Pierluigi Battista, Corriere della Sera 05/08/2012, 5 agosto 2012
IL LIBRO SULLA TRAGEDIA DI MARCINELLE NON SIA PIU’ OSTRACIZZATO DAL BELGIO - L’8
agosto del 1956, a Marcinelle, in uno spaventoso incidente nella miniera di carbone Bois du Cazier morirono 262 dei 274 lavoratori presenti nel momento del disastro. A 56 anni di distanza, il museo di Bois du Cazier che custodisce la memoria di quell’immane sciagura ha ancora paura di un libro e ne interdice l’esibizione nella libreria dove sono allineati i volumi che ricordano quell’immane tragedia. Perché? Perché i responsabili del museo ostracizzano La catastròfa, il libro di Paolo Di Stefano pubblicato in Italia un anno fa da Sellerio?
Il libro raccoglie testimonianze delle vedove dei minatori italiani scomparsi e dei sopravvissuti di quel disastro. Testimonianze aspre, non diplomatiche, dure, senza pietismo, con infinito dolore ma con una dignità straordinaria. Il successo del libro ha dimostrato che quella tragedia non è stata archiviata e rinchiusa nel dimenticatoio. Quella di Marcinelle è stata una tragedia dell’emigrazione italiana, è parte della nostra storia e della nostra identità. E il suo ricordo è un debito contratto non soltanto con le innumerevoli vittime ma con tutti gli italiani che per vivere e lavorare hanno dovuto lasciare il Paese, accettare condizioni disumane di lavoro, esporsi a rischi colossali. Ecco perché l’Italia non può accettare come se fosse una vicenda minore o normale la guerra che i responsabili del museo belga stanno facendo a un libro scritto senza indulgenze ed edulcorazioni, e che ricorda un episodio atroce della nostra storia. Inoltre l’Unesco ha appena accolto la miniera tra i siti del patrimonio mondiale dell’umanità e dunque l’ostinazione censoria non viene esercitata contro un libro italiano, contro il ricordo della morte di minatori italiani, ma contro la memoria di un episodio che è ancora una ferita aperta nella memoria collettiva. Molte famiglie italiane non sono affatto convinte del modo con cui sinora il museo è stato gestito, più luogo di celebrazioni ufficiali che di salvaguardia di tutta la documentazione della tragedia del ’56. La chiusura censoria contro un libro è però un sovrappiù che stona con la solennità di quel luogo universale. Prima dell’8 agosto i responsabili del museo possono ancora cambiare atteggiamento. Farebbero la cosa giusta.
Pierluigi Battista