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 2012  agosto 05 Domenica calendario

ROMNEY ARRUOLA UNA LEGGENDA: CLINT EASTWOOD E’ CON LUI - —

L’America è a metà di una partita molto difficile, ma, a differenza di quello che avevano sospettato molti repubblicani dopo il celebre «spot» televisivo della Chrysler di cui era stato protagonista sei mesi fa, Clint Eastwood vuole che il secondo tempo sia giocato con alla Casa Bianca Mitt Romney, non Barack Obama. Il grande attore e regista, celebre per le interpretazioni dei «western» di Sergio Leone, la serie dell’ispettore Callaghan, ma anche per gli Oscar mietuti con «Million Dollar Baby», è un vecchio conservatore che però, a volte, ha sostenuto anche candidati e cause dei progressisti.
Il sospetto, quindi, poteva starci e deve averlo avuto anche Romney che gli ha chiesto di «scendere in campo». È successo l’altra sera, in Idaho, a un gala per la raccolta di fondi elettorali a Sun Valley, luogo di vacanze esclusive sulle Montagne Rocciose. «Vorrei presentarvi un uomo che ha coronato il suo sogno americano in modo abbastanza insolito» ha detto il candidato della destra davanti a 325 ospiti che, per essere lì, avevano pagato 25 mila dollari ciascuno.
Eastwood è salito sul palco per il suo endorsement: «Voterò per Romney, come molti di voi, perché sono convinto che questo Paese abbia bisogno di una scossa. Mitt, l’ho visto per la prima volta dieci anni fa. Ero in Massachusetts per girare "Mystic River". Mi dissi: mio Dio che bell’uomo, è sprecato per fare il governatore. Ha un portamento da presidente. Da allora ci ho ripensato molte volte e oggi eccomi qua».
Con quanto entusiasmo non è dato sapere. Nessuno, nell’«entourage» del candidato e dell’attore, ha risposto ai cronisti che chiedevano se Eastwood parteciperà attivamente alla campagna di Romney.
Forse ha voluto soprattutto sgombrare il campo da un equivoco che l’aveva fatto infuriare: quello nato dalla pubblicità della Chrysler, «It’s halftime in America», trasmessa a febbraio davanti a decine di milioni di telespettatori tra i due tempi della finale del «Superbowl». Un filmato di grande impatto: l’attore che con la sua voce profonda e roca dichiara il suo orgoglio di americano convinto che il Paese e le sue industrie possano farcela a risollevarsi dalla crisi e tornare vincenti, mentre sullo sfondo scorrono le immagini della rinascita di Detroit e, per qualche attimo, dei modelli della casa automobilistica guidata da Marchionne.
«È un inno al salvataggio dei produttori di Detroit coi soldi pubblici, un sostegno a Obama che si è preso il merito della rinascita della Chrysler»: iniziato pochi minuti dopo, il «tam tam» dei commentatori conservatori è durato per giorni e giorni, suscitando la rabbia dell’attore che ha continuato, inutilmente, a smentire e allarmando, alla fine, lo stesso Marchionne. Che la gratitudine nei confronti di Obama l’ha manifestata varie volte, ma non può permettere che sui suoi marchi, popolari soprattutto nell’America «profonda» e conservatrice, venga sovrapposta un’etichetta «liberal». Le Dodge dai motori supercompressi, i potenti camioncini Ram, le Jeep: quelli della Chrysler sono marchi «muscolari» che piacciono più all’America delle praterie, alla gente del West, che a quella delle città progressiste. Dove i conduttori radiofonici di destra, quando ricevono una domanda da un ascoltatore democratico, cercano di inchiodarlo subito: «Scommetto che, da bravo progressista, guidi una Volvo. O magari una Saab».
Ma è bastato un messaggio di fiducia nel futuro per seppellire la Chrysler e il suo «testimonial» sotto un diluvio di accuse. Sono queste reazioni radicali ad aver suscitato l’irritazione di Eastwood che adesso dice: «Spero che Romney faccia una riforma fiscale decente. Basta con queste discussioni infinite su chi paga le tasse e chi no».
Massimo Gaggi