Alessandra Bianchi, L’espresso 10/8/2012, 10 agosto 2012
FLEUR E LE ALTRE
Tacco 8, abito nero attillato corto portato con sottile malizia, di quelli che man mano che cammini fanno guadagnare qualche centimetro alla pelle nuda: sorriso accennato sulla bocca a cuore ma da non provocare troppo, perché può diventare freddo nella sua improvvisa inaccessibilità. Si può pure andare in giro vestite così, se si hanno belle gambe e un viso che va "avec". Ma fa certamente più scalpore se, vestite così, si va a lavorare e la sede è il Palazzo dell’Eliseo. Già, perché Fleur Pellerin, neo-ministro delle Piccole e medie imprese, dell’Innovazione e dell’Economia digitale, per la gioia dei fotografi increduli e impazziti si presenta con questo sexy-look al Consiglio dei ministri. Lei si presta al gioco divertita e aggiunge particolari: «Non era un miniabito ma un vestito di quelli che in effetti vanno su. Mi sono resa conto che il cortile dell’Eliseo è lunghissimo e che una volta arrivata alla fine degli scalini l’abito sarebbe diventato ancora più corto. Pazienza».
Pazienza. Ma il fascino a una donna di potere si perdona poco. Fleur Pellerin, 38 anni, una delle più giovani ministre del governo Ayrault, è stata accolta con questa simpatica domanda da Daniel Schick, giornalista di Europe 1, una della radio più ascoltate di Francia: «Secondo lei perché è stata eletta? Perché è una bella donna simbolo della differenza? Perché appartiene a una minoranza meno visibile? Perché lei è la prova di un’adozione riuscita? O forse perché è competente?». Fleur ha mantenuto un’invidiabile calma e con un risolino ha risposto: «Cominciamo molto male, oso sperare di essere stata scelta dal presidente della Repubblica perché ho qualche competenza in merito».La domanda di Schick non è piaciuta a molte donne che hanno subissato di mail e di commenti negativi quella che è stata interpretata come una domanda intrisa di maschilismo supponente, al punto che la senatrice socialista Laurence Rossignol ha chiesto il licenziamento del giornalista per propositi misogini. E ancora: ironizzando sul suo romantico nome, Fleur, fiore appunto, un deputato dell’Ump (il partito di destra del presidente precedenteNicolas Sarkozy), criticando la sua assenza all’Assemblea Nazionale, si è chiesto se il ministro non fosse stata eletta come«pot de fleur», vale a dire un ornamento. Un’accoglienza di fiele: che nasconda un maschilismo modello francese?
Eppure proprio François Hollande, il primo presidente socialista dopo Mitterrand, ha indicato una via diversa: aveva detto in campagna elettorale che avrebbe dato spazio in modo uguale a uomini e donne nel governo ed è stato di parola: ci sono 17 ministri donne e 17 uomini nel suo staff. Meglio ancora, per la prima volta nella storia ci sono più donne titolari di un ministero con delega piena (11) che uomini (9). E così la quota rosa che ha invaso l’Eliseo fa girare la testa ai francesi e ai fotografi che sono sempre in cerca di un’immagine più o meno maliziosa: quelle chiamate anche le "Hollandette" sono vivisezionate nel loro stile pure dai giornali di moda anche se cercano soprattutto di fare il loro lavoro come Aurélie Filippetti, Cécile Duflot e le altre (vedi box qui sopra).
Fleur Pellerin per il momento sembra prendere le misure dell’arena dove da qualche mese lavora. Al di là dell’apparenza, è una donna che ha dovuto vivere, gestire e superare molte difficoltà.
Star suo malgrado, a causa delle sue origini, un secondo dopo la sua elezione Fleur Pellerin è diventata simbolo vincente del paese dove è nata, la Corea del Sud. Dove è stata abbandonata subito dopo la nascita in una strada di Seul e dove ha abitato solo per sei mesi. Il tempo necessario perché una famiglia francese la adottasse e la portasse a casa. In Francia la piccola Kim Jong-suk (significa "Chiara", "Trasparente") è diventata Fleur, nome scelto da sua madre in omaggio alla protagonista di una serie televisiva, è cresciuta e ha studiato a Montreuil prima, a Versailles dopo. La madre è casalinga: ha lasciato gli studi per lavorare e aiutare la famiglia, il padre è dottore in fisica nucleare. Entrambi sono fortemente di sinistra. Quando a quattro anni la piccola Fleur si rompe una gamba ed è quindi costretta all’immobilità, la madre le insegna a leggere per far passare il tempo. A 13 anni, in casa Pellerin arriva una sorellina anche lei dalla Corea del Sud.
