Riccardo Sorrentino, Il Sole 24 Ore 9/8/2012, 9 agosto 2012
GERMANIA, CADONO EXPORT E PRODUZIONE
Sta diventando l’economia dei due mondi. Almeno così spera. La Germania e le sue aziende esportatrici affrontano un’Eurolandia sempre più in difficoltà, come ieri ha mostrato anche la Banque de France con le sue previsioni di un terzo trimestre negativo, facendo affidamento su un’area del dollaro - Stati Uniti, più Cina e la regione asiatica - che continua ad acquistare i beni tedeschi. L’equilibrio è delicato, però: potrà davvero durare?
Le ultime statistiche indicano quanto le due aree principali di sbocco dei prodotti tedeschi divergano. Ieri le esportazioni hanno mostrato a giugno una flessione dell’1,5% mensile, che è una media tra il calo dell’8,3% delle vendite ai Paesi di Eurolandia, e il rialzo del 4,2% di quelle per il resto del mondo. Il fenomeno diventa più evidente nelle variazioni annuali: l’export è ancora in rialzo di un robusto 7,4% rispetto a giugno 2011, ma con un calo del 3% nei beni venduti alla Uem.
Non si possono leggere troppe cose nel singolo dato di giugno: maggio aveva registrato forti rialzi, e una "correzione" - in dati molto variabili tra un mese e l’altro - era attesa. È dunque solo un segnale. Oltretutto la flessione più rapida delle importazioni (-3% mensile) fa sì che, nella particolare algebra del Pil, il contributo di giugno del commercio estero alla crescita resti positivo.
È ancora presto quindi per individuare una tendenza: l’intero secondo trimestre è ancora in crescita. Allo stesso modo è presto proiettare un trend dai dati di martedì sugli ordini dall’estero: in calo del 4,9% mensile quelli provenienti da Eurolandia, in aumento dello 0,6% quelli "esterni". Nulla impedisce allora, in astratto, che l’equilibrio si conservi. Andreas Rees, economista per Unicredit a Monaco, ricorda che l’export tedesco diretto al di fuori dell’Unione monetaria è pari, in rapporto al Pil, al 29%, contro il 16% di quello italiano, il 14% di quello spagnolo e il 13,5% di quello francese. La Germania è quindi in condizioni di sfruttare la flessione dell’euro - più dell’8% in un anno - meglio dei suoi partner. Non a caso ieri Fitch, confermando sia la tripla A della Germania sia l’outlook stabile, non ha espresso grandi preoccupazioni sulla tenuta dell’economia (se non qualche timore per l’esposizione verso il fondo-salva Stati). E gli investitori, dopo i dati incerti sul commercio estero, hanno raccontato di aver cercato riparo nei Bund (anche se il calo dei rendimenti e dell’euro sono compatibili con le attese, razionali dopo quelle statistiche, di una politica monetaria più espansiva).
Sarebbe una situazione invidiabile - e per molti aspetti lo resta - se in concreto la realtà dell’economia non continuasse a inviare così tanti scricchiolii. Sempre ieri la produzione industriale di giugno è risultata in calo dello 0,9%, appena peggio delle previsioni; e se le attese per il Pil del secondo trimestre restano positive (0,2% trimestrale secondo Barclays e Unicredit, 0,5% JPMorgan) è solo grazie al buon andamento della domanda interna di servizi, sostenuta anche da salari in crescita ma ancora sostenibili.
Attorno alla Germania, infatti, tutto il mondo rallenta. Quella forte esposizione del Paese verso l’esterno potrebbe quindi rivelarsi una dipendenza. Eurolandia non va bene e ieri anche la Banque de France ha previsto un terzo trimestre negativo (-0,1%) così come il mese scorso aveva indicato un segno meno per il secondo, i cui dati saranno noti il 14 agosto. La fiducia degli imprenditori francesi è intanto calata ai minimi da tre anni. Anche il resto del mondo potrebbe non reggere all’urto, come mostra per esempio la Gran Bretagna. La Bank of England ha tagliato ieri tutte le stime di crescita - che restano però positive per 2012 (+1%) e 2013 (+2% invece che 2,5%) - citando proprio le difficoltà di Eurolandia.
La Germania non potrà restare immune da tutto questo. Non nel breve e neanche nel lungo termine. Un rapporto della Deloitte, secondo il quale «la flessione dell’attività economica europea e l’aumentata incertezza ha un impatto negativo sulla crescita in tutto il resto del mondo» compresi Stati Uniti e Cina, spiega che anche l’economia tedesca sarà colpita, come ha già mostrato la brusca flessione dell’indice Zew sulle aspettative degli analisti finanziari, a giugno. Quell’equilibrio delicato potrebbe allora non resistere agli urti.