Giacomo Amadori e Marco Morello, Panorama 9/8/2012, 9 agosto 2012
COSÌ HO COMPRATO I MIEI FAN
Non siete soddisfatti della vostra vita quotidiana, della rete di relazioni, del lavoro? Siete lupi solitari e misantropi? Nessun problema. Basta traslocare su internet per diventare improvvisamente carismatici, popolari, per essere ipercitati. Vere star dell’etere, i cui pensieri o (eventuali) talenti possono conquistare velocemente migliaia di fan. Come? Basta possedere una carta di credito e qualche euro da investire nel proprio make up digitale.
Per esempio, comprare follower (seguaci) sul social network Twitter è un’operazione davvero economica. I siti web professionali che offrono questo servizio sono ormai centinaia e la concorrenza ha fatto crollare i prezzi. Al punto che sono nati mercatini virtuali come Seoclerks.com, dove Panorama è riuscito ad aggiudicarsi ben 22.600 follower per soli 11 dollari, meno di 9 euro.
Una possibilità che, ovviamente, attrae non solo le persone comuni, ma anche e soprattutto chi con la popolarità misura i risultati del proprio lavoro: dai politici ai personaggi dello spettacolo. Per questo in rete stanno proliferando siti e specialisti pronti a smascherare il bluff. Uno dei più attivi tra questi cacciatori di «sòle» è Marco Camisani Calzolari, 43 anni, fondatore della DigitalEvaluations e professore di comunicazione aziendale e linguaggi digitali. Con i suoi collaboratori ha messo sotto la lente d’ingrandimento i leader politici italiani e quelli internazionali (vedere il riquadro a fondo pagina), non senza sorprese e polemiche. Camisani Calzolari ha una teoria sull’origine del commercio di fan. A suo parere a innescarlo sono state alcune agenzie di marketing internettiano. «Tutto è iniziato quando certi guru del web hanno convinto le aziende a sbarcare sui social network. Contrabbandando, di fronte ai loro committenti, il successo con il numero di “seguaci” o di “mi piace”».
Anche il mondo dello spettacolo pullula di «fake» (di falsi), come sostiene David Guido Pietroni, storico manager di Vittorio Sgarbi. «Ho iniziato a porre alcune domande qua e là ai cosiddetti vip e ai loro presunti ammiratori, ma ho ricevuto solo la risposta dell’attore Massimo Boldi. Gli altri preferiscono tacere e mettere in scena questo “ballo mascherato della celebrità”, per citare Fabrizio De André». Il fenomeno dei «sybils» (sibille, i falsi utenti) sta minando la credibilità dei social network, costretti a fare pulizia al proprio interno. Come Facebook, che ha appena ammesso di avere circa l’8,7 per cento di profili fasulli.
Insomma essere in auge sul web sembra un gioco da ragazzi. E i cronisti di Panorama hanno deciso di verificarlo in prima persona. Scoprendo che non tutto funziona come promesso e che conviene prendere qualche precauzione. Come già detto, per acquistare basta inserire il nome del proprio account e pagare con carta di credito. In modo sicuro, perché la maggior parte dei portali utilizza sistemi per transazioni online collaudati. Che cosa abbiamo comprato? In apparenza profili di persone reali: con corredo di foto, una breve biografia di accompagnamento e alcuni tweet. È bastata però un’analisi più approfondita per scoprire che in realtà si tratta di «bot» (abbreviazione di robot), ovvero di utenti finti, generati e manovrati dal software di un computer: hanno pochissimi follower, dichiarano per lo più gli stessi interessi, scrivono sempre le medesime cose. Per esempio che adorano Justin Bieber o sono rintronati dal jetlag. Informazioni replicate con la medesima punteggiatura, faccine incluse.
Questi utenti finti sono di regola stranieri, per la maggior parte anglosassoni. Un problema per i cacciatori di fama italiani. Infatti che un signor Rossi qualunque venga seguito su Twitter da migliaia di utenti di madrelingua inglese è difficile da credere. In compenso chi vuole pavoneggiarsi con amici e colleghi collezionando seguaci made in Italy può rivolgersi a operatori nostrani.
A Panorama risulta che i webmaster locali hanno parecchie difficoltà a creare «bot» tricolore (con biografia e cinguettii in italiano) e ciò a causa di una modifica nel codice di Twitter che sta provando a limitare il fenomeno. Però ci sono due alternative. La prima è quella di rivolgersi a indirizzi come Magicviral.com, che promette di fornire follower veri. Si tratta di solito di utenti in carne e ossa retribuiti con pochi centesimi (da 2 a 10, di regola): li ricevono ogni volta che su indicazione dei siti stessi seguono qualcuno. Pura manovalanza digitale, pagata a cottimo, o meglio a clic. Spesso composta da ragazzini che gestiscono diversi account paralleli per fare qualche soldo. Con questo sistema è facile acquistare anche retweet, ovvero clic di persone che diffondono i nostri cinguettii tra i loro conoscenti, rendendo i nostri pensieri degni di nota.
La seconda strada è più onerosa. Spiega l’amministratore di uno dei principali rivenditori di fan in Italia, che ha chiesto di rimanere anonimo: «Tramite un programma impostiamo delle parole chiave e facciamo seguire al cliente tanti altri utenti che hanno interessi in comune con i suoi. È fisiologico che alcuni di questi lo seguiranno a loro volta. Andiamo avanti finché i seguaci non raggiungono il numero desiderato e per cui il compratore ha pagato». Il metodo richiede tempo, come minimo un mese, ed è piuttosto costoso: parte da 290 euro per mille utenti in più. L’altra controindicazione è che bisogna consegnare ai gestori del sito anche la password del proprio profilo, visto che il programma non è in grado di seguire chicchessia automaticamente.
Questo genere di commercio spopola pure su forum più o meno specializzati, dove decine di utenti offrono servizi per aumentare i follower. E lì si può trattare sul prezzo. Sul sito di aste online eBay un pacchetto di presunti estimatori può essere molto conveniente: Panorama ne ha comprati 10 mila (una gradinata da stadio) a 9,90 euro. I più parsimoniosi o diffidenti possono cercare proseliti su portali come Letusfollow.com che funzionano secondo uno schema molto simile al baratto: per ogni persona che iniziamo a seguire tra quelle presenti sul sito, accumuliamo crediti. Che si possono spendere convincendo altri a diventare la nostra claque. Purtroppo su questo sito l’esperienza è stata deludente: la quasi totalità dei presenti ci ha seguiti, ha riscosso i bonus, quindi ci ha subito abbandonati.
Queste bancarelle digitali non riguardano solo Twitter, ma anche tutti gli altri siti e social network più celebri. Su internet sono in vendita visualizzazioni e persino commenti sui video di Youtube, connessioni sul network professionale LinkedIn. Per 30 dollari abbiamo comprato 500 proseliti sul social delle foto Instagram, tanto di moda in questo periodo. E, per un moto di generosità o un errore del sistema, in meno di due giorni ai cronisti ne sono arrivati più di 1.500. Non basta. Panorama ha pure creato una pagina di un prodotto inesistente su Facebook, un lettore mp3 di nuova generazione, e per 31 euro ha acquistato 500 fan. Dopo 24 ore la pagina aveva ricevuto 540 visite e altrettanti «mi piace».
Concludendo: con uno sforzo economico minimo, la nostra popolarità sui principali social network ha preso il volo. Impossibile non gasarsi. Peccato che, dopo una settimana dei nostri quasi 40 mila finti follower complessivi, 10 mila avessero già smesso di seguirci. Sic transit gloria retis.
Giacomo Amadori e Marco Morello