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 2012  agosto 08 Mercoledì calendario

LA LETTERA DI DIMISSIONI DI VITTORIO EMANUELE ORLANDO

On. Presidente della Camera dei Deputati. Le recenti elezioni amministrative di Palermo, non per i loro risultati apparenti, ma per il modo con cui si sono svolte e per le ripercussioni che ebbero mi hanno dato la conferma di questa verità: che nell’attuale vita pubblica italiana non vi è più posto per un uomo del mio partito e della mia fede. Di ciò, per altro, io ero convinto non da ora, ma perché desistessi dal trarne le naturali conseguenze vivi appelli furono rivolti al mio senso di patriottismo, anche da uomini autorevolissimi del partito dominante. Ormai, però, dopo l’ultima esperienza, il credere ancora che io possa aver modo di servire egualmente il mio Paese, costituirebbe peggio che una illusione un inganno, non più scusabile dalla bontà delle intenzioni. Presento perciò alla Camera le mie dimissioni da deputato. V. E. Orlando

Polemica tra Vaticano e fascisti Col titolo «Il Tevere alla foce», L’Osservatore romano replica ancora una volta al giornale fascista meridiano. L’organo vaticano, dopo aver ribadito che le lotte della Chiesa affermano la rivendicazione della giustizia, rileva che il Tevere torna al tema della violenza, e soggiunge: Però non vi torna interamente, giacché al tema non appartiene l’accusa dell’Osservatore, insussistente per se stessa, che, parziale per il passato, parziale pel presente, abbia taciuto dinanzi alle nuove violenze sovversive, che deplora viceversa appena abbia la materiale possibilità di pubblicarle. Al tema appartiene piuttosto la meraviglia che il Tevere prova tuttora perché non ammettiamo la legalità della violenza commessa in nome e per una fede. E noi torniamo a rispondere per l’ennesima volta che tutte le rivoluzioni, tutte le violenze di certo si affermano ispirate ad una fede, e tutto quindi sarebbero legale, e sarebbero legali così le extra-legalità, l’ordine, il disordine, la forza privata pari alla forza dello Stato. L’organo vaticano quindi così precisa il suo pensiero: Appartiene al terna, sia detto finalmente, che L’Osservatore Romano, come giornale cattolico ispirantesi al pensiero ed alla carità della suprema Autorità spirituale, deplori, in nome della pacificazione e dell’ordine, per il prestigio stesso dell’autorità, le violenze, e specialmente quelle contro i Circoli cattolici, le quali turbano i cittadini, c sono dal Governo biasimate: e ne chieda la repressione immediata, soprattutto lo loro incondizionata condanna morale e la punizione del colpevoli, e ciò perchè all’interno ed all’estero siano più sicure e più rapide e più feconde e sane le fortune del Paese. Tale fu il punto che si volle affrontare, ma sul quale non si potè insistere; e per dimostrare questa, insistemmo. Tutto il resto non poteva che sostenere quel successo della ritirata, quale ci attribuisce il Tevere, e che non saremo cosi ingenerosi da contestargli.

La fine del carbone Una maligna combustione interna si è accesa, dovunque, entro il carbone, e potrebbe esplodere in una fiammata mondiale, capace d’illuminare con bagliori scarlatti entrambe le sponde dell’Atlantico. L’industria carbonifera non è grave nella sola Inghilterra. In America procede da tre settimane una conferenza sulle richieste dei minatori, che fra l’altro domandano un aumento del dieci per cento sulle loro paghe. L’industria carbonifera americana non versa in condizioni disperate come quella inglese; ma le sue maestranze si lagnano di non ricevere una quota equa dei profitti, e minacciano lo sciopero pel primo settembre. Circolano voci di lotta mineraria anche nel Canadà. In Francia le miniere sono in crisi, e cosi pure nel Belgio. La settimana scorsa, nella Sarre, 75.000 minatori abbandonarono i pozzi. La Germania, alla sua volta, è al limitare d’una prova di forze tra minatori e padroni di miniere. Da che derivano questi sussulti di evidente carattere internazionale nei bacini carboniferi? Essi sembrano risalire a questioni di paghe e di ore; ma c’è una ragione più profonda e più reale. Per assodarla, giova pensare alle trasformazioni apportate dalla scienza nel suo cammino per le vie della civiltà. Alcune delle più impressionanti invenzioni del secolo XX sono avvenute nel campo dello sfruttamento delle più svariate fonti di forza motrice, e il vecchio Re Carbone, che un tempo troneggiava autocrate, è divenuto un monarca di limitata potestà. La sua egemonia è ormai infirmata ed impugnata da per tutto. Le sorti delle esportazioni carbonifere inglesi servono ad illustrare ciò che sta svolgendosi in tutti i bacini del mondo. Ma una delle ragioni più importanti della crisi carbonifera, risiede nella crescente rivalità del petrolio. Le più moderne unità navali in tutto il mondo hanno abbandonato il carbone per adottare il petrolio, e i più grandi transatlantici - enormi consumatori di combustibile non soltanto per la loro stazza ma per la loro velocità - usano quasi invariabilmente, nei loro forni, l’olio minerale. L’ultimo colpo a danno della vacillante industria mineraria inglese - quello che potrebbe chiamarsi «il calcio dell’asino» - è derivato dal prematuro ritorno.