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 2012  agosto 09 Giovedì calendario

I GIOCHI VALGONO LA TORCIA?


«Fate un favore a Londra, assegnate le Olimpiadi a Parigi». Il commento che l’Economist fece a caldo quando nel 2006 venne resa nota la shortlist delle città candidate a ospitare le Olimpiadi del 2012 e che a molti sembrò una provocazione, oggi pare essere quanto mai profetico. I 13 miliardi di euro di investimento totale (8 solo per la viabilità) stanno candidando la XXX edizione dei Giochi olimpici di Londra, come uno dei più grandi flop dal punto di vista economico.
I 5 miliardi di introiti previsti dagli sponsor e i 4 provenienti dagli spettatori arrivati nella capitale britannica, non si sono ancora visti. Dei 4 milioni di turisti attesi a Londra ne sono arrivati appena 2 e il saldo finale potrebbe essere negativo per oltre 3 miliardi. L’esperienza londinese, però, non è un caso isolato. Panorama ha analizzato alcune delle più importanti edizioni delle Olimpiadi moderne tracciando un bilancio tra costi e benefici, infrastrutture realizzate e abbandonate, scoprendo che i Giochi sono quasi sempre un pessimo affare.
Nel 1936 si tennero le Olimpiadi di Berlino. La propaganda nazista non badò a spese: lo stadio di Berlino venne realizzato in materiali pregiati e gli atleti poterono godere di uno sfarzoso villaggio olimpico. Furono venduti 4 milioni di biglietti e la cerimonia di apertura si tenne dinanzi a 120 mila persone. Attualizzato al 2012, il costo di quell’edizione ha superato il miliardo di euro ma i ricavi (non essendoci ancora i lauti ritorni pubblicitari apparsi decenni dopo) non superarono il 10 per cento. Non ha avuto maggior fortuna il villaggio olimpico: utilizzato da tedeschi e russi come ospedale militare, è oggi un rudere fatiscente.
La storia si ripete a Roma in occasione dei Giochi del 1960. Il Coni aveva riferito di una spesa pari a 7,2 milioni di dollari (oggi 3,3 miliardi di euro) esattamente corrispondente ai 7,2 milioni di incassi e vendita dei diritti radio e tv. Tenuto conto delle opere già realizzate, come lo Stadio Olimpico, il piano finanziario fu elaborato per la costruzione del Palazzetto dello sport, del Velodromo, dello Stadio del nuoto, del campo di regata e del villaggio olimpico, negli anni privatizzato e ceduto a famiglie che tutt’oggi vi abitano. Il ritorno economico generato dai turisti non raggiunse i 3 milioni di dollari, mentre le spese di pulizia e ripristino delle strutture aumentò nel bilancio comunale del 200 per cento. Insomma, una perdita secca.
Per le Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972, passate alla storia per l’attentato terroristico contro gli atleti israeliani, furono costruiti avveniristici impianti sportivi, abitazioni per studenti, centri diurni, strutture culturali, strade: la spesa totale raggiunse i 611 milioni di dollari con un costo quattro volte superiore a quello dei precedenti Giochi disputati a Città del Messico nel 1968. Non esiste una stima precisa, ma sembra che il ritorno economico per la città sia stato di 3 volte rispetto all’investimento. E ancora oggi, l’Olympiapark è una delle mete turistiche di maggior richiamo per chi visita Monaco. La prima volta che venne posto con forza il tema dei costi legati all’organizzazione delle Olimpiadi è stato nel 1976 in occasione dei Giochi di Montreal. La spesa complessiva, quasi 2 miliardi di dollari (circa 50 miliardi di euro di oggi), causò molti problemi ancora prima della cerimonia di apertura. Il solo Stadio olimpico costò 350 milioni di dollari (2,5 miliardi di euro oggi). I Giochi canadesi lasciarono un enorme debito alla città, ai suoi abitanti e alla regione del Quebec passando alla storia, come quelli di Pechino del 2008 costati 41 miliardi di euro, come i più esosi di sempre.
Tra le Olimpiadi invernali, una delle meglio riuscite fu quella di Sarajevo nel 1984: un grande successo, ma anche la prima edizione in cui venne usata chiaramente la parola corruzione. Tre anni dopo i Giochi ci fu uno scandalo che coinvolse persone vicine all’ex presidente bosniaco Izetbegovic´ accusate di essersi appropriate di 300 milioni di dollari (899 milioni di euro). Nello stesso anno si tennero anche le Olimpiadi di Los Angeles, con quelle di Barcellona del 1992, tra le meglio riuscite di sempre. Ancora oggi, la città gode del miglioramento delle strutture, ma i 4,5 milioni di euro di attivo nel bilancio olimpico non tennero conto delle spese pubbliche, i cui ricavi non hanno minimamente bilanciato costi e prezzi delle case. Che, dal 1986 al ’92, aumentarono fino al 240 per cento provocando la crisi nel settore immobiliare.
Anche le Olimpiadi di Atlanta del 1996 sono citate come un caso di successo. Furono finanziate con un budget «minimal» di 1,2 miliardi di euro: contribuirono a rinforzare l’economia della città, ma dei 33 mila posti di lavoro creati, ne rimasero meno di 3 mila dopo soli due anni. Dopo Barcellona e Atlanta, anche a Sydney 2000 e ad Atene 2004 tutti i posti di lavoro temporanei non sono diventati fissi: «Sembrerebbe che le Olimpiadi siano un modo costosissimo di creare nuovi lavori temporanei» sottolinea uno studio della East London University.
I Giochi di Atene hanno lasciato dietro di sé solo macerie: 21 dei 22 siti olimpici sono rimasti inutilizzati tre settimane dopo la fine della kermesse e il loro mantenimento (600 milioni di euro l’anno) va aggiunto agli oltre 13 miliardi di fondi pubblici spesi in totale. In più, dopo tre mesi dalla fine dei Giochi, nella sola regione Attica sono stati persi 70 mila posti di lavoro. Molti analisti ritengono che ad alimentare lo squilibrio odierno dei conti pubblici siano state proprio le spese sostenute per l’Olimpiade.

Marco Onnembo