non solo non sono stati pagati, ma, con molta probabilità, avranno le pensioni decurtate per il mancato versamento dei contributi.
In conclusione, a Napoli non abbiamo la metropolitana di Kapoor, non abbiamo i depuratori, il mare è sempre più sporco e centinaia di lavoratori continueranno a non fare nulla nonostante a Napoli non si riesca a incrementare la raccolta differenziata. In più, siamo sommersi di debiti fino al collo. Siamo in debito con le aziende olandesi, siamo in debito con quelle italiane, siamo in debito con le banche, siamo in debito con i lavoratori, siamo in debito con i turisti a cui offriamo un mare che è una palude e siamo in debito, manco a dirlo, con la nostra coscienza civile.
Il paradosso è che al tempo della retorica dilagante sui Beni Comuni, tutto viene considerato tale, cioè un bene comune, tranne la spesa pubblica. Quella è proprietà privata di una politica sprecona e di un pezzo consistente di società civile «avida di privilegi a carico dell’erario», secondo la recente definizione di Galli della Loggia. Quel pezzo di società che si indigna se un amministratore pubblico viaggia su un’auto blu, ma che non apre bocca quando c’è, come ha detto il presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino, «da eliminare le ridondanze della spesa». Quando, cioè, centinaia di lavoratori sono pagati per non lavorare. O quando il metrò per Monte Sant’Angelo ferma addirittura in Olanda.