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 2012  agosto 08 Mercoledì calendario

FERIE BREVI AI MINISTRI MA I PARLAMENTARI SI FANNO LA MESATA

Ferie d’agosto con il contagocce per il premier, «solo sei giorni e spero non saltino», una decina di giorni per i ministri, sotto la spada di Damocle di un richiamo nella Capitale se necessario. E quattro settimane per le Camere, che chiuderanno da domani fino al 5 settembre. Con la dovuta eccezione delle commissioni economiche, sempre pronte a riaprire se la situazione dovesse richiederlo, come annunciato da Fini e Schifani urbi et orbi.

Ma a fare le pulci al calendario, risulta evidente come la paura di finire sotto il fuoco dell’antipolitica spinga a qualche escamotage per dare l’impressione che il periodo di riposo sia più corto. E’ vero, come precisano ai piani alti, che i 27 giorni del 2012 sono il periodo più breve degli ultimi anni (38 giorni di pausa nel 2007, 35 nel 2008, 38 nel 2009, 33 nel 2010 e 31 nel 2011). Ma è vero pure, come ammettono in camera caritatis diversi deputati, che la Camera la scorsa settimana avrebbe avuto il tempo per procedere al voto di fiducia sulla spending review, ma tutti hanno preferito tornare al lavoro ieri per ritardare la chiusura. E stessa cosa in Senato, dove i voti sui decreti del governo si sono conclusi il 3 agosto ma l’aula è rimasta aperta pure questa settimana per ratifiche e interpellanze. «Qualcuno ha fatto i conti di quanto costa tenere aperti i due palazzi per fare questi giochetti?», chiede polemico il Pdl Osvaldo Napoli. «Così facendo si dà la sensazione di avere la coda di paglia e chi si vergogna delle sue ferie pensa in cuor suo di non aver lavorato abbastanza, mentre per molti di noi non è così», fa notare il braccio destro di Casini, Roberto Rao.

Vero è che l’agenda dei lavori induce a pensar male: mercoledì 5 settembre in aula a Montecitorio è previsto solo il question time e una serie di ratifiche; «interpellanze e interrogazioni» invece per i senatori convocati giovedì 6 settembre. E’ lecito prevedere dunque che, tranne i più volenterosi che si presenteranno puntuali in commissione il 3 settembre, solo martedì 11 si potrà registrare il pienone di presenze. Sempre che i senatori, solo per fare un esempio, decidano partecipare in massa ai voti in agenda quella settimana: riforma dell’ordinamento portuale, bonifica di ordigni bellici, trapianto parziale di organi. E in ogni caso, la carne al fuoco in settembre sarà tanta: delega fiscale, spending review 4 e legge di stabilità alla Camera, dove arriveranno al pettine anche i nodi delle intercettazioni e dell’anti-corruzione. E legge elettorale in Senato.

Ma se poi si dà per buono l’argomento usato da molti che «il problema non sono le ferie ma quello che si fa per il paese e smaltendo 12 decreti in un mese abbiamo fatto il nostro dovere», allora bisogna pure ascoltare l’altra campana: di chi lamenta che la politica i suoi compiti a casa non li ha fatti, visto che delle riforme appaltate alla politica solo una è andata in porto, quella sul finanziamento pubblico dei partiti. Tranne quella, nulla di fatto. Nè la riforma dei partiti, nè il riassetto costituzionale bipartisan, saltato dopo il voto a maggioranza Pdl-Lega sul presidenzialismo; che come effetto collaterale manderà in soffitta anche il minitaglio dei parlamentari; nè la modifica dei regolamenti per sveltire il varo delle leggi. Dopo gli appelli di Napolitano e gli impegni di Fini e Schifani a tenere le Camere aperte anche ad agosto per la bisogna, si sarebbe potuto dar seguito almeno alle promesse dei leader di un voto entro agosto sul testo base bipartisan per la legge elettorale, visto che un accordo pare sia già pronto, lamenta il Pd Roberto Giachetti. Che dopo un mese di sciopero della fame contro la «melina dei partiti», passerà il testimone ad una ventina di deputati e 200 cittadini che hanno dato la loro adesione in rete a questa forma di protesta contro lo stallo.