Il suo curriculum è praticamente perfetto. Non ha sbagliato una mossa, ha vinto concorsi su concorsi: a 16 anni si è diplomata alla scuola franco-tedesca, poi si è iscritta all’Essec, una grande scuola di commercio, a Sciences-Po e all’Ena, altro prestigioso istituto. Nel 2000 è diventata magistrato alla Corte dei Conti. Ha fatto il suo apprendistato politico nel 2002 quando scriveva i testi per Lionel Jospin; nel 2007 ha lavorato per Ségolène Royal. Nel 2010, succedendo a Rachida Dati e Yama Rade, due ministre simbolo del sarkozysmo, è diventata presidente del "Club del XXI secolo", un’associazione che promuove la parità valorizzando le diversità francesi. Fino al’approdo al governo. Con una punta di malizia ha dichiarato di considerare il suo ministero «sexy» perché proiettato sull’innovazione, dunque sul futuro.
La Corea è impazzita per la sua nomina e ha dato più risalto ai successi di questa figlia peraltro rifiutata che alla vittoria di Hollande. Nonostante la Pellerin abbia ribadito con convinzione di sentirsi francese al 100 per cento e di non essere mai più tornata nel suo paese d’origine dopo l’adozione, i media coreani l’hanno trasformata in un simbolo vincente del paese, restituendole il nome originario e riponendo in lei anche speranze di rapporti più stretti tra Francia e Corea. Fleur ha concesso che le piacerebbe tornare dove è nata. Si vedrà. Intanto è già diventata un personaggio in Asia dove le hanno chiesto di scrivere un libro. Per le persone adottate è già diventata un mito e riceve quotidianamente numerose lettere da chi ha vissuto la sua stessa dolorosa situazione.
Fleur cerca di imparare in fretta il suo nuovo mestiere. Peraltro pieno di imprevisti. Recentemente ha dovuto misurarsi con un blackout di Orange, uno dei più importanti gestori di telefonini in Francia. Ha studiato il problema tecnico prima di pronunciarsi: «Devono attrezzarsi perché, se dovesse succedere un’altra volta, voglio che ci mettano meno di dodici ore per riparare il guasto». La sua azienda è fitta d’impegni. Soprattutto deve cercare di conoscere molti interlocutori necessari per il dicastero se il 66 per cento dei capi azienda che a lei devono fare riferimento hanno ammesso di non conoscerla
Anche la sua vita privata fa naturalmente discutere. Ha fatto scalpore una sua dichiarazione in cui si è paragonata a Jacqueline Kennedy. Suo marito, Laurent Olléon, è consigliere di Stato e a proposito di lui Fleur ha dichiarato: «Geloso? No, ha conosciuto Hollande prima di me. Penso piuttosto che viva la sindrome "sono il marito di Jackie Kennedy"». L’umorismo è stato scambiato per presunzione: il ministro si paragona forse alla moglie di uno dei più famosi presidenti degli Stati Uniti?
Pellerin ha una figlia di otto anni, Bérénice, che accompagna tutti i giorni a scuola e che ha già capito tutto della vita politica. Lei stessa ha raccontato: «Mia figlia mi chiede: vai a un dibattito? Allora parlerai? Altrimenti che ci vai a fare, la decorazione?». Confida che a casa non si fanno cene sofisticate e non si vive in modo lussuoso: il marito viene da un ambiente modesto e lei stessa è stata abituata alla semplicità. La nomina a ministro è stata festeggiata tra amici e avvertendo i suoi per sms. Non nasconde di cliccare ogni tanto il suo nome sui motori di ricerca Internet per vedere cosa dicono di lei: «Sì, lo faccio, è anche un modo per monitorare se si esagera».
Ama i buoni ristoranti e adora il karaoke. Suona il piano, che ha studiato per dieci anni, si sente molto artista e meno pragmatica di quello che la sua carriera e il suo curriculum lascino pensare. Ammette: «Anche se non mi crede nessuno, mi piace non fare niente. Credo di avere un animo artistico, in realtà. Dovrei dipingere o scrivere libri. Certo, sono contenta di lavorare per il bene comune. Ma non sono ossessionata dalla carriera».
La moda le piace e predilige giovani stilisti. Sul suo look molto lontano dai cliché austeri che ci si aspetta dai politici, dice: «Anche alla Corte dei Conti mettevo gonne con le paillettes». È anche molto spiritosa: si è prestata a un servizio fotografico per un giornale che l’ha intervistata senza trucco particolare e ha aggiunto: «Come ministro dell’economia digitale, avrei diritto a un buon ritocco Photoshop, no?». Non ne ha bisogno, ha già un ministero sexy.