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 2012  agosto 09 Giovedì calendario

OGNI MINUTO 344 INTERCETTAZIONI


Oltre 181 milioni di intercettazioni all’anno. In pratica circa 496 mila al giorno, 20.600 ogni ora, 344 ogni minuto. E Milano e Napoli sono le regine di questo strumento di ricerca della prova. Il distretto giudiziario del capoluogo milanese è quello che nel triennio 2008-2010 ha speso di più per mettere sotto controllo utenze telefoniche e disporre intercettazioni ambientali e telematiche.
Nel 2010 l’assegno staccato dagli uffici giudiziari meneghini è stato di 39,7 milioni di euro, il 75,5% in più di quanto speso nel 2008 (22,6 milioni). La procura milanese ha messo sotto osservazione 15.467 bersagli, il che non rappresenta però un record assoluto. Il primato spetta infatti a Napoli con 21.427 target intercettati.
In generale, a livello nazionale, nel 2010 sono state attenzionate 139.051 utenze telefoniche con una media di 26 eventi telefonici giornalieri per utenza. Il che porta alla cifra monstre di 181 milioni di intercettazioni nel 2010 (il 22,6% in più rispetto al 2006) per cui si sono spesi 284,4 milioni di euro, una cifra che sebbene in calo rispetto al 2009 (quando i costi ammontavano a 306 milioni) ha comunque registrato un aumento del 6,8% tra il 2008 e il 2010.
È quanto emerge da uno studio dell’Eurispes elaborato su dati della direzione generale statistica del ministero della giustizia.

I singoli distretti
Come detto, tra i distretti più intercettati al primo posto c’è Napoli con 21.427 bersagli posti sotto osservazione, seguito da Milano (15.467), Roma (11.396), Reggio Calabria (9.358), e, al quinto posto, Palermo (8.979). Seguono Firenze, Torino, Bologna.
Se si osservano le variazioni percentuali intercorse nel triennio 2008-2010, a fronte di un complessivo aumento del numero dei bersagli intercettati, i distretti nei quali si registrano gli incrementi più significativi sono Napoli, Firenze, Bari, Venezia, Genova, Reggio Calabria. A Napoli, in particolare, tra il 2008 e il 2010 i bersagli intercettati sono aumentati del 21,7%.
Al contrario, si segnala una diminuzione dei bersagli intercettati a Milano (-20,6%, pari a 4 mila bersagli in meno), Trento, Trieste, Palermo, Bologna, Perugia, Torino, Ancona, Messina, e, sia pure con lievi flessioni, Catania, L’Aquila, Potenza, Cagliari e Catanzaro.

Il caso di Torino
Torino, in particolar modo, appare come uno dei modelli più virtuosi. Qui, la procura della repubblica presso il tribunale ha ridotto del 4,3% i bersagli nel 2010 (7.203) rispetto al 2008, contenendo anche l’ascolto medio delle conversazioni che è passato da 45 giorni nel 2003 a una media di 36 giorni nel 2011.
Per le intercettazioni disposte dalla direzione distrettuale antimafia si passa da una media di 69 giorni nel 2003 a circa 57 nel 2011. Tutto questo ha prodotto un risparmio del 32,6% (da 8.395.350 nel 2008 a 5.658.329 nel 2010).
Ma il dato più interessante è la bassa incidenza che il numero di procedimenti all’interno dei quali è stata disposta attività di intercettazione ha sul totale delle notizie di reato. Anche se il dato è in leggera crescita, rimane ancora piuttosto contenuto: nel 2003 l’incidenza era pari a 0,18%, nel 2011 si è attestata a 0,23%.
Il fatto che dall’analisi dei dati messi a disposizione dall’Ufficio intercettazioni della Procura di Torino, sia possibile osservare una perfetta sovrapponibilità statistica tra iscrizioni dei reati e le intercettazioni effettuate, dimostra il corretto utilizzo dello strumento investigativo, disposto soprattutto per reati contro la persona, nel 22,7% dei casi, per traffico di stupefacenti, nel 22,3%, e per reati contro il patrimonio, nel 20,1% dei casi osservati.

Le spese per intercettazioni
Con 39.670.400 euro liquidati nel 2010, Milano è il distretto che ha speso di più in intercettazioni. Seguono Palermo (34.746.180), Reggio Calabria (31.288.886), Napoli (25.122.030) e Catania (17.942.562). Al contrario, tra i distretti giudiziari dove la spesa per intercettazioni risulta essere più contenuta troviamo Campobasso (374.359 di euro), Potenza (1.085.988 di euro) e Salerno (1.527.466 di euro).
Analizzando il triennio 2008-2010, la maggior parte dei distretti giudiziari presenta un andamento altalenante per questa voce di spesa. Nel caso di Milano le spese registrano un incremento significativo e costante, pari al 75,5%, passando dai 22.599.643 euro del 2008 ai 39.670.400 del 2010. A Reggio Calabria, invece, si passa da 18.660.763 euro nel 2008 a 42.560.745 nel 2009, per poi scendere a 31.288.886 nel 2010 (67,7%), una dinamica simile a quella registrata dal distretto di Napoli (32%).
Al contrario, tra i distretti giudiziari più virtuosi si trovano Palermo (-33,7%), Torino (-32,6%), Cagliari (-34,1%) e Messina (-30,8%), che fanno registrare una decisa flessione degli importi liquidati dopo il 2008. Più contenuto in valori assoluti, ma rilevante in termini di variazione percentuale, il calo del distretto di Potenza (-49%).
La lettura dei dati evidenzia come le intercettazioni non si concentrino più solamente nelle province del Sud, tradizionalmente associate alla presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso, ma vengano disposte in misura massiccia anche in molti grandi centri dell’Italia settentrionale, a conferma della penetrazione sempre più capillare delle mafie al Nord.
«In considerazione dell’enorme archivio che si è andato costituendo negli anni», ha dichiarato il presidente di Eurispes Gian Maria Fara, «prima ancora di una legge di riforma delle intercettazioni, sarebbe quantomeno auspicabile un intervento amministrativo volto alla definizione di criteri di sicurezza informatica e alla tracciabilità digitale delle singole intercettazioni, al fine di limitarne al massimo ogni abuso anche attraverso una riorganizzazione del Registro unico delle intercettazioni adeguandolo alle nuove tecnologie». L’utilizzo di sistemi di comunicazione particolarmente innovativi come i social network o i servizi VoIP (Skype e Viber) può infatti servire ad eludere i controlli.
«Più che continuare ad operare tagli indiscriminati sulle intercettazioni», ha proseguito Fara, «bisognerebbe arrivare alla definizione di un costo-standard, consentendo così una maggiore uniformità tra le spese dei diversi distretti giudiziari e un conseguente risparmio di risorse pubbliche».