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 2012  agosto 10 Venerdì calendario

LA “POTENZA TUTRICE” EVOCATA DAL SUDTIROLO


Ci mancava solo il richiamo alla «potenza tutrice». Non finiranno dunque mai, nei secoli dei secoli, le spine della «questione altoatesina»? Nel momento in cui, in un’intervista al quotidiano bolzanino Tageszeitung, evocava la minaccia di chiedere l’intervento dell’Austria perché siano rispettati gli accordi sull’autonomia concordati nel famoso «pacchetto», il presidente sudtirolese Louis Durnwalder sapeva di dire parole fastidiose alle orecchie italiane. E sapeva che molti avrebbero letto la svolta come un ritorno agli anni degli scontri più duri, delle marce bellicose in memoria del patriota Andreas Hofer, delle cocciute impuntature di Silvius Magnago se non addirittura delle minacce secessioniste.
Il passaggio della Svp all’opposizione, quasi un inedito dopo decenni di fiducie e astensioni concordate nei confronti di un po’ tutti i governi, fossero di centro, di centro-sinistra e di centro-destra, è del resto una piccola svolta epocale. «Alla fine del governo tecnico», ha esultato subito la pasionaria azzurra Michaela Biancofiore, «anche la Svp si unirà al coro per il ritorno di Silvio Berlusconi». Improbabile. Non solo perché la scelta del partito di raccolta tedesco di salvare il governo del Cavaliere nel passaggio-chiave del 14 dicembre 2010 (per capirci, quello che vide il trionfo dei Razzi, dei Calearo e degli Scilipoti) sollevò forti perplessità dentro la minoranza tedesca che pure aveva strappato in cambio concessioni (sui soldi, sulla toponomastica, sullo Stelvio e perfino sulla rimozione di un simbolo quale il monumento dell’Alpino a Brunico) inimmaginabili con qualunque altro governo non sottoposto al ricatto. Ma già poche settimane dopo, davanti ai nuovi ammiccamenti, il segretario della Svp Richard Theiner dichiarò solenne: «Sarebbe inaccettabile che si facesse strada anche soltanto il sospetto che la Svp intenda sostenere il governo Berlusconi».
Anche chi riconosce ai tecnici e a Mario Monti in particolare molti meriti, primo fra tutti l’avere restituito un po’ di decoro a un ruolo fatto a pezzi sulla scena internazionale dalle corna, dalle finte mitragliate alle giornaliste scomode e dai «cucù» berlusconiani, non può che restare perplesso davanti al modo in cui sono stati decisi i tagli alla provincia autonoma di Bolzano e in allegato a quella di Trento.
Intendiamoci, lo stesso Louis Durnwalder ha riconosciuto ridendo un giorno, calcando ironicamente sulle consonanti: «Ancke noi ziamo ztati un pokettino spentaccioni!». Parole sante. Basti pensare, per fare un solo esempio, ai 30 e passa milioni di euro spesi per le terme di Merano, dove in questi mesi di crisi viene sperimentato per la modica cifra di 297.948,68 euro il «Bobinet», un vespasiano pubblico dove i cani possono lasciare la loro popò. Noi stessi non gliene abbiamo mai risparmiata una e continueremo a denunciare tutti gli eccessi, a partire dagli appannaggi stratosferici degli amministratori pubblici fino alla moltiplicazione delle poltrone: è insensato che Trento e Rovereto abbiano ancora i consigli circoscrizionali.
Alcuni decenni di autonomia, però, hanno dimostrato anche ai più scettici e prevenuti che complessivamente le amministrazioni locali si sono fatte carico di una miriade di competenze altrove a carico dello Stato gestendo le cose in modo nettamente migliore rispetto alla media del Paese. Lo ripetiamo: nettamente migliore.

Tagli e ritagli. Con questi precedenti, il governo avrebbe dovuto sfidare Louis Durnwalder e Lorenzo Dellai: non ce la facciamo, il momento è difficilissimo, non ci sono i soldi, entro il giorno tale dovete tagliare “tot” milioni di euro. Ma la scelta di «dove e come» tagliare doveva lasciarla ai sudtirolesi e ai trentini. Questo è il senso dell’autonomia. Dopo di che, se avessero fatto i capricci, il governo avrebbe avuto buoni motivi per andare a ridiscutere certi eccessi d’indipendenza finanziaria. Solo «dopo», però